Trasporti e infrastrutture: la parola a Confetra

L’opinione di Nereo Marcucci, presidente della Confederazione generale italiana dei trasporti e della logistica

Trasporti e infrastrutture: come siamo messi oggi in Italia rispetto a queste due facce della stessa medaglia?

«Con l’Università Federico II di Napoli abbiamo pubblicato un check-up delle infrastrutture strategiche per il trasporto e la logistica al quale rimando per ogni approfondimento puntuale (vedi qui). Negli ultimi quattro anni si era avviata una fase positiva di connessione in reti stradali e ferroviarie dei principali nodi che, oggi, è ulteriormente sottoposta a valutazione “costi/benefici”. Ci sono motivate preoccupazioni».

Un settore su cui puntare con investimenti capaci di modernizzare il Paese e creare sviluppo e occupazione?

«Non possiamo puntare su un solo settore, ma analizzare importanti cambiamenti nella suddivisione internazionale del lavoro conseguenti sia a scelte politiche dei grandi player dell’economia mondiale, sia alla possibilità che le ragioni che avevano spinto alla delocalizzazione possano essere in via di superamento. Penso che una manifattura e una logistica di qualità possano rappresentare un contributo significativo insieme all’efficienza amministrativa e ai giacimenti culturali e turistici».

Parliamo solo di infrastrutture, cosa va e cosa non va?

«I livelli di manutenzione per quelli esistenti (vedi le difficoltà per dare percorsi sicuri ai trasporti eccezionali), i tempi di realizzazione per quelli progettati».

Veniamo quindi ai trasporti. Tra gomma e rotaia dove pensa che dobbiamo puntare di più per le merci?

«Si usa e si abusa del termine “sostenibilità” da declinare in termini economici, ambientali e sociali. Il trasporto ferroviario è il più “sostenibile”, quello su gomma il più flessibile. È possibile flessibilizzare il primo e lasciare al secondo ruoli di breve distanza o primo e ultimo miglio. Confetra ha avanzato qualche suggerimento per “riutilizzare” gli interporti come luogo della concentrazione di masse critiche da gomma a ferro. Parliamone, quanto meno!».

Sempre per le merci, agli aeroporti e, soprattutto, ai porti cosa serve?

«I nostri aeroporti, nonostante soffrano di un minor numero di relazioni, hanno superato il milione di tonnellate, i nostri porti movimentano quasi quanto prima della crisi, la produttività è allineata a quella dei grandi competitor nordeuropei. Ora dobbiamo crescere come asset continentale».

Oggi la logistica è uno dei principali fattori competitivi di un paese: la nostra è competitiva?

«La qualità nell’offerta logistica è la più coerente a un sistema di piccola e media impresa produttiva che vuole anche internazionalizzarsi. Ovviamente la stessa qualità viene offerta alle grandi aziende che esternalizzano questi servizi. Per tutti loro siamo consulenti prima che fornitori».

Il digitale e l’economia 4.0 come stanno cambiando il settore?

«Recenti ricerche ci dicono che il 70% delle aziende della supply chain hanno programmi di digitalizzazione, robotizzazione, predisposizione all’Internet of things. Pensi al ruolo che avrà la IoT nel mondo dell’automotive o le stampanti 3d nel mondo della ricambistica. Ovviamente per questi ultimi aspetti siamo solo ai primordi».

A livello di infrastrutture e trasporti, pubblico e privato quale ruolo devono giocare?

«Quello che stanno svolgendo. Solo nell’arco tirrenico i privati hanno piani di investimento nei terminal portuali per circa un miliardo. Il ricambio nel parco veicolare, rallentato negli ultimi mesi a causa delle note incertezze politiche, è stato molto consistente».

Gli operatori privati che lei rappresenta cosa possono e devono fare per modernizzare l’economia del Paese?
«Quello che stanno facendo, magari – come suggerisce l’Ocse – dandosi dimensioni d’impresa più appropriate sia agli impegni finanziari, sia alla contrattazione con i committenti che ormai sono di dimensioni planetarie e quasi oligopolistiche».

Cosa serve per avere una logistica che metta in sinergia competitività e sostenibilità economica, sociale e ambientale?

«Continuare nella cura dell’acqua e del ferro, quest’ultimo per poter andare in Europa con le nostre merci nonostante i divieti svizzeri, francesi e austriaci, i cui cittadini hanno buone ragioni. Aiutare il ricambio veicolare».

Qual è secondo lei il ruolo dei manager in generale nell’economia italiana e ancor più nel suo settore?

«In una Confederazione di 20 diverse federazioni e associazioni posizionate sulla supply chain i manager si rendono disponibili a offrire un contributo unitario e integrato a temi complessi che potrebbero generare conflitti di interesse e quindi debolezze verso i decisori».

Insomma, guardando avanti come vede il nostro futuro nel suo settore?

«Le dimensioni delle aziende del settore, il benchmark di questi anni e la propensione delle aziende ad avere nelle posizioni apicali quadri e non dirigenti non sono confortanti. I cambiamenti in corso però dovrebbero inserire in azienda manager dedicati a nuove e importanti funzioni».

Il tema è sempre caldo: vedi la news sulla firma di Manageritalia Liguria per la gronda di Genova. 

Facebook
LinkedIn
WhatsApp

Potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca