Daniel Trabucchi, senior assistant professor School of management Politecnico di Milano
Tommaso Buganza, full professor School of management Politecnico di Milano
La parola piattaforma è diventata una buzzword che negli ultimi anni è entrata in ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Organizzazioni come Uber, Airbnb, Facebook e Amazon hanno introdotto nel mondo del business un nuovo modo di creare valore e offrire servizi sul mercato. Considerando la capitalizzazione delle prime 100 piattaforme al mondo, solo il 2% di quel capitale è in Europa, rispetto al 76% che sta negli Stati Uniti e al 20% dell’Asia e dell’area Pacifica (Ecodynamics Gmbh, 2023). È evidente che questo tipo di opportunità l’abbiamo persa, ma non è detta l’ultima parola. Troppo spesso si ritiene che il mondo delle piattaforme sia riferito solo a imprese native digitali e startup. In realtà, anche imprese esistenti, industriali e non native digitali possono trarre enormi benefici dal ragionare per piattaforme, applicando ciò che chiamiamo Platform thinking (Trabucchi D., Buganza T. Platform thinking. Il nuovo mindset per fare innovazione in azienda, 2023, Egea). Se la partita sul lato delle piattaforme pure sembra essere ormai persa, se ne sta aprendo una nuova in cui le imprese europee e italiane hanno ancora enormi possibilità. Ma facciamo un passo indietro: che cos’è una piattaforma?
Che cos’è una piattaforma?
Definire una piattaforma non è semplicissimo, è più facile dire cosa non lo è. Non è una piattaforma tutto ciò che ha una catena lineare del valore e prevede, in estrema sintesi, l’acquisizione di materie prime o semilavorati, la loro trasformazione e poi la vendita su un mercato di sbocco. In queste imprese il valore fluisce linearmente da un’azienda all’altra fino al cliente finale. Esempi tipici possono essere tutte le organizzazioni industriali, come Fincantieri o Leonardo, ma anche le piccole aziende di servizio, come, per esempio, i ristoranti.
Una piattaforma crea valore in un modo diverso: identifica diverse tipologie di clienti sul mercato e crea uno spazio in cui essi possano interagire. In particolare, possiamo distinguere vari tipi di piattaforme.
Le piattaforme transazionali, ad esempio, facilitano le interazioni tra due gruppi di utenti, come acquirenti e venditori, creando valore attraverso la rete stessa. Amazon Marketplace è un esempio emblematico: offre una piattaforma dove venditori di tutto il mondo possono raggiungere milioni di
acquirenti, aumentando il valore per entrambe le parti attraverso i cosiddetti effetti di rete incrociati. È importante notare come per Amazon tanto i compratori quanto i venditori siano clienti cui offrire servizi e come l’esistenza dei primi sia la fonte di valore per i secondi e viceversa. Un altro esempio è Airbnb, che permette ai proprietari di case di affittare i loro spazi a viaggiatori, creando un ecosistema dove l’offerta e la domanda si incontrano direttamente, eliminando molti intermediari tradizionali.
Le piattaforme ortogonali, invece, come Google e Facebook, offrono servizi (spesso) gratuiti agli utenti finali, mentre monetizzano l’attenzione di questi ultimi attraverso la pubblicità. Google, ad esempio, utilizza i dati raccolti dalle ricerche degli utenti per offrire spazi pubblicitari mirati aginserzionisti, creando un modello di business sostenibile e altamente redditizio. Facebook, similmente, utilizza le informazioni sui comportamenti e le preferenze degli utenti per offrire agli inserzionisti la possibilità di personalizzare in modo estremamente preciso le comunicazioni verso il
proprio pubblico (figura 1).
Che cos’è il Platform thinking e cosa possono imparare le organizzazioni italiane?
