Sisal crea innovazione: un progetto di successo

Il Gruppo di lavoro CreaInnovazione di Manageritalia Roma ha messo in piedi un’iniziativa di cui vi vogliamo parlare. Nell’ultimo anno sono state coinvolte imprese e organizzazioni in un progetto chiamato Creatività per l’innovazione.


Il progetto aveva un obiettivo preciso: verificare i risultati scaturiti dall’adozione di metodi e processi creativi in azienda, con un nuovo modo di lavorare e lo sviluppo di nuove competenze.


Il bilancio di questa iniziativa è decisamente positivo e ha confermato che le tecniche di creatività in percorsi guidati da consulenti esperti generano un forte impatto sia nella gestione delle risorse umane sia nell’approccio manageriale all’innovazione di prodotti e servizi.

Parliamo dunque di un modo concreto ed efficace per declinare il concetto di creatività e vogliamo raccontarvi attraverso una serie di interviste ai nostri referenti delle undici aziende che hanno aderito al progetto le storie di successo legate a questo percorso.


Ci confrontiamo oggi con Carlo Garuccio, responsabile Product & Business Innovation Sisal.


Quale problema o opportunità vi hanno convinto a intraprendere un percorso di innovazione?


Volevamo investire in nuove idee che ci permettessero di distanziarci dalle caratteristiche attuali di alcuni prodotti Sisal e quindi presupponevano un percorso creativo al servizio dell’innovazione. Uno degli elementi che ci ha spinto a intraprendere questo percorso è stato inoltre quello di coinvolgere più aree aziendali, per avere contributi molteplici: marketing, vendite, sistemi informativi, legale. Con le risorse umane si voleva anche dare una diffusione a modelli di creatività e innovazione che potessero essere applicabili anche nel lavoro quotidiano di queste funzioni.


Cosa vi ha spinto a rivolgervi a un consulente di creatività per l’innovazione?


Come molte aziende, negli ultimi anni stiamo lavorando nell’ambito dell’innovazione con modelli di open innovation. Abbiamo quindi sviluppato un’eco-sistema di partner, professionisti e associazioni che collaborano con noi. Per un’attività così delicata è necessaria una guida con grande competenza su percorsi creativi al servizio dell’innovazione. La decisione è stata quella di affidarci a un professionista del settore, Raffaella Pederneschi.


Quale percorso avete seguito?



Il programma di lavoro si è sviluppato in cinque giornate non consecutive con incontri di uno/due giornate nell’arco di tre settimane ed è partito da una sfida di innovazione. È stato formato un gruppo di lavoro di 12-14 persone, selezionando i partecipanti e prendendo i rappresentanti più adatti delle varie funzioni aziendali. Il gruppo ha sviluppato sette concept presentati al top management al quale era stato chiesto di non esprimere, in quel contesto, alcun giudizio. Oltre ai concept generati di nuovi giochi abbiamo anche identificato i meccanismi di gioco, i main benefit, i canali, le dinamiche.


Avete raggiunto i vostri obiettivi?


Uno degli obiettivi era di coinvolgere altre aree aziendali all’interno di percorsi formativi: alcune delle tecniche utilizzate possono essere applicate anche in ambiti diversi dalla pura innovazione, ad esempio al problem solving; quindi tra i benefici c’è stato anche l’apprendimento e la sperimentazione di queste tecniche. In sintesi, i risultati ottenuti sono più che soddisfacenti e ne potremo valutare appieno l’efficacia nel tempo. Avevamo fatto un analogo percorso nel 2008 che aveva dato origine a Win for Life, il cui rapporto costi benefici è di notevole interesse considerando anche il tempo di vita del prodotto.


Quale è stato l’apprendimento più importante?


La chiara metodologia per definire i percorsi dalla fase di preparazione alla fase di incubazione, generazione e valutazione delle idee, quindi un percorso ben strutturato, nel quale i partecipanti sono comunque immersi in un ambiente che aiuta la creatività collettiva.


Avete trovato difficile o semplice realizzare le idee generate?


I concept più validi sono stati inseriti nel processo di innovazione e sottoposti a test specifici. Una volta incanalati nel percorso di sviluppo dei prodotti, le problematiche realizzative rientrano nella consuetudine aziendale.


Per questo tipo di competenze è meglio affidarsi a un consulente esterno secondo lei?


Se si tratta di piccole attività creative, questi percorsi di innovazione lasciano in eredità delle tecniche e delle piccole metodologie da applicare. Nel caso di percorsi complessi ci rivolgiamo a competenze specialistiche che è difficile internalizzare in quanto non c’è necessità di continuità. Alcune competenze devono essere interne evitando un’esternalizzazione troppo decisa e permettendo di aumentare la rapidità e autonomia.

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