Il Gruppo di lavoro CreaInnovazione di Manageritalia Roma ha messo in piedi un’iniziativa di cui vi vogliamo parlare. Nell’ultimo anno sono state coinvolte imprese e organizzazioni in un progetto chiamato Creatività per l’innovazione.
Il progetto aveva un obiettivo preciso: verificare i risultati scaturiti dall’adozione di metodi e processi creativi in azienda, con un nuovo modo di lavorare e lo sviluppo di nuove competenze.
Il bilancio di questa iniziativa è decisamente positivo e ha confermato che le tecniche di creatività in percorsi guidati da consulenti esperti generano un forte impatto sia nella gestione delle risorse umane sia nell’approccio manageriale all’innovazione di prodotti e servizi.
Parliamo dunque di un modo concreto ed efficace per declinare il concetto di creatività e vogliamo raccontarvi attraverso una serie di interviste ai nostri referenti delle undici aziende che hanno aderito al progetto le storie di successo legate a questo percorso.
Ci confrontiamo oggi con Roberto Brandetti (direttore industriale) e Patrizia Bonometti (responsabile risorse umane) di Tenaris.
Quale è stata la scintilla che vi ha spinto a intraprendere un percorso di innovazione?
Abbiamo pensato a come coinvolgere i nostri capi fabbrica per andare oltra la razionalità ingegneristica e instillare in loro la consapevolezza che esistono altri modi di pensare all’innovazione, fuori dagli schemi comuni e dalla consuetudine che portano a risultati completi e utilizzabili. Abbiamo identificato due ambiti di innovazione importanti da portare in azienda: superare il pensiero standard per affrontare i problemi, fare formazione per spingere le prime linee a guardare out-of the-box. Per far questo ci siamo rivolti a un consulente con il quale abbiamo definito un percorso che è risultato interessante e ha generato reale innovazione.
Perché vi siete rivolti a un consulente?
L’idea di rivolgerci a un consulente è nata anche a seguito di un’esperienza fatta a Singapore partecipando a un breve seminario di creatività. Seppur breve e non approfondita, quella esperienza ha fornito lo spunto per intraprendere un percorso supportato da tecniche di creatività. Abbiamo quindi cercato e incontrato diversi consulenti e ci siamo rivolti quindi a Raffaella Pederneschi. Il percorso di creatività e gli strumenti utilizzati hanno permesso di cambiare modo di pensare vedere le cose, permettendoci di fare innovazione partendo da presupposti differenti e nuovi.
Quale percorso avete seguito?
Abbiamo costruito, con l’aiuto del consulente, un percorso personalizzato di cinque giornate in un arco di tempo di altrettante settimane coinvolgendo tutto il team di 15 capi fabbrica con una sfida comune: “come raggiungere un obiettivo concreto”. Una volta definita la sfida di gruppo e affrontata nelle sue specificità, ognuno dei Capi Fabbrica si è preso una sfida personale che ha affrontato supportato dal consulente in incontri personali.
Con quale risultato?
L’apprendimento più significativo è emerso dal feedback positivo dei partecipanti concordi nell’affermare che “uscire dagli schemi abituali e lasciare dietro qualche volta la razionalità permette di vedere opportunità che altrimenti non verrebbero colte”.
È stato complicato rendere concrete queste idee?
In realtà ciò che viene generato nella fase di “divergenza” e che può sembrare impercorribile nella fase di “convergenza” può trovare un’applicazione pratica. L’adozione di un approccio condiviso in una realtà di dimensioni elevate è il prerequisito per la realizzabilità delle innovazioni identificate. Alla base di tutto c’è la gestione del processo che si segue, dalla generazione delle idee alla loro attuazione. Noi abbiamo condiviso le idee e il percorso anche con il nostro amministratore delegato per avere il suo benestare e poter concretizzare quanto generato con il percorso creativo.
Siete soddisfatti del contributo del consulente?
Crediamo che tutti debbano essere aiutati a comprendere che un processo creativo non è fine a se stesso ma è funzionale all’evoluzione e al miglioramento delle prestazioni dell’azienda. Siamo senz’altro soddisfatti e francamente non vorremmo avere una persona interna dedicata perché un consulente aiuta a vedere le cose dall’esterno evitando così di autoreferenziarsi e cadere in una routine.
I processi creativi continueranno nella vostra azienda?
Vediamo una certa complessità nel fare diventare un percorso di creatività per l’innovazione un processo vissuto come uno degli ennesimi processi aziendali da seguire costantemente. Inoltre nel nostro ambiente multinazionale c’è una necessità di standardizzazione e il nostro head quarter è in Argentina, quindi eventuali processi introdotti in azienda in modo stabile avrebbero bisogno di una approvazione da parte loro.
Facciamo il punto sui risultati ottenuti.
Abbiamo identificato tre soluzioni che ci permetteranno anche nel futuro di fare innovazione in modo migliore: Guardare tutto l’universo aziendale full process; utilizzare nell’area tecnologica una nuova visione che ci permette di partire da punti di vista e presupposti diversi, ad esempio per il laminatoio, e lavorare molto di più sul fattore umano, attuando un modo diverso di interazione e guardando il cliente finale con l’obiettivo di una sua possibile partecipazione. Grazie al metodo e al processo sono emerse infatti persone che hanno dimostrato un’elevata capacità creativa che non ci si attendeva.
Vi ritenete soddisfatti?
Abbiamo apprezzato il percorso creativo e la concretezza dei risultati generati, il livello di partecipazione che il metodo ha sviluppato nel gruppo di lavoro.
Quale strumento vi ha più colpito?
Tra gli strumenti utilizzati, l’avvocato dell’angelo è quello che ci è rimasto più impresso: un cambio di attitudine che sposta la consueta posizione di sfiducia e critica che si ha nei confronti delle nuove idee verso una posizione di sostegno, generando in tal modo positività e “propositività”. Abbiamo anche appreso che bellezza non è in alcun modo in antitesi con l’efficienza e l’efficacia.