Presidente Zaia, amministrare una regione è, in un certo senso, come gestire un’azienda. Secondo lei, quali sono le caratteristiche e le competenze che un presidente di regione dovrebbe avere? Si sente an che un po’ manager?
«Quest’estate abbiamo licenziato un bilancio di previsione della regione del valore complessivo di 18 miliardi e 476 milioni di euro. Se facciamo il paragone con un’azienda, indubbiamente ne appare una grande. Solo per il buon andamento, l’ente spende 168 milioni per il personale e 116 per le spese generali. Sono numeri che richiedono doti manageriali a tutti coloro che si interessano alla sua gestione. Io mi sono sempre considerato un amministratore pubblico e posso contare sulla collaborazione di uffici guidati da tecnici, veri manager della regione, e composti da altri ottimi professionisti. Figure di alto livello che, per fortuna, non mancano nella pubblica amministrazione».
Regioni come il Veneto, la Lombardia o il Piemonte stanno affrontando profondi cambiamenti, da luoghi della produzione a regioni e città sempre più vocate al terziario e ai servizi: come governare questo fenomeno e quali sfide ci attendono?
«Se ripensiamo al Veneto di sessant’anni fa, nessuno avrebbe creduto che potesse diventare il distretto produttivo di rilevanza mondiale che è oggi. E in quei tempi il Veneto non era quello di un secolo prima. La società si evolve e con essa anche il mondo dell’impresa, le modalità direttive e la geografia economica. Il digitale è il presente ed è ormai imminente l’era dell’intelligenza artificiale spinta. In un momento storico come questo, l’esperienza dei più anziani resta un patrimonio insostituibile, ma di fronte alle importanti svolte per il commercio, il turismo, i servizi, i trasporti e le professioni, c’è un gran bisogno di giovani imprenditori e giovani manager, con idee giovani e con la voglia di impegnarsi in campi quali la rigenerazione urbana, lo sviluppo dell’offerta integrata di servizi e la valorizzazione dell’attrattività commerciale e turistica dei territori».
Tra i fattori di cambiamento c’è senz’altro il turismo, che da risorsa vitale e strategica per le regioni, le città d’arte e non solo, si sta trasformando in un vero e proprio problema. Dagli affitti brevi che svuotano le città alla riduzione dei negozi di vicinato, fino alla gentrificazione delle città. Come reagire e quali soluzioni adottare per far convivere il turismo con il futuro della regione e delle principali mete turistiche venete?
«Con oltre 73 milioni di presenze annue, il Veneto è la regione più turistica d’Italia. Il turismo in Veneto è la prima voce di bilancio e contribuisce in modo significativo alla crescita economica, grazie anche a un trend positivo. Nel 2023, infatti, abbiamo registrato numeri da record, con una tendenza che prosegue anche quest’anno. Di queste presenze, il 69% proviene dall’estero, a dimostrazione della grande attrattività internazionale. Questi numeri ci inorgogliscono e ci regalano grande soddisfazione, ma impongono di soddisfare le aspettative e i bisogni di una domanda in continua evoluzione, con un’offerta sempre più orientata a una gestione sostenibile delle risorse, mantenendo la qualità dei servizi. È una grande sfida. Su Venezia, ad esempio, rifiuto l’idea di renderla una Disneyland solo per turisti; prima di tutto è una città con i suoi abitanti e per la sua unicità va guardata e tutelata, se necessario, anche con strumenti giuridici speciali. Per essere considerati una destinazione sostenibile bisogna quindi cambiare prospettiva e pensare di lasciare alle generazioni future una qualità della vita non inferiore a quella attuale. Per fare questo ci siamo impegnati su nuove forme, come lo slow tourism. Siamo tra le regioni italiane con il maggior numero di siti Unesco, continuiamo a investire nell’inclusività e sugli aspetti naturalistici, culturali ed enogastronomici, che sappiano riflettere una mentalità attenta all’ambiente, capace di valorizzare l’arte, il paesaggio e le tradizioni».
L’agenzia di rating Fitch ha premiato il Veneto con un giudizio a lungo termine BBB e Outlook stabile, come quello dell’intero sistema Italia: come spiega questo risultato? Cosa dovrebbe fare il sistema Paese per migliorare il suo ed essere più attrattivo e competitivo?
