In vista del Forum Turismo 2025: “Destination Management domani”, due giornate di approfondimenti e workshop con esperti, istituzioni, enti del turismo, associazioni di categoria del territorio locale e nazionale, organizzato da Manageritalia Puglia, Calabria e Basilicata (31 gennaio/1° febbraio a Bari, Fiera del Levante, Padiglione 152, Regione Puglia), abbiamo intervistato Carmen Bizzarri, docente di Geografia Università Europea di Roma, una dei protagonisti di questo importante appuntamento che si focalizzerà sul destination management e sul suo ruolo nella crescita del turismo e dei territori. Bizzarri modererà la tavola rotonda “Attrattori Turistici: Integrazione del patrimonio culturale nella promozione turistica”. Informazioni e programma qui. Registrati qui.
Secondo lei oggi c’è una maggiore attenzione verso il rapporto tra ambiente, sostenibilità nelle sue differenti declinazioni e turismo?
«Il problema del turismo sostenibile non può essere analizzato senza considerare tre attori: il turista, il territorio e le imprese. Tutti e tre devono raggiungere la sostenibilità. Devono avere un unico obiettivo, ovvero cambiare i comportamenti. Il turista deve essere invitato a stare più a lungo sul territorio, privilegiando luoghi che favoriscano i contatti con la comunità locale. Il suo viaggio deve in sostanza portare valore aggiunto alla località. Occorre anche educare il turista a determinati comportamenti. Il turismo è di per sé un fenomeno internazionale. È fondamentale capire bene usi e costumi e integrarli. Se pensiamo ai problemi riguardanti l’accessibilità, è qualcosa di più complesso. Il concetto di Sad – Smart Accessible Destination comporta una nuova visione dei territori e della sostenibilità, non solo ambientale, economica, sociale, anche inclusiva ed etica. Il turista può cambiare i propri comportamenti quando incontra un territorio che lo aiuti in questo processo, fin dalla prenotazione. Così le imprese. Si deve comunicare l’offerta in maniera coesa, armoniosa, accessibile a tutti e a tutto. Non sto dicendo tutto per tutti. Significa che il turista valuta le sue necessità e vede se quel territorio risponde a queste. Quando vai in un territorio ti informi prima. Prima di partire il turista va a curiosare, si informa sui dettagli della destinazione, ma la destinazione deve fornire i dettagli. C’è una diversità tra il vecchio e il nuovo turista. Il vecchio non sapeva cosa trovava, oggi lo sa, grazie alle nuove tecnologie. C’è la necessità di rendersi conto che il territorio ha le sue esigenze. Il territorio deve capire chi vuole. Per questo motivo le destination management organizations possono aitare a capire gli obiettivi target. La comunicazione del turismo è essenziale affinché si abbia un quadro esaustivo di quelle che sono le possibilità di attrazione».
Un “turismo lento”, consapevole, in linea con le caratteristiche identitarie di un territorio, è dunque una strada imprescindibile?
«Sì, anche se il contraltare sono i beni pubblici. Più un turista sta in una destinazione, più utilizza i beni pubblici, dalla sanità, ai trasporti, dai musei al servizio di raccolta dei rifiuti. Il turismo lento non deve essere visto come un turismo low cost, ma come un turismo che porta valore aggiunto. C’è una sorta di competizione con i residenti temporanei, che magari si fermano un mese in una località, e quelli che risiedono in una località stabilmente. Non è corretto che un residente stabile paghi lo stesso di un temporaneo. Andrebbero aggiustate non le tasse di soggiorno, ma di sanità, dei trasporti, l’hardware di un territorio, insomma. Chi sta poco tempo nel territorio forse fa un uso “rapina” di risorse, ma non dovrebbe incidere sull’uso delle risorse da parte dei residenti stabili».
Il cambiamento climatico sta influenzando i modelli di turismo nel nostro Paese?
«I cambiamenti climatici sono un fenomeno evidente, ma allo stesso tempo difficile da inquadrare. Già nel 1985 in Italia c’era stata una neve che aveva fermato la Sicilia e l’Italia. Ora assistiamo a diversi anni con molto caldo. La cappa nell’ozono non aiuta la Terra a respirare come dovrebbe. Ultimamente la Sicilia è quella più colpita dalla siccità, ma la tecnologia ci aiuta a superare il problema con i desalinizzatori. Noi oggi non sappiamo quali sono le conseguenze delle desalinizzazione dell’acqua del mare. Il fenomeno può creare dei problemi. C’è poi la questione dell’impatto delle nevi. Il turismo della neve cambia e può mutarsi in un turismo del trekking. Gli impianti di risalita avranno probabilmente un’altra funzione, porteranno le persone a fare trekking. Ad oggi occorre ragionare su questi elementi, ma senza fasciarci la testa. Vanno pianificati alcuni strumenti che possano rendere attrattivi i territori stanti i cambiamenti climatici».
Per proporre un’offerta turistica di qualità, la formazione a tutti i livelli, da quella tecnico-professionale a quella accademica, è essenziale. Ma al di là delle competenze hard per i differenti ruoli, quali sono le soft skill imprescindibili per chi desidera fare del turismo una professione?
«Una volta si diceva il sorriso. Le lingue costituiscono una barriera, dunque vanno padroneggiate. La leadership nella gestione dei gruppi è essenziale. Occorre poi essere collaborativi. La collaborazione vuol dire cercare sempre di trovare un’alternativa. Nel turismo ci deve essere questo atteggiamento nel cambiare e adattare i programmi. Il problem solving è una skill chiave. Una riflessione sulle diversità culturali, che comportano magari un’assenza di flessibilità da parte di determinati gruppi di turisti, è d’obbligo. Gli operatori del turismo devono comprendere queste diversità, mettersi nei panni degli altri».
Qual è il ruolo del destination management.
«Il destination management ricopre un grande ruolo di sintesi tra la domanda e l’offerta. Il territorio non può essere considerato come un’impresa perché gli impatti che il turista ha sono pensati. Il dm deve valutare tutte le disponibilità del territorio, comunicarle e scegliere il target a cui fare rifermento. Mettere insieme tutti gli attori. Per questo tutte le pratiche di gestione della conflittualità dovrebbero essere insegnate al destination manager. Il DM si troverà ad avere conflitti di interesse tra imprese e territori e dovrà diluire questi conflitti affinché tutti abbiano vantaggi. Il DM deve riallineare un’offerta turistica capace di accogliere i clienti e, dall’altra parte, comunicare, trovare nuovi turisti, nuovi target, possibilità che il territorio può esprimere. Il ruolo è molto scomodo ma molto interessante. Oggi questa figura dovrebbe avere un ruolo diverso da quello che ha in Italia, non solo come skill ma come ruolo sociale riconosciuto con una formazione continua in grado di migliorare il territorio e la sua offerta. Abbiamo riconosciuto le guide turistiche, a maggior ragione dobbiamo farlo con i DM perché la loro missione importantissima è quella di pianificare il turismo in un territorio armonizzando tutti gli attori locali».