PIL
Il nostro paese rimane una delle principali economie mondiali: stando agli ultimi dati disponibili (World Bak, 2017), l’Italia si colloca in nona posizione per PIL. Nel corso dell’ultimo anno, abbiamo fatto registrare miglioramenti nell’efficacia giudiziaria e nella salute fiscale, ma rimangono ancora molti nodi da affrontare. Infatti, ci collochiamo in 79° posizione nell’Indice di Libertà Economica, al di sopra della media mondiale, ma al di sotto della media regionale: siamo al 36° posto tra i 44 paesi della regione europea, prevalentemente a causa delle persistenti problematiche in tema, ad esempio, di spesa pubblica o di lentezza burocratica, che si confermano due dei principali ostacoli alla crescita e all’attività imprenditoriale
DEBITO
Si parla spesso dell’Italia comparandola alla vicina Francia. C’è da dire, tuttavia, che, nel corso degli ultimi 15 anni, il volume del debito sul PIL manifesta un andamento in crescita (figura), mentre in Francia si osserva una riduzione pressoché costante. Inoltre, mentre il governo francese ha fissato la riduzione a zero come obiettivo entro il 2022, in Italia stiamo scegliendo la direzione opposta: certamente, se non intervengono modifiche sostanziali, non siamo diretti verso un miglioramento.
INVESTIMENTI
Una delle principali opportunità per attrarre investimenti esteri, oltre che per rafforzare quelli interni, potrebbe essere una struttura di sgravi fiscali (modello Macedonia, che prevede 0% di tasse su profitti reinvestiti nel paese ed una flat tax al 10% sia per sui profitti che sul reddito). Di grande aiuto potrebbe inoltre essere un più efficace utilizzo dei fondi resi disponibili a livello comunitario. Un ulteriore strumento potrebbe risiedere nella riduzione delle procedure necessarie per avviare un’impresa. In effetti, stando all’ultimo report del Doing Business Index rilasciato dalla World Bank, avviare un’attività in Italia non è cosa semplice. In particolare, ogni impresa è tenuta ad effettuare 14 pagamenti l’anno (a fronte di soli 3 ad Hong Kong). Tale attività richiede complessivamente 238 ore l’anno (49 a Singapore). Inoltre, l’ammontare delle tasse sulle attività d’impresa è pari al 53,1% dei profitti (in numerosi altri paesi supera di poco il 26%). Ritengo che questo rappresenti uno dei principali ostacoli agli investimenti in Italia, paese che per altri versi presenta ottime potenzialità. L’Istat ha evidenziato nel Rapporto sulla Competitività come il nostro paese (se escludiamo le costruzioni) stia rimanendo indietro rispetto alla media dell’Unione, ma anche a Francia, Germania e Spagna. Siamo in ritardo anche sotto il profilo degli investimenti in attività immateriali (brevetti): sicuramente questa è una delle maggiori sfide per l’anno a venire.
LAVORO
A dispetto dei dati sul lavoro per alcuni versi sconsolanti, assistiamo negli ultimi anni ad alcune tendenze interessanti. Ad esempio, aumenta l’imprenditoria femminile, quella giovanile e quella immigrata. Secondo l’ultimo ranking di Global Entrepreneurship Monitor, sotto il profilo dell’imprenditorialità l’Italia è 51° su 54 paesi analizzati (che danno conto del 67% della popolazione e dell’l’86% del PIL mondiale). Coltivare lo spirito imprenditoriale, anche attraverso adeguate azioni di formazione, potrebbe senza dubbio aprire ulteriori spiragli. Questo sarà l’anno del reddito (impropriamente denominato) di cittadinanza. Si tratterà, a quanto pare, di un’estensione dell’attuale reddito di inclusione il cui obiettivo principale dovrebbe essere favorire l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, abbattendo la disoccupazione. Gli strumenti per la realizzazione, così come gli effetti concreti (anche di breve periodo) rimangono tuttavia un’incognita, anche in considerazione del fatto che potrebbe essere necessario un dettagliato controllo sul territorio, al fine di evitare ipotesi di coincidenza di doppio reddito ed evasione fiscale.