…e la crescita? Voce a Carlo Stagnaro

Interviste con alcuni economisti ed esperti su come far crescere il Pil per creare occupazione, reddito e diminuire il rapporto debito/Pil in Italia. Oggi ci confrontiamo con Carlo Stagnaro, direttore dell'Osservatorio sull'economia digitale dell'Istituto Bruno Leoni

Oggi in Italia stiamo puntando tutto sulla domanda con reddito di cittadinanza, aumento pensioni minime… Come valuta questa logica nell’ottica di far crescere l’economia?
Mi pare che ci sia poco da aggiungere a quanto hanno già detto tutte le istituzioni nazionali e internazionali (con l’unica eccezione del Governo): queste misure hanno un bassissimo potenziale pro-crescita. Anzi, disincentivando la partecipazione al mercato del lavoro (come nel caso del reddito di cittadinanza e di quota 100) o creando un incentivo perverso al nero (oltre alle due misure già citate, vale per la “flat tax” per le partite Iva e ovviamente per il condono) è probabile che l’effetto sia addirittura opposto a quello sperato.

Per dare reddito creando posti di lavoro cosa dobbiamo fare?

La stagnazione del Pil italiano deriva dalla crisi della produttività. Quindi bisogna intervenire su tutti quei vincoli che ostacolano la produttività: l’iper-regolamentazione, la scarsa concorrenza, la piccolissima dimensione media delle imprese, gli insufficienti investimenti in ricerca e sviluppo, la bassa qualità del settore pubblico e l’eccessiva tassazione. Ciascuno di questi temi richiede riforme profonde e complesse. Purtroppo l’esecutivo, nella misura in cui se ne e’ interessato, lo ha fatto per smontare le riforme introdotte negli ultimi anni, come col Decreto Dignità che ha invertito il processo di riforma del mercato del lavoro.   

Per crescere abbiamo bisogno anche dell’offerta? Come sbloccare gli investimenti pubblici, evitando sprechi e opere inutili, e attirare quelli privati?

Abbiamo bisogno soprattutto dell’offerta. Per stimolare gli investimenti privati, bisogna anzitutto ripristinare la fiducia nel paese: la fuga di capitali degli ultimi mesi è il dato in assoluto più preoccupante. Poi, come dicevo, bisogna eliminare le cause che imbrigliano la produttività. Penso per esempio all’iper-regolamentazione dei servizi, che nel caso dei servizi professionali si estende anche alla natura delle società escludendo o limitando i soci di capitali. Per quanto riguarda gli investimenti pubblici, bisogna concentrarli sulle infrastrutture prioritarie (specie nel Sud) e soprattutto sulla formazione, ancora una volta riprendendo la strade delle riforme. Scuola e università meritano risorse maggiori, ma non ha senso versare acqua in un secchio bucato: occorre riprendere in mano le parti più coraggiose (e successivamente annacquata) della “buona scuola” e promuovere con più determinazione il merito e la ricerca di qualità in università.

Gli incentivi servono, di che tipo e a pioggia o in modo mirato?

Il miglior incentivo è quello che premia quelli che il mercato – e non i politici – ritiene i migliori. Bisognerebbe fare piazza pulita della miriade di incentivi e distorsioni del nostro sistema fiscale, semplificandolo radicalmente e deregolamentando il mercato dei servizi. L’unico vero incentivo, alla fine della giornata, è la certezza che chi crea valore e innovazione, viene giustamente premiato. Nel caso delle imprese, il premio si traduce nella crescita dimensionale: quindi, eliminare tutti i disincentivi. Per esempio reintroducendo l’Iri sulle società di persone (cioè un regime analogo all’Ires per le società di capitali), meritoriamente introdotta e poi sciaguratamente rinviata dai governi di centrosinistra.

Per crescere veramente e creare lavoro di qualità e quindi far salire le retribuzioni medie cosa serve davvero?

La crescita delle retribuzioni è funzione della crescita della produttività. Il salario non è, e non è mai stato, una variabile indipendente. Per creare ricchezza e buona occupazione bisogna stimolare l’innovazione e la crescita. Serve anche ripristinare la fiducia nel paese, e per farlo bisogna dare un forte segnale nel segno della responsabilità fiscale. Servono dunque disciplina di bilancio e serietà nelle partite inter-generazionali. Per questo bisogna abbandonare ogni proposito controriformista delle pensioni. Volete un simbolo? In ogni città italiana bisognerebbe dedicare la piazza centrale ai giovani, e in mezzo alla piazza fare una statua a Elsa Fornero.

Per aumentare il potere d’acquisto delle retribuzioni la flat tax è una soluzione praticabile? Come e dove recuperiamo le minori entrate?
La flat tax è un’ottima risposta a molte domande: non solo alla domanda di crescita ma anche a quella di equità. Ma questo presuppone che la riforma investa l’intero sistema tributario, e non solo l’imposta sul reddito da lavoro. Richiede inoltre che la riduzione delle tasse venga finanziata da un vero taglio delle spese, e non a carico delle generazioni future. Negli ultimi anni abbiamo avuto almeno quattro commissari alla spending review, ciascuno dei quali ha dato un contributo di idee: Piero Giarda, Enrico Bondi, Carlo Cottarelli e Roberto Perotti. Un esame critico del loro lavoro sarebbe un ottimo punto di partenza.

Se potesse decidere una manovra finanziaria per puntare alla crescita e rispettare i vincoli europei su cosa la baserebbe?
Sull’enforcement rigoroso della legge Fornero, la revisione della spesa, e il taglio delle tasse, a partire dai contribuenti in assoluto più tassati: i lavoratori dipendenti.

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