L’innovazione in 7 sintesi


Primo
: open innovation intesa come ecosistema creativo. Una vecchia pratica di cui Procter & Gamble è indiscussa apripista sin dal 2001 con la piattaforma Connect + Develop, il cui motto “proudly found elsewhere” chiarisce bene la strategia. Abbandonando l’online per l’offline, ottimo esempio è quello di Philips, che a Eindhoven ospita nel suo immenso High Tech Campus 60 startup e 10mila collaboratori che giocano su temi futuri.

Secondo: customer Co creation, intesa come user innovation. Democratizzazione dell’innovazione, insomma. Vecchi ma buoni esempi: Adult Fans of Lego e Ideastorm di Dell.

Terzo: innovation jams, intesa come multi stakeholder brainstorming. Ibm utilizza questo approccio con collaborationjam sin dal 2001, ma ci sono anche piattaforme
come Atizo di cui si servono imprese come Bmw e Axa.

Quarto: creatsourcing, inteso come smart mob innovation. Non tutte le persone smart lavorano da te (neanche da Google). Ergo bisogna ingaggiare, anche
con sfide (stile Innocentive), l’intelligenza collettiva sparsa in rete.

Quinto: social design, inteso come innovazione basata su processi open source. Da Quirky a Ponoko,
il tema è attivare innovazione abilitando processi di partecipazione e condivisione spontanea.

Sesto: permanent beta, intesa come innovazione indifferente “all’instabilità del progetto”. Ragionare sempre in termini
di un eroico e perenne test. Non tutti ne sono (come Google) capaci.

Settimo: Design thinking, inteso come innovazione sistemica basata sul punto di vista dell’utente. Precursore, ovviamente Ideo.

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Articolo tratto dall’ultimo numero di Dirigibile

Dirigibile è l’inserto di Dirigente – la rivista di Manageritalia dedicato all’innovazione, agli scenari e alle opportunità di un futuro che è già presente.

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