Cosa studiare per battere i robot?

I robot ci ruberanno il lavoro, questo lo sappiamo e ne abbiamo parlato anche qui. Detto questo, che fare? Quali strategie, percorsi di formazione, cambi di carriera dobbiamo seguire per evitare di essere soppiantati da una macchina? Quali consigli di orientamento dare ai nostri figli?

Queste sono le domande che sorgono spontanee di fronte alle decine di articoli, report di prestigiose società di consulenza che annunciano l’imminente disastro, ma senza dare indicazioni su come evitare l’impatto. Qual è, quindi, l’exit strategy?

In un recente articolo comparso su Repubblica, la domanda è stata posta ad alcuni esperti del settore hi-tech e della formazione superiore. La sintesi? “Vanno incoraggiati il pensiero divergente e la sperimentazione”. Semplice no?
Procediamo con calma, in questi giorni molti studenti stanno scegliendo quale percorso di studi intraprendere alle superiori o all’università. Quale scelta sarà la migliore? Quale preparazione professionale sarà in grado di garantire sicure prospettive lavorative (e di carriera) in futuro? Difficile prevederlo con certezza. Perché metà dei lavori che esisteranno tra vent’anni devono essere ancora inventati e l’altra metà, quelli che conosciamo oggi, saranno totalmente automatizzati.

La faccenda quindi si complica, il rischio di fare la scelta sbagliata aumenta. Professioni molto ricercate oggi come l’esperto di big-data o il programmatore, potrebbero non esserlo più in futuro, sostituite dalla crescente automazione che non mette al sicuro neanche professioni tradizionali come l’avvocato. Le macchine che auto-apprendono creeranno a ciclo continuo nuove professioni e allo stesso tempo le distruggeranno. Di nuovo la stessa domanda, che fare?
Spiacenti ma non esiste una risposta certa. Nessun curriculum dettagliato da seguire, nessun percorso prestabilito. Esistono, però, delle indicazioni di massima date da esperti nel campo dell’istruzione o da chi lavora nei settori più avanzati, orientati al futuro.

Prima di tutto serve metodo. Fondamentale imparare bene la propria lingua e una straniera. Anche scienze, storia e matematica resteranno importanti in futuro. La sfida vera però, ci dicono questi esperti, è sulle “soft-skills”, tutte quelle competenze non acquisibili mediante percorsi formativi tradizionali ma fondamentali per competere oggi e in futuro: lavoro in gruppo, pensiero divergente, esercizio della creatività.

Cerchiamo di essere più analitici e guardiamo le previsioni fornite dall’Unione Europea attraverso il Cedefop (European Centre for the Development of Vocational training), che prevede nel 2025 la disponibilità di 107 milioni di opportunità lavorative. Di queste, 46 milioni saranno professioni ad alta qualificazione che richiedono una formazione di tipo universitario oppure una forte specializzazione. Quale specializzazione scegliere quindi? Di nuovo, la risposta non c’è. A guardare ad oggi, i primi quattro ambiti di studio che garantiscono un’occupazione a distanza di un anno dalla laurea sono quelli che già conosciamo: Ingegneria, Medicina, Scienze, Chimica-Farmacia.

Come abbiamo detto prima, però, questo è vero oggi, del domani non c’è certezza. Per questo alcuni esperti suggeriscono, oltre alla preparazione tecnico-scientifica, di non sottovalutare anche gli studi umanistici e filosofia. Ambiti che preparano all’inaspettato, al pensiero critico, divergente e alla logica. Capacità fondamentali in futuro e che nessun robot potrà mai sostituire.

Facebook
LinkedIn
WhatsApp

Potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca