Come è iniziata la sua avventura da ministro delle Politiche agricole e del Turismo?
«I miei primi mesi alla guida del ministero delle Politiche agricole e del Turismo sono stati un quotidiano susseguirsi di impegni e di sfide. Sono consapevole delle responsabilità che mi sono assunto assieme ai colleghi di governo, ma non c’è giorno che non sia orgoglioso, con la mia squadra di lavoro, di farmi carico di compiti e decisioni finalizzati a far crescere il comparto agricolo e turistico, contribuendo a rendere sempre più competitiva l’Italia in mercati complessi e in continua evoluzione».
Agricoltura e turismo insieme, una scelta strategica?
«Una scelta doverosa per un binomio a mio giudizio inscindibile. L’agricoltura e il turismo sono risorse che rendono l’Italia unica in entrambi i campi. La nostra produzione enogastronomica e la nostra offerta turistica non hanno eguali al mondo e il mio compito è di mettere le aziende e gli operatori di settore nelle condizioni migliori per poter lavorare, produrre e contribuire alla crescita del Paese. Non voglio fermarmi a commentare quanto si sarebbe potuto fare in termini decisionali in passato per questi settori, ma voglio concentrarmi su quanto si può e si deve fare per imboccare la strada della modernità, senza rinunciare al bagaglio di tradizioni, peculiarità e valori che rendono unici l’agricoltura e il turismo italiani».
Abbiamo un ministro che è stato in precedenza anche manager nel turismo. Quali i vantaggi?
«I vantaggi consistono proprio nell’esperienza maturata in anni di lavoro a contatto con gli operatori del settore. Le loro esperienze, speranze e aspettative sono le mie, perché maturate al loro fianco, condividendo successi e amarezze. Il mondo del turismo ha bisogno di competenza e di un ministro in grado di sentire e di fare proprie tutte le problematiche della filiera, per saper dettare la linea e individuare le modalità per operare al meglio negli scenari attuali. Oggi l’Italia è la quinta potenza turistica nel mondo, un dato importante, ma si può e si deve fare di più: una rampa di lancio per crescere principalmente sotto il punto di vista della promozione e della considerazione che hanno i turisti, italiani e stranieri, di noi».
Cosa serve al turismo italiano per diventare veramente il nostro petrolio?
«Occorrono diversi ingredienti per elaborare una ricetta perfetta, ma il punto di partenza è sicuramente quello di una consapevolezza piena del nostro immenso potenziale. Una ricchezza che però non deve lasciare spazio alla passività, al pensiero deleterio che tanto, bene o male, siamo una destinazione nella quale il turista “deve” venire a passare le proprie vacanze e spendere il proprio denaro. Niente di più sbagliato. Occorre fare rete tra operatori e condividere un pensiero unico finalizzato all’innovazione dell’offerta, partendo da una base che ci rende avvantaggiati rispetto ad altri, ma che non deve essere un freno alle nuove idee e agli stimoli che ci arrivano da fuori».
Cosa serve perché il nostro sistema di infrastrutture e trasporti supporti davvero uno sviluppo dei territori e del turismo in tutto lo stivale?
«Serve una visione strategica di ampio respiro in grado di sostenere e incentivare la crescita dell’intero sistema infrastrutturale e dei trasporti. Lo sviluppo del territorio è connesso a quello del turismo, che per l’Italia può e deve essere un potente volano di spinta. Il compito del governo è individuare le linee guida per consolidare e innovare il sistema, stando ben attenti a non disperdere energie e fondi».
Forse al turismo serve fare più sistema, avere aziende più grandi e/o che collaborano e lavorano insieme?
«Condivido la necessità di fare sistema, in particolare tra le aziende più grandi e trainanti del settore. Operare in un contesto competitivo non significa necessariamente individuare nel competitor un avversario, ma bisogna saper vedere in lui un soggetto la cui crescita può determinare ricadute positive per tutti gli operatori del comparto. Ragionare pensando solo al proprio orticello è un freno per l’individuazione delle possibilità che quotidianamente il mercato rende disponibili. Non ce lo possiamo permettere. Non ce lo saremmo dovuti permettere in passato e ancor meno oggi, dove si ragiona in termini sempre più macro, non possiamo continuare a guardarci la punta delle scarpe. Se è vero infatti che l’Italia è il prodotto delle sue diversità, è altrettanto vero che la costruzione del brand deve essere quanto più condivisa possibile. Guardo al futuro con ottimismo e allo stesso tempo con realismo e non vedo altra strada da percorrere per il turismo italiano che non sia quello di fare squadra tutti insieme».
Non pensa che serva anche più managerialità e la presenza di più manager nelle aziende e/o nelle attività che condividono e sviluppano insieme?
«Il ruolo di manager competenti è imprescindibile per la crescita a lungo termine delle aziende e dell’intero comparto. Ribadisco che il modo in cui è evoluto il mercato negli anni non consente più spazi di manovra all’improvvisazione e se si vuole avere un futuro bisogna contare su professionalità con studi adatti e competenze di livello maturate nelle aule universitarie e affinate sul campo. Le porto un esempio concreto: la capacità di utilizzo dei big data che stanno modificando sensibilmente l’industria del turismo e dei viaggi. A fronte della mole di dati prodotta quotidianamente dai viaggiatori che organizzano i propri viaggi online, i tour operator sono stati tra i primi a guardare alle potenzialità dei grandi dati per la proposta di nuovi prodotti e nel disegno di servizi sempre più attenti alle esigenze dei consumatori. La gestione di questi dati, finalizzata a una programmazione adeguata, è un compito che va messo nelle mani di chi sa cosa fare di questi numeri, di chi sa come trasformarli in produttività e reddito per le aziende, che siano soggetti privati o dello stato. Qui entra in gioco la capacità manageriale di esperti del settore che sappiano individuare le occasioni che si presentano e che non vanno disperse per mancanza di capacità gestionale».
Quali obiettivi si dà?
«Mi impegnerò per fornire tutti gli strumenti necessari per costrui-
re un dialogo continuo tra chi deve gestire la promozione turistica e chi deve agire anche a sostegno di tutte le imprese del settore. Questo dialogo è e sarà il cardine della mia operatività di governo, incentrato sui temi più urgenti, così come su visioni di lungo periodo».
Come Manageritalia, che rappresenta oltre 35mila manager e tutti quelli del turismo in senso allargato, potrebbe portare un contributo collaborando con il suo ministero, le istituzioni e tutto il sistema?
«35mila manager competenti e preparati sono un tesoro inestimabile a disposizione di tutti noi e dobbiamo avvalerci di queste professionalità desiderose di crescere e di far crescere il sistema. Comunicare, condividere, essere attenti alle proposte è un obbligo e non un’opzione».
Manageritalia sta costituendo una community del turismo che – coinvolgendo i principali esperti e attori del settore – si scambi valore e contribuisca con idee e progetti all’innovazione e allo sviluppo del settore. Che contributo potrebbe dare e come?
«Una community del turismo in grado di coinvolgere tutti i soggetti interessati, un’agorà nella quale incontrarsi per discutere dei grandi progetti legati all’innovazione, è uno strumento utilissimo e confido nell’apporto di esperienze che saprà mettere in campo per favorire lo sviluppo dell’intero settore».