Koalisation: l’impatto della sostenibilità

Una startup che combatte il cambiamento climatico e promuove lo sviluppo sociale attraverso progetti di carbon finance in Africa subsahariana. Ci confrontiamo con Matthieu Meneghini, ceo e cofondatore di Koalisation
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Visto l’impegno pluridecennale di Manageritalia nel campo della sostenibilità a 360 gradi, puntiamo spesso i riflettori su casi di successo nel mondo dell’imprenditoria e del management in questo ambito. Oggi lo facciamo con Koalisation, startup italiana fondata nel 2022 con l’obiettivo di combattere il cambiamento climatico e promuovere lo sviluppo sociale attraverso progetti di carbon finance nell’Africa subsahariana. L’azienda collabora con comunità locali per sviluppare iniziative che rigenerano gli ecosistemi e migliorano le condizioni di vita, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità delle imprese partner. Ci confrontiamo con il giovane imprenditore Matthieu Meneghini, ceo e cofondatore di Koalisation, specializzato in impact management, consulente ESG e docente nel campo dell’Economia ambientale.

Qual è la visione di Koalisation e quale impatto desiderate generare?

«La nostra visione consiste nel trasformare l’impatto in un’azione collettiva, capace di affrontare alcune delle sfide più rilevanti dei nostri tempi. L’obiettivo è duplice. Da una parte vogliamo consentire alle aziende di generare un impatto concreto e raggiungere i propri traguardi di sostenibilità attraverso la partecipazione diretta a progetti ad altissimo impatto ambientale, sociale ed economico.
Dall’altra, questi progetti mirano a risolvere una delle problematiche più urgenti: ogni giorno, 2,5 miliardi di persone utilizzano il carbone vegetale, e pochi sanno che, in molti paesi, il suo impiego rappresenta la principale causa di deforestazione e la seconda causa di mortalità prematura. Cosa facciamo noi? Coinvolgiamo le comunità per prevenire l’uso del carbone, riducendone l’impiego quotidiano del 70%, e supportiamo i produttori di carbone nella loro trasformazione, passando da agenti di distruzione delle foreste a custodi e rigeneratori, grazie all’unione di innovazione frugale e tecnologia».

Cosa vi ha spinto a creare una società benefit e perché avete scelto di concentrarvi sul rating ESG?

«Ho fatto consulenza per 10 anni nel mondo ESG e non potevo sopportare quella che è la sostenibilità di facciata, un vero maquillage. Volevamo creare un’azienda che permettesse ad altre realtà di fare la differenza, dimostrando che la sostenibilità non è altro che efficienza ed efficacia dei processi, e, soprattutto, coerenza. Pensiamo che il mondo abbia bisogno di un capitalismo del bene, in cui le organizzazioni, attraverso il loro agire, risolvano le grandi sfide sociali e ambientali. Si può e si deve fare profitto facendo del bene».

Quali sono i principali ostacoli che le aziende affrontano nel migliorare il loro rating ESG e come le supportate?

«La prima difficoltà risiede nella comprensione approfondita del concetto di sostenibilità e nella sua contestualizzazione all’interno della specifica organizzazione. Quando la sostenibilità sociale viene realmente integrata, gli stakeholder interni ed esterni risultano maggiormente allineati, con un effetto positivo: i dipendenti si impegnano maggiormente e i clienti ripongono una fiducia più solida nell’azienda, portando a un incremento della produttività e del fatturato. Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, l’obiettivo è minimizzare gli sprechi e le inefficienze nei flussi materiali ed energetici lungo tutta la catena del valore, preservando al contempo il nostro ecosistema, il vero “magazzino naturale” di ogni input. In questo modo, si riducono costi e rischi, contribuendo all’aumento del profitto a fine anno. Infine, la sostenibilità in termini di governance è altrettanto cruciale. Se consideriamo la governance come il “software” aziendale, un sistema ben progettato garantisce il corretto funzionamento di tutti i processi. Al contrario, una governance inefficiente compromette l’intera macchina operativa dell’azienda».

Come integrate la rigenerazione degli ecosistemi nel vostro modello di business?

«Siamo partiti dal principio della prevenzione degli impatti, intervenendo per ridurre del 70% il consumo di carbone nelle zone urbane. Tuttavia, abbiamo scoperto che, se da un lato questa riduzione rappresentava un risultato estremamente positivo, dall’altro aveva conseguenze drammatiche per innumerevoli persone impiegate nella filiera del carbone. Da qui, abbiamo condotto diversi studi che ci hanno rivelato un dato sorprendente: il 70% dei micro-contadini svolge anche il ruolo di carbonai.
La spiegazione è semplice: l’attività contadina, a causa dei cambiamenti climatici, della siccità e soprattutto dell’impoverimento del suolo – conseguenza dell’eccessivo uso di fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi – risulta economicamente insostenibile. Per far quadrare i conti a fine mese, l’unica fonte di guadagno apparente diventa dunque il taglio degli alberi, la produzione di carbone e la sua vendita ai grossisti. In altre parole, nel breve periodo, il problema è di natura economica: la natura ha più valore “da morta” che “da viva”.
Il nostro obiettivo primario è quindi creare un sistema economico che attribuisca un reale valore alla natura, incentivando comportamenti responsabili che ne favoriscano la protezione e un uso sostenibile. Per raggiungere questo scopo, integriamo tecniche di agricoltura rigenerativa ispirate a pratiche antiche – apprese dai Maya, dai Babilonesi e da altre culture lontane nel tempo – che ci permettono di rigenerare la vitalità del suolo. In particolare, siamo riusciti a ridurre del 90% l’impiego di fertilizzanti e pesticidi, sostituendoli con alternative naturali, e ad aumentare la produzione annuale di oltre il 200%. Inoltre, valorizziamo gli ecosistemi boschivi attraverso l’introduzione di fruit forest e attività di apicoltura, creando così sinergie e valore condiviso con le comunità local».

Qual è il ruolo e l’impegno delle aziende, non solo soldi, vero?

«Le aziende partecipano attivamente in tre modalità, andando oltre il semplice apporto finanziario. Il finanziamento dei progetti avviene attraverso l’investimento di capitali per compensare le proprie emissioni, ottenendo crediti di carbonio di altissima qualità, sostenendo le nostre iniziative e lo sviluppo socio-economico delle comunità. La realizzazione di progettualità speciali si realizza sfruttando il proprio core business, mettendo a disposizione know-how e beni strumentali, elementi fondamentali per il successo dei progetti. La comunicazione e la sensibilizzazione si basano sulla promozione di progetti, sensibilizzando e coinvolgendo l’intera value chain, rendendo così l’impatto un impegno collettivo e condiviso».

Potete condividere un esempio concreto di un progetto di rigenerazione che avete supportato?

«Nel Chiefdom di Nkambo abbiamo istituito un centro di formazione dei formatori, dove abbiamo ospitato e formato oltre 60 “champion” dei villaggi. Questi leader, una volta preparati, hanno il compito di formare le rispettive comunità, replicando le tecniche apprese. In questo modo, l’obiettivo del progetto è di rigenerare oltre 1.000 ettari di terra e proteggere altri 1.500 ettari di foresta in 5 anni, attraverso l’adozione di pratiche quali l’agricoltura di precisione, la produzione di bio-fertilizzanti, l’intercropping e lo sviluppo di food forest».

«Il nostro approccio parte dalla stipula di accordi con i rappresentanti locali, seguita dalla creazione di centri comunitari che fungono da fulcro per tutte le operazioni. Le comunità sono gli attori principali di questo processo di rigenerazione: i centri comunitari rappresentano luoghi di formazione, dimostrazione, aggregazione e supporto logistico. Ogni famiglia che decide di partecipare al programma viene formata e riceve, in comodato d’uso, gli strumenti necessari allo svolgimento delle attività. In cambio, la famiglia cede i crediti di carbonio generati dalle attività a Koalisation e alle aziende sponsor. Questo modello si fonda su uno scambio, una transazione e una collaborazione autentica tra aziende e comunità, evitando ogni forma di assistenzialismo, un concetto a cui siamo profondamente avversi, poiché priva la persona di dignità e crea dipendenza dagli aiuti esterni, risultando dannoso a lungo termine».

