Crisi energetica: il punto della situazione

L’invasione dell’Ucraina e il ruolo della Russia spiegano i recenti rincari di petrolio ed energia. Come affrontare e limitare i danni causati dalla crisi energetica? Come agire in futuro per evitare conseguenze simili? Ne parliamo con Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, società di ricerca in campo energetico e ambientale

Come siamo arrivati ai recenti rincari del petrolio e dell’energia e, quindi, delle nostre bollette?
«È una crisi imprevedibile, la peggiore che potesse accadere: una crisi politica e militare che coinvolge il maggiore esportatore di energia al mondo, in gran parte energia esportata verso l’Europa, soprattutto gas, ma anche molto petrolio. Il gas in Europa ha prezzi che sono schizzati da mesi, perché avevano razionalmente anticipato quello che sembrava impossibile, ma che poi si è avverato il 24 febbraio scorso con l’invasione dell’Ucraina. Il gas serve a produrre l’elettricità e, allora, anche i suoi prezzi sono esplosi. Le bollette hanno semplicemente scontato l’esplosione dei prezzi internazionali».

C’è chi dice che qualcuno stia speculando e si avvantaggi della situazione. Vero o no?
«Non è solo la finanza che sta guidando i prezzi. Certamente sta guadagnando, ma le cause degli aumenti sono strutturali. Troppo facile prendersela con la speculazione».

Il caro energia peserà sulla produzione e, quindi, sarà un freno per la ripresa. Sono sufficienti le misure del governo a sostegno delle imprese?
«Sono delle misure per limitare l’impatto, ma fanno poco con il trascorrere dei mesi. Le risorse fino ad ora stanziate sono 16 miliardi di euro, quelle per le imprese non superano i 7 miliardi, contro aumenti dei costi dell’ordine di 40 miliardi. Non possono fare molto le misure in questione».

Cosa fare per uscirne?
«Non se ne esce se non con una pace veloce. Altrimenti, con il passare delle settimane si rischia di andare verso un peggioramento, con addirittura un embargo che potrebbe significare razionamento delle forniture».

Quali i fattori da monitorare per valutare quando, se e come torneremo alla normalità?
«Molto semplice, occorre guardare l’andamento dei prezzi sui mercati. Uno degli aspetti positivi della finanziarizzazione delle materie prime è la creazione di borse merci da cui partono le quotazioni minuto per minuto, facilmente disponibili per tutti. Non appena ci saranno notizie positive i prezzi cominceranno a scendere».

La situazione attuale può essere un freno alla sostenibilità ambientale e alla decarbonizzazione?
«Nel breve termine sì, perché servirà usare più carbone e posticipare, speriamo, la chiusura delle centrali nucleari. Ma, allo stesso tempo, rappresenta un forte incentivo, perché abbiamo bisogno di tutto in questa emergenza, ancora di più delle rinnovabili, che ora costano pochissimo rispetto al gas e che sono indipendenti».

Lei che previsioni fa pensando a cittadini e aziende?
«Innanzitutto, premetto che le mie previsioni hanno ciccato per mesi, perché per mesi dicevo che i mercati erano impazziti e che addirittura forse era il caso di chiuderli: non avrei mai creduto che la Russia volesse davvero invadere l’Ucraina. Detto questo, credo che l’interruzione delle forniture sia improbabile e che presto si arrivi a un cessate il fuoco. Ma la situazione è troppo complessa e difficile da decifrare».

Cosa ci deve insegnare l’attuale crisi a livello di prezzi dell’energia?
«Che dobbiamo diversificare di più, che dobbiamo ovviamente spingere sulle rinnovabili, ma avere anche capacità di riserva a carbone, produrre più dal gas nazionale, ripensare al nucleare, che ha anche il grande vantaggio di non emettere Co2. E poi dobbiamo chiederci con chi fare in futuro affari, perché la Russia non è l’unica autocrazia che esporta fossili e a cui diamo tantissimi soldi».

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