Riforma fiscale: la revisione del catasto

Il successo del Pnrr, oltre a progettazione e attuazione degli interventi previsti, dipende anche da un ampio spettro di riforme strutturali determinanti per ridare slancio allo sviluppo del Paese. Prosegue il nostro viaggio in queste riforme con un’analisi a cura di vari esperti. Per la riforma fiscale abbiamo coinvolto Nicola Quirino, docente di Finanza pubblica all’Università Luiss e all’Accademia della Guardia di Finanza, che dopo averci illustrato gli obiettivi principali di questo provvedimento, aver puntato i riflettori sulla revisione dell'Irpef previsa dall'ultima Legge di Bilancio e su come rendere più efficiente la struttura delle imposte anche a livello locale, ci presenta la finalità degli interventi di modernizzazione degli strumenti di mappatura delle unità immobiliari e il riordino del catasto dei fabbricati

Tra gli interventi previsti dalla delega fiscale, particolare rilevanza assumono quelli concernenti la modernizzazione degli strumenti di mappatura delle unità immobiliari e il riordino del catasto dei fabbricati. La finalità di questi interventi è, anzitutto, quella di agevolare i Comuni e l’Agenzia delle entrate nell’individuazione e nel corretto classamento:

  • di terreni edificabili accatastati come agricoli;
  • di immobili non censiti;
  • di immobili che non rispettano la destinazione d’uso o la categoria catastale;
  • di immobili abusivi.

Con riferimento a quest’ultimo punto, non si può fare a meno di rilevare che nell’ultimo decennio l’indice di abusivismo edilizio, misurato dalla quota di nuove costruzioni realizzate abusivamente, è cresciuto costantemente nel nostro Paese, avvicinandosi alla soglia del 20%.

Se il primo obiettivo della riforma è quello di pervenire a una corretta rilevazione e classificazione di tutti gli immobili esistenti sul territorio nazionale e di far emergere le sacche di abusivismo edilizio, il secondo obiettivo è quello di migliorare le metodologie utilizzate per la stima del valore e del reddito attribuito agli immobili.

Com’è noto, attualmente il valore (fiscale) di un immobile si ottiene moltiplicando la rendita catastale, rivalutata del 5%, per un coefficiente prestabilito che varia in relazione alla destinazione d’uso dell’immobile e alla sua categoria di appartenenza (ad esempio, abitazione signorile, abitazione popolare, villino ecc.). La rendita catastale si ottiene, invece, moltiplicando la tariffa d’estimo dell’immobile per le sue dimensioni. Le vigenti tariffe d’estimo, utilizzate dall’amministrazione finanziaria, non sono altro che i valori aggiornati dei canoni medi d’affitto rilevati nel 1989-1990.

Ebbene, secondo quanto stabilito dalla delega, a partire dal 1° gennaio 2026 l’attuale sistema di determinazione del valore e del reddito degli immobili basato sulla rendita catastale verrà affiancato da un sistema basato su due parametri, da aggiornare periodicamente: prezzi al metro quadro e canoni di mercato.

Naturalmente, la preoccupazione di molti proprietari è che quest’operazione possa comportare, alla fine, un aumento di tutti quei tributi che colpiscono i fabbricati (Imu, Tari, Irpef, imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni, sulle donazioni ecc.). E sembrerebbe essere una preoccupazione fondata perché, secondo le stime degli esperti del settore, il rapporto medio tra valori di mercato e valori catastali risulterebbe pari a due.

Se così fosse, la revisione del catasto sarebbe accompagnata da un inasprimento della tassazione sul patrimonio immobiliare, destinata a colpire soprattutto i fabbricati ubicati nelle zone centrali dei centri urbani. Tali fabbricati infatti, essendo stati costruiti parecchi anni fa, non di rado hanno un valore di mercato molto superiore al valore catastale. Ciò non significa, però, che gli stessi siano necessariamente di proprietà delle fasce più agiate della popolazione, perché, specie nelle grandi città, non sono pochi gli anziani che risiedono in “centro”. Si tenga presente, inoltre, che in Italia già oggi più del 40% delle entrate dello Stato e degli enti locali proviene da imposte e tasse sugli immobili.

Nella delega si precisa, comunque, che i nuovi criteri di valorizzazione dei cespiti non saranno utilizzati per la determinazione della base imponibile dei tributi.

LEGGI ANCHE:
La riforma fiscale: i primi provvedimenti
La revisione dell’Irpef prevista dalla Legge di Bilancio 2022
Riforma fiscale: il nodo delle addizionali regionali

Facebook
LinkedIn
WhatsApp

Potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca