La terza edizione del Fondo nuove competenze (quest’anno chiamato Fondo nuove competenze. Competenze per le innovazioni) prevede una dotazione di 730 milioni di euro che sarà destinata per il 25% alle grandi imprese (sistemi formativi), per un altro 25% alle filiere formative fatte di piccole imprese e per il restante 50% ai singoli datori di lavoro. Un progetto complessivo finalizzato ad aumentare in maniera significativa formazione, reskilling e competitività delle imprese.
C’è anche un ruolo importante per la bilateralità, con gli accordi collettivi per la rimodulazione dell’orario e i fondi interprofessionali di formazione continua. Per la prima volta, inoltre, il fondo è utilizzato anche per le politiche attive di lavoratori in ingresso nel mondo del lavoro.
Manageritalia ha invitato gli esperti del ministero del Lavoro sull’Fnc, che saranno a disposizione degli associati per domande e chiarimenti nell’incontro di martedì 17 dicembre ore 8:30 – 10 (Via Orazio 31 – Roma): Romano Benini (giornalista economico, consigliere del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali) e Massimo Temussi (direttore generale Politiche attive del lavoro del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali). Un appuntamento da seguire di persona (posti limitati, clicca qui per la registrazione obbligatoria) oppure online (pagina Facebook, LinkedIn e canale YouTube di Manageritalia), soprattutto per hr, cfo e dg, ma comunque per tutti.
In proposito, abbiamo sentito il segretario di Manageritalia Massimo Fiaschi.
Riparte il Fondo nuove competenze, di cosa si tratta?
«Il Fondo nuove competenze, quest’anno denominato Fondo nuove competenze. Competenze per le innovazioni, è uno strumento di politica pubblica destinato a tutte le imprese private che vogliono investire nella formazione, riqualificazione e reskill del proprio personale, in una parola, nella loro “occupabilità”.
Si tratta di un importante investimento sulle risorse umane, supportato dall’intelligenza artificiale, che consiste nell’erogazione di contributi che coprono il costo del lavoro dei lavoratori nel periodo della formazione».
Cosa devono fare le aziende?
«Le imprese devono innanzitutto stipulare, con le rappresentanze sindacali, accordi collettivi di rimodulazione dell’orario di lavoro destinati allo sviluppo delle competenze dei lavoratori nei seguenti ambiti: sistemi tecnologici e digitali; intelligenza artificiale; sostenibilità e impatto ambientale; economia circolare; transizione ecologica; efficientamento energetico; welfare aziendale e benessere organizzativo.
Non c’è scadenza per la stipula degli accordi. In seguito, le imprese potranno presentare dei piani formativi per l’accrescimento delle competenze dei propri lavoratori a partire dal 10 febbraio 2025.
I piani formativi presentati dalle aziende saranno articolati in più percorsi formativi e si concluderanno con il rilascio di un documento di validazione delle competenze acquisite secondo l’Atlante del lavoro e delle qualificazioni. I fondi interprofessionali per la formazione continua provvederanno al finanziamento della formazione, inserendo apposite library sulla piattaforma digitale, che saranno consultabili dalle aziende per scegliere il percorso più adatto.
Le aziende potranno ottenere quindi importanti contributi a fondo perduto per le ore di lavoro dedicate alla formazione, con una copertura fino al 60% delle retribuzioni e al 100% dei contributi previdenziali e assistenziali. In caso di assunzione con contratto di apprendistato, la quota di retribuzione finanziata è pari al 100%».
Sino ad oggi come ha funzionato?
«Male, sia come target, sia come piattaforma, molto lenta, sia per i tempi strettissimi dettati dalle leggi introduttive per la stipula degli accordi e per la presentazione dei piani formativi. Inoltre, nelle precedenti edizioni il fondo ha finanziato per lo più le grandi aziende che sono notoriamente più strutturate e più inclini alla formazione dei dipendenti. In questa edizione il ministero del Lavoro ha voluto spingere sulle aggregazioni di imprese, nella convinzione che unendo le forze produttive, quelle delle parti sociali, degli enti bilaterali e l’amministrazione pubblica tutti insieme si possano migliorare le competenze dei lavoratori e la loro effettiva occupabilità. La piattaforma poi è stata molto potenziata, in modo da sostenere l’impatto con la numerosità delle domande».
Qual è stato ed è il ruolo di Manageritalia in tutto questo?
«Manageritalia crede molto in questa iniziativa pubblica e come parte sociale si è assunta il ruolo di cassa di risonanza, per persuadere le imprese a partecipare al progetto, per migliorare non solo le competenze manageriali ma quelle di tutti i lavoratori. Un ruolo che noi abbiamo svolto anche per altre iniziative di legge, come la certificazione di genere, l’innovation manager, l’export manager ecc. Il Fondo nuove competenze è un fondo che potenzia la competitività delle imprese, ma anche la “spendibilità” della preparazione dei lavoratori e che quindi evita l’obsolescenza dei saperi e la trasmissione del saper fare tra generazioni.
Infine, va sottolineato il fatto che stiamo parlando di un’iniziativa non solo di formazione, ma anche di politica attiva, perché la formazione interesserà anche lavoratori in ingresso nel mondo del lavoro, con un aspetto premiale per i datori di lavoro che poi li assumono. Siamo convinti che uno strumento che coniughi la crescita delle competenze con le politiche attive sia un modello vincente, perché la formazione collegata all’occupazione è certamente più finalizzata e meno teorica e che tra l’altro facilita e agevola il passaggio generazionale. Un modello che va sicuramente replicato in altri ambiti e in altre misure del governo».