«Da Fitch viene la conferma che siamo un’amministrazione regionale virtuosa e la governance pubblica dimostra con i fatti di soddisfare le esigenze e le aspettative di sviluppo senza aumentare la tassazione, ossia lasciando nelle tasche dei veneti oltre un miliardo di euro ogni anno, da 14 anni. La stabilità delle entrate, costituite prevalentemente da entrate tributarie, combinata a una forte flessibilità di utilizzo – poi ché il Veneto conserva, in caso di necessità, un’ampia possibilità di aumento del gettito, in virtù della bassa pressione fiscale sinora adottata – sommate a una gestione efficiente delle spese, a una bassa rischiosità del debito e un livello soddisfacente di liquidità, confermano l’alta affidabilità finanziaria della regione. Il giudizio di Fitch si traduce inoltre in un altro importante parere: il contesto imprenditoriale e le caratteristiche socio-economiche del Veneto possono sostenere la performance finanziaria della regione, anche attraverso la riforma dell’autonomia».
Approvata la legge sull’autonomia differenziata, ora si apre la sfida più grande, quella dei Lep, i “livelli essenziali delle prestazioni”. Che ruolo può e deve avere il Veneto per una vera autonomia che non pregiudichi lo sviluppo unitario del Paese?
«Il Veneto ha avuto il ruolo importante di interrompere una narrazione negativa: quella della secessione dei ricchi. La nostra regione ha dimostrato con il referendum del 2017 che il desiderio di autonomia è trasversale, non nasce né in un salotto di intellettuali né da un movimento operaio e, soprattutto, non è contrario all’unità nazionale. Tutto quello che stiamo facendo, infatti, è nell’alveo e nel rispetto della Costituzione della Repubblica, una e indivisibile. Per quanto riguarda i Lep, cioè la soglia minima dei diritti sociali civili che vanno garantiti a tutti – da Campione d’Italia a Canicattì – va detto che sono previsti dalla Costituzione e devono essere realizzati perché rappresentano una garanzia per i cittadini. Se non sono stati ancora attuati non è per colpa di chi vuole l’autonomia, ma di chi in questi anni non ci ha mai pensato. Noi siamo i primi a tifare perché i Lep si facciano. Non accettiamo che vengano usati come un grimaldello per giustificare il mancato lavoro verso l’autonomia».
Si avvicinano le Olimpiadi invernali 2026, certo con qualche ritardo, ma sono una grande opportunità per Cortina e tutta l’offerta turistica veneta: cosa si aspetta da questo appuntamento internazionale?
«Le Olimpiadi e le Paralimpiadi di Milano-Cortina 2026 sono una grandissima opportunità per le nostre montagne, ma non solo: basti pensare che l’evento olimpico conclusivo si terrà all’Arena di Verona; un momento unico per la città e il Veneto, ma anche per l’appuntamento sportivo più prestigioso, che avrà come sede un anfiteatro ultra millenario. Non solo milioni di persone da tutto il mondo visiteranno il Veneto, ma la regione sarà protagonista della cronaca mondiale nelle tre settimane di gare. Saranno centinaia le troupe accreditate da tutti i paesi che rilanceranno le immagini delle nostre Terre alte in televisione e online. Se capiamo questo, comprendiamo quale ritorno avremo da un simile appuntamento. Le nostre sono le montagne più belle del mondo, ma questo non basta per far sentire bene il visitatore e convincerlo a venire. Le Olimpiadi servono anche a rilanciare in maniera sostenibile il nostro territorio alpino e la sua potenzialità turistica. Per le nostre valli il turismo è ossigeno e contrasto allo spopolamento; in poche parole, è vita».
Veniamo a lei, dopo due mandati da governatore, cosa si ripromette di fare per il Veneto che non ha ancora fatto?
«Al momento la partita è l’autonomia differenziata, quella che chiamo la madre di tutte le battaglie. È la grande riforma indispensabile, non solo per il Veneto, ma per tutto il Paese. Desidero che venga concretizzata, chiudendo definitivamente l’era di un centralismo dirigista e dannoso, e apra una nuova e virtuosa stagione di rinascita per tutta l’Italia. Sarà una grande operazione di decentramento amministrativo che riavvicinerà i cittadini alle istituzioni, riducendo le distanze tra loro e il potere decisionale».
Conclusa l’esperienza da governatore, quali sono i suoi progetti di vita?
«Per il momento ho ancora un anno di lavoro alla presidenza della Regione del Veneto. Resto concentrato a lavorare per i veneti. Al futuro ci penserò quando sarà il momento».