Future reality: il metaverso ci andrà di traverso?

Ma non lo avevamo già frequentato e velocemente abbandonato con Secondlife? Ricordate? Era il 2003 e avevo predetto che sarebbe stato un flop. E questa volta? Molte cose sono cambiate da allora. Per esempio, le nuove generazioni “artificiali” cresciute con Fortnite adorano mondi popolati dai loro avatar che esistono solo nel computer. E per le imprese? Rischio o opportunità?

La promessa – Utopia paradisiaca o distopia infernale?

Il metaverso è la nuova fissa della Silicon Valley: un mondo virtuale parallelo che dovrebbe ereditare l’internet di oggi. Il termine è stato “scippato” dal romanzo del 1992 Snow Crash di Neal Stephenson, il Quentin Tarantino della fantascienza. Qui, in un futuro distopico, la gente fugge dalla tetra realtà per stordirsi in un enorme universo parallelo di realtà virtuale progettato spazialmente. Il punto è proprio questo. La nuova meta-rete è un’utopia con un mondo aperto che appartiene a tutti o una distopia con una prigione chiusa che appartiene alle solite Big Tech? La narrazione utopica ci parla dell’abolizione dei silos tecnologici e delle pratiche monopolistiche in una rete completamente permeabile e accessibile: una sorta di bene comune virtuale che riunisce esperienze, amicizie e culture diverse. La narrazione distopica, invece, ci parla di una deriva cognitiva e sdoppiamento che ci condanna al delirio virtuale controllato dai grandi attori tecnologici con pratiche degne di un episodio della serie di Netflix Black Mirror. Il metaverso dunque come disaccoppiamento sociale alla Matrix e fine dell’umanità? Sì, ma “solo” per il 90%. Un buon 10% se la spasserà nel mondo reale con reali Ferrari. A voi la scelta.

Gucci vende il nulla – Borsa pixelata a 4.100$

Quando una borsetta in pixel costa più di quella vera bisogna farsi qualche domanda. Su Roblox, piattaforma di gioco online che ospita milioni di giocatori, Gucci ha venduto una borsa virtuale per la folle cifra di oltre 4.000 dollari. Insomma, una versione digitale con cui l’acquirente può vestire il suo personaggio e farlo sfilare nel gioco. Non stupisce. Per le nuove generazioni, il metaverso corrisponde (quasi) all’universo reale. Qui le persone non solo giocano, ma si incontrano anche con gli amici. Il fatto che il proprio avatar abbia un bell’aspetto e abiti alla moda è importante quanto il look nel mondo reale.

Shopping per l’avatar – Lo spazio economico di domani

Persino la celebre casa d’aste Sotheby’s apre una replica virtuale della sua sede londinese, con tanto di avatar nelle vesti del commissario Hans Lomulder ad accogliere i visitatori digitali. Succede su Decentraland, piattaforma di realtà virtuale decentralizzata in cui gli utenti possono acquistare immobili digitali con la criptovaluta Mana, una sidechain di Ethereum. Queste piattaforme diventano sempre più importanti, anche economicamente. Qualche segnale: nel videogioco Roblox i giocatori spendono circa 1,5 miliardi di dollari all’anno per i cosiddetti acquisti in-game (per esempio, tool o abiti speciali per i loro avatar) e nella già citata Decentraland si assiste attualmente a un boom immobiliare con imprese (reali) disposte a pagare 700mila dollari per una filiale in ottima posizione o aprire casinò nel quartiere Vegas City (Atari).

Boom o bolla?

Questo universo parallelo immersivo non è altro che un’estremizzazione dei videogiochi più in voga. E poi? E poi va detto che sebbene i metaversi siano in piena espansione ed esaltazione fatte di transazioni e autorizzazioni a suon di Token e NFT, termini per molti assai indigesti, bisogna pur nutrirsi di questo nuovo mondo, anche degli affari. Epic Games, creatore di Fortnite, ha raccolto 1 miliardo di dollari per creare una nuova piattaforma unificata alla quale contribuisce con 200 milioni di dollari pure la Sony (in teoria sua concorrente). Che dire? Troppe volte è stato detto che “sì, ragazzi, vivremo tutti felici e contenti in un mondo simulato”. Ma poi Second Life è durata poco più che un secondo. Ora, tutti giurano che sarà diverso. Certo, la pandemia già ci abitua a un confinato metaverso che ci va di traverso. Ma, bolla o non bolla, le imprese devono sperimentare la propria presenza con prodotti, servizi e progetti pilota. Roba da marketing. Anche perché in futuro il primo contatto con il cliente potrebbe anche avvenire proprio nei metaversi.


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