Abbiamo ancora ben chiara l’immagine degli impiegati della Lehman Brothers che escono dalla banca con i loro scatoloni. Eppure, nonostante sembri ieri, sono trascorsi 10 anni dall’inizio della “grande crisi”. Probabilmente la più lunga e grave dal dopoguerra. Un cataclisma che ha ri-orientato e modificato i consumi delle famiglie. Al punto che possiamo parlare di una nuova tipologia di consumatore che si distacca secondo diverse modalità dal passato.
Il primo cambiamento riguarda le scelte d’acquisto. La crisi ha imposto tagli e limitazioni che hanno spinto i consumatori a ridefinire le loro priorità. In pratica, ciascuno di noi è stato costretto a chiedersi: Cosa mi serve? Che cosa mi interessa davvero? A cosa, invece, posso rinunciare? I dati forniscono una risposta chiara: le scelte hanno premiato i prodotti e i servizi legati al tempo libero e al benessere personale. In una parola, all’esperienza.
In un quadro fortemente incentrato sui servizi, quali sono i beni che “tengono”? In primis il food e non solo poiché è una categoria di prima necessità. L’investimento sul cibo ha una marcata connotazione emotiva: significa cura di sé, esplorazione, autogratificazione. E poi ci sono i prodotti per i “piccoli” di casa: i bambini e, sempre più spesso, i cani. Mentre, infatti, il numero dei figli diminuisce, quello dei pet aumenta. E con esso la spesa a loro dedicata.
Infine non va dimenticata la tecnologia, smartphone in testa. Del resto lo smartphone rappresenta lo strumento di accesso per eccellenza a tutto quel mondo (fatto di social network, blog, siti, forum) attraverso il quale le persone si informano e formano le proprie opinioni. È parte integrante (se non il perno) del modo di essere dei consumatori contemporanei.
Meglio lo smartphone dell’auto
Se il food e la tecnologia crescono, alcuni beni durevoli, in passato ritenuti fondamentali, vivono una fase di relativo regresso. È il caso, per esempio, dell’auto, che ha perso appeal soprattutto tra i giovani. Dal 2012 a oggi la percentuale di 18/19enni che ha preso la patente è calata. Colpa dei costi di accesso e di manutenzione dell’auto. Ma segno anche di una diversa cultura. Per la generazione Z, la macchina non è più uno status symbol. Il suo posto è stato preso dalla tecnologia: meglio uno smartphone di ultima generazione della patente. È, questo, un cambiamento epocale poiché segna un ribaltamento dei valori che per decenni sono stati centrali per il consumatore italiano.
La spesa “frammentata”
A mutare non sono stati solo i prodotti e i servizi acquistati, ma anche le strategie di spesa. Gli italiani hanno abbandonato il rito della “spesona” settimanale all’ipermercato per puntare sulla diversificazione dei luoghi di acquisto. Il motivo è semplice: la “grande” spesa del sabato non è più conveniente né dal punto di vista economico né dal punto di vista pratico. Meglio pianificare la spesa giorno per giorno e ampliare il range dei canali (offline e online).
Insomma, il consumatore di oggi è molto diverso da quello pre-crisi. E pensare di tornare indietro sarebbe illusorio. Se anche i redditi tornassero ai livelli dei primi anni 2000, i consumi non sarebbero più gli stessi. La crisi economica, congiunta alle nuove spinte culturali, ha disegnato una nuova geografia dello shopping. Sta a noi trovarne le coordinate.