L’Irpef (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) è stata introdotta a partire dal 1973 e rappresenta un costo per oltre 40 milioni di lavoratori. È la forma di tassazione presente da più tempo tra quelle attualmente in vigore e porta al finanziamento di circa un terzo dell’intero gettito fiscale nazionale.
Si tratta di un’imposta di tipo diretto, progressivo, generale e legata strettamente alla persona. Il suo calcolo è soggetto a quattro aliquote e relativi scaglioni e interessa in particolare le seguenti categorie di persone:
- Lavoratori autonomi;
- Imprese;
- Lavoratori dipendenti, compresi coloro che sviluppano redditi assimilabili e redditi derivanti da una pensione;
- Redditi diversi, secondo quanto definito all’interno dell’art. 67 del Testo unico delle imposte dei redditi.
La tassazione riguarda, dunque, chiunque ha un reddito, sia quanti sono residenti nello Stato sia quanti lo sono stati temporaneamente. Questo tipo di imposta interessa in particolare le tasse partita Iva, per le quali la scadenza è imminente: secondo quanto stabilito dall’ultima Legge di Bilancio è infatti al 30 giugno del 2023.
Come avviene il calcolo dell’Irpef
Come abbiamo accennato, il pagamento dell’Irpef spetta sia ai residenti che ai non residenti in Italia che hanno sviluppato un reddito.
Rientrano in tali categorie quanti sviluppano redditi per minimo 183 giorni l’anno (184 se l’anno è bisestile) e i cittadini che sono emigrati in un territorio con regime fiscale privilegiato.
Il calcolo dell’Irpef viene fatto a partire dalla totalità dei redditi sviluppati nell’arco dell’anno. La maggior parte dei contribuenti presenta una sola forma di reddito: il calcolo appare dunque piuttosto semplice.
Qualora vi fossero più fonti di reddito occorre fare un distinguo. Entriamo più nel dettaglio:
- Il reddito deriva dal lavoro dipendente. La fonte di reddito è il salario o lo stipendio. Il criterio di base per il calcolo è la competenza.
- Il reddito deriva dal lavoro autonomo. La fonte di reddito è data dai guadagni. Il criterio di base per il calcolo è la cassa.
- Il reddito deriva da un’impresa. La fonte di reddito è l’utile del lordo. Il criterio di base per il calcolo è la competenza.
- Il reddito deriva dal capitale. La fonte di reddito è il dividendo. Il criterio di base per il calcolo è la competenza.
- Il reddito deriva dal fondiario. La fonte di reddito sono le rendite. Il criterio di base per il calcolo è la competenza.
- Il reddito non rientra nelle categorie precedenti ed è annoverato come “diverso”. La fonte di reddito sono le cosiddette plusvalenze. Il criterio di base per il calcolo è la cassa.
Come si può vedere, non tutte le forme di reddito presentano quindi lo stesso calcolo dell’Irpef, a fronte di una base imponibile che risulta differente. Ad esempio, nel caso dello stipendio di un lavoratore dipendente la tassazione interessa di suo il 100% del reddito, con l’esclusione degli oneri per quanto concerne Inps e Inail.
La tassazione in base agli scaglioni e alle detrazioni
C’è poi un altro fattore da considerare nel calcolo dell’Irpef ed è la fascia di reddito di appartenenza: i cosiddetti scaglioni. Vediamo come funziona la suddivisione per fasce di reddito nei dettagli, considerando che al momento risultano presenti quattro scaglioni:
- Il reddito è tra 0 e 15.000 euro annui. L’aliquota Irpef è al 23%.
- Il reddito è tra 15.001 e 28.000 euro annui. L’aliquota Irpef è al 25%.
- Il reddito è tra 28.001 e 55.000 euro annui. L’aliquota Irpef è al 35%.
- Il reddito è tra 55.001 e 75.000 euro annui. L’aliquota Irpef è al 43%.
Pertanto, il contribuente ha diritto di accedere a delle detrazioni in base alle spese sostenute, le quali vanno a influire sull’imposta lorda e a determinare, di conseguenza, quella netta.
Si tratta di spese sostenute in prima persona o effettuate in relazione alla propria condizione. Un discorso quest’ultimo che vale in particolare per lavoratori dipendenti, pensionati, persone che hanno a carico familiari e via dicendo.
Il calcolo delle detrazioni è qualcosa di complesso, in quanto presenta molteplici variabili legate alla situazione del contribuente.
Le modifiche al pagamento del 30 giugno per le partite Iva
Il pagamento dell’Irpef per le partite Iva è stato fissato inizialmente con una scadenza al 30 giugno, che interessa anche lavoratori dipendenti e pensionati.
L’Anc (Associazione Nazionale dei Commercialisti), con un comunicato stampa emesso in data 19 maggio 2023, ha evidenziato il ritardo della pubblicazione del decreto che ha stabilito la scadenza.
Un ritardo avvenuto rispetto allo Statuto del Contribuente, a fronte di una comunicazione ufficiale che ha come data il 16 maggio 2023.
In seguito all’iniziativa dell’Anc, il governo ha recentemente posticipato la scadenza del pagamento al 20 luglio senza che il contribuente debba sostenere ulteriori surplus. Rimane invece invariata rispetto agli anni scorsi la possibilità di saldare l’Irpef al 31 luglio con una maggiorazione dello 0,4%.