Il Platform thinking è la capacità di utilizzare meccanismi basati su piattaforme per sbloccare trasformazioni digitali nel business. Questo approccio consente di ripensare i modelli di business tradizionali, mettendo al centro le interazioni tra diversi gruppi di utenti e sfruttando le potenzialità della rete per creare valore. Un esempio significativo di impresa esistente e industriale che ha applicato il Platform thinking è John Deere[1]: da semplice produttore di attrezzature agricole, è da prima diventato un erogatore di servizi, aggiungendo sensori ai propri macchinari e sviluppando servizi di smart farming. Successivamente, ha capito come fosse possibile, grazie alle risorse già in suo possesso, soddisfare anche altri attori che erano nel loro ecosistema e trasformarli in nuovi clienti. Ad esempio, attraverso i propri servizi di smart farming, con l’operation center l’impresa raccoglie dati dai suoi macchinari e offre servizi aggiuntivi ai propri fornitori (come produttori di semenze o fertilizzanti), trasformandoli di fatto in clienti.
Un altro esempio interessante è quello di Klöckner[2], impresa tedesca produttrice di acciaio. Inizialmente l’impresa ha digitalizzato il proprio processo di vendita creando un digital marketplace, poi, a causa del successo dell’iniziativa e dell’incapacità di soddisfare tutte le richieste, ha progressivamente aperto tale mercato anche ai suoi competitor. Il risultato si chiama XOM Materials e vede Klöckner al centro di un ecosistema in cui guadagna fornendo prodotti ai propri clienti e anche permettendo ai competitor di fare altrettanto. Grazie a questa piattaforma, i fornitori possono raggiungere un pubblico più ampio e diversificato, mentre gli acquirenti possono trovare materiali a prezzi più competitivi e con tempi di consegna ridotti. Questo modello non solo aumenta l’efficienza del mercato, ma crea anche un valore aggiunto significativo per tutti gli attori coinvolti (figura 2).
Cosa significa fare Platform thinking e quali sono i benefici per le piccole e grandi imprese italiane?
Fare Platform thinking significa partire da asset già disponibili (dati, nel caso di John Deere, o relazioni con clienti nel caso di Klöckner) e usarli come base per innovare. Questo approccio consente un’innovazione naturalmente sostenibile poiché si costruisce sugli asset stessi dell’impresa e si vota all’efficienza. Le piattaforme cercano naturalmente di ridurre le frizioni sul mercato, creando un meccanismo fluido che può crescere rapidamente. Tuttavia, fare Platform thinking non è semplice. I problemi principali includono la necessità di cambiare mindset e sfatare il mito che le piattaforme siano solo per grandi realtà tecnologiche o giovani startup digitali, tendenzialmente americane. Il Platform thinking è per tutti, per tutte le dimensioni e per tutti i settori. Per sostenere questa trasformazione, abbiamo creato un Osservatorio alla School of management del Politecnico di Milano, chiamato Platform thinking HUB, dove monitoriamo l’evoluzione del Platform thinking e supportiamo le organizzazioni italiane nell’avvicinarsi e applicare il Platform thinking. Platform thinking HUB è un progetto annuale in cui ogni partner, tramite 3-4 partecipanti, lavora su un business case reale nella propria organizzazione per imparare la metodologia e sviluppare un vero e proprio progetto di innovazione. I partner della seconda edizione includono Alpitour, Angelini con Fameccanica, Epta Group, Gruber Logistics, GS1 Italy, Iveco, Leonardo, Poste Italiane, Prysmian, Relatech, Retail Reply, Sisal e Trentino Sviluppo. Nella prima edizione sono stati con noi anche Eni, Edenred, SDF e Sintetica. Si vede chiaramente come i platform thinker possano essere in ogni tipo di realtà organizzativa. I partner hanno lavorato con noi allo sviluppo di nuove piattaforme per innovare il proprio modello di business, sfruttare i dati a loro disposizione o rivedere i processi interni in un’ottica di efficienza, grazie alle peculiarità delle piattaforme. L’obiettivo finale del Platform thinking HUB è fornire alle imprese gli strumenti e le competenze necessarie per affrontare le sfide del mercato moderno, trasformando le idee in progetti concreti di innovazione.
[1] Joachimsthaler, E. (2020). The interaction field. The revolutionary new way to create shared value for businesses, customers, and society. Hachette UK.
[2] Kominers S. D., Knoop C.I. (2020). Klöckner & Co: Steeling for a Digital World. Harvard Business Publishing Teaching Case.