Qual è il valore aggiunto di una realtà giovane come la vostra nel panorama della sostenibilità aziendale?

«Il valore aggiunto che portiamo è che andando a stravolgere il business model classico del nostro settore e nel creare valore aggiunto permettiamo alle realtà di poter fare un reale impatto raggiungendo i propri target climatici. Noi abbiamo avuto il vantaggio degli ultimi venuti, di aver lavorato nel mondo della consulenza e di aver vissuto sulla nostra pelle i problemi del mercato. Abbiamo potuto innovare e risolvere tali problemi rischiando relativamente poco, ovviamente tantissimo per noi come fondatori ma in termini assoluti poco. Ultimo, ma non ultimo punto, abbiamo la possibilità di adattarci velocemente alle sfide per poterle gestire al meglio».

Quali strumenti e tecnologie utilizzate per monitorare e migliorare le performance ESG delle aziende?

«Utilizziamo come metodologie la carbon footprint di organizzazione e di prodotto e per le realtà che ce lo chiedono tecniche di life cycle assessment. Per migliorare le performance a monte prima del processo di decarbonizzazione, ci rivolgiamo a una serie di partner che, attraverso innovazioni di prodotto o di processo, abbattono al massimo le emissioni e di conseguenza i costi. In seconda battuta, Koalisation, attraverso la sua partecipazione, permette all’azienda di investire direttamente nella progettualità lì dove è più efficace ed efficiente investire, in giro per il mondo senza doversi sobbarcare tutti quelli che sarebbero i costi associati al lancio di progettualità del genere, andando a tracciare al massimo quello che è lo sviluppo progettuale e gli impatti generati con la massima trasparenza e granularità. All’interno della piattaforma vengono caricati gli impatti, i materiali certificatori e gli asset media».

Quali consigli daresti ad altri giovani imprenditori che vogliono avviare imprese a impatto positivo?

«Individuate e trovate soluzioni a un problema reale. Non seguite le mode, che hanno sempre una vita molto breve; se un problema è autentico, troverete sempre un mercato per la soluzione. Ricordate che l’approccio odierno non rappresenta necessariamente il futuro: innovate. Circondatevi esclusivamente di persone che credono veramente in ciò che fate. Altrimenti rischiate incoerenze e compromessi che potrebbero impedirvi di raggiungere i vostri obiettivi. Evitare la sostenibilità di facciata. Non accontentatevi di un “maquillage” che non va oltre l’apparenza. Siate veloci e, al contempo, pazienti. Non abbiate paura di sbagliare. Spesso è più importante capire cosa non funziona, anziché cercare conferme effimere alle prime ipotesi. Ricordate che pochi offrono feedback reali, poiché molti temono di ferire i sentimenti altrui o di prendersi la briga di fornire critiche costruttive. Per avere successo dovete essere disposti a fare grandi sacrifici. Ne varrà la pena».

Come immagini il futuro della sostenibilità aziendale nei prossimi 5-10 anni?

«La sostenibilità diventerà sinonimo di efficienza e produttività, senza troppi fronzoli. Le mode e le ideologie lasceranno il posto a un approccio estremamente pratico, sempre più focalizzato sull’ottimizzazione della value chain, superando la visione limitata di agire solo nel proprio “giardino”».

Quali sono i vostri prossimi obiettivi e progetti di sviluppo?

«Il nostro primo obiettivo è coinvolgere le aziende italiane best-in-class nelle nostre progettualità, per perfezionare il prodotto e continuare a innovare. In tre anni miriamo a trasformare radicalmente la vita di almeno 1.000.000 di persone e a supportare il percorso di almeno 1.000 organizzazioni. Contestualmente, stiamo lanciando una soluzione che ci permetterà di scalare in maniera esponenziale il nostro impatto nel mondo… ne sentirete parlare presto».

Come possono aziende e investitori contribuire al vostro lavoro e ai vostri progetti di rigenerazione?

«Investendo in noi o partecipando ai nostri progetti!».

Matthieu Meneghini
Matthieu Meneghini

progetti koalisation

 

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