I grandi retailer ritornano in centro?

L’inversione a U di strategia dei big della distribuzione nelle città principali d’Europa. Analisi di un trend
Ikea Parigi

Qualcosa di controintuitivo sta succedendo da qualche anno nel panorama delle città europee: i grandi operatori della distribuzione, famosi per le loro enormi superfici nelle periferie hanno cominciato ad aprire negozi di dimensioni ridotte nei centri cittadini.

Sono ormai diversi anni che Ikea ha aperto i Plan Studios: piccoli negozi nei centri urbani, come ad esempio quello di via Albricci a Milano. In questi, l’obiettivo principale non è tanto l’acquisto immediato di prodotti, quanto il servizio fornito da un esperto di arredamento di interni nel disegnare su misura la cucina o camera da letto del cliente. L’esperimento è andato così bene che Ikea ha allargato il roll-out di questi concetti urbani in Europa (ad oggi ce ne sono più di trenta) anche a negozi di dimensioni ridotte, come quello della Madeleine in pienissimo centro a Parigi o nel far east a Hong Kong.

Se la Francia è la patria dei grandi retailer europei, la mossa di IKEA non è passata inosservata, e molti di questi hanno seguito le tracce del colosso svedese. E così negli ultimi anni abbiamo visto sia Decathlon che la catena di arredamento Maisons du Monde aprire filiali dei suoi negozi sportivi in alcuni centri urbani.

Nella categoria del fai da te, è interessante anche l’approccio segmentato intrapreso da Leroy Merlin: qualche anno fa ero rimasto stupefatto nel vedere l’insegna del colosso francese, i cui negozi normalmente partono da una superficie di 11.000 metri, spiccare nel centro di Parigi a fianco del Centro Pompidou. Anche in questo caso la chiave strategica dell’apertura risiede nel servizio di design: Leroy Merlin ha definito quattro nuovi formati di negozi a partire anche da solo 2.000 mq., ma soprattutto li ha segmentati per ogni ambiente della casa: Showroom della cucina o Showroom del bagno (a Milano visibile in Viale Piave) per aiutare i clienti a disegnare i loro ambienti domestici. In centro a Parigi ci sono addirittura cinque di questi diversi formati.

E all’interno di questa strategia non poteva mancare il leader europeo della distribuzione, Carrefour. Il retailer francese, che tutti conosciamo per i grandi ipermercati, negli ultimi anni ha attuato una silenziosa rivoluzione di prossimità ai sui clienti: al giorno d’oggi a livello mondiale Carrefour ha “solo” 1.200 ipermercati extraurbani, ma quasi il triplo (3.400) supermercati cittadini (Carrefour Market), e altri 7.200 piccoli convenience stores (Carrefour Express).

Vedere questa inversione a U dei grandi retailer è abbastanza scioccante per quelli di noi che sono cresciuti nella precedente rivoluzione distributiva degli anni 80 e 90, portata avanti da questi giganti, che venivano giustamente chiamati Category Killer, proprio perché aprivano grandi superfici suburbane uccidendo il commercio tradizionale cittadino. È scioccate vederli tornare in città con formati più piccoli.

Il perché di questa inversione può da una parte essere facilmente spiegato dal crescente desiderio del consumatore di prossimità: la Confcommercio ha appena pubblicato uno studio nel quale il 64% degli intervistati affermano che i negozi locali rafforzano le comunità, ci fanno sentire più sicuri (57%) e fanno crescere il valore delle abitazioni (fino al 26% in più). C’è chiaramente un desiderio di prossimità, specialmente nel momento in cui i Millennial e le Gen Z abbandonano la cultura di possedere un’automobile o addirittura la patente.

Ma sospetto che ci sia una motivazione più profonda dietro a questa nuova strategia.

Al giorno d’oggi il vero nemico di un’azienda della distribuzione non è tanto il suo diretto concorrente, quanto l’e-commerce ed in particolare Amazon. La ricerca di vicinanza da parte del consumatore è in realtà una richiesta di comodità: perché dovere guidare l’automobile per acquistare qualcosa quando si può riceverlo comodamente a casa?

La risposta non è unicamente avvicinarsi fisicamente al consumatore, quanto offrirgli qualcosa che l’e-commerce non è in grado di offrire: servizio e personalizzazione. IKEA, Maisons du Monde, Decathlon o Leroy Merlin non saranno mai in grado di raggiungere il consumatore alla sua porta in modo sistematico, ma possono avvicinarsi con il servizio di consulenza e personalizzazione che a sua volta non può essere fornito dall’ e-commerce.

E allora forse c’è una speranza per il panorama retail urbano.

E forse c’è una speranza che il futuro del retail non sia una scatola marrone sorridente ma senza anima abbandonata davanti alle nostre porte, senza interazione e senza valore aggiunto.

E allora, più che mai, è appropriato il titolo di questa rubrica: Retail is Dead, Long Live Retail.

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