Un anno boom per l’eolico offshore

Nel 2015 il mercato dell’eolico in mare è raddoppiato rispetto all’anno precedente, con oltre 3GW aggiunti. Una tecnologia nuova e costosa, ma con ottime possibilità di sviluppo per i prossimi anni

Le fonti rinnovabili (idroelettrico, eolico, solare, biomasse, geotermico ecc.) generano il 23% dell’elettricità globale. Escludendo l’idroelettrico tradizionale, da sempre una delle fonti preferite, il contributo delle “nuove” rinnovabili si riduce al 6%. Queste percentuali si alzano di molto in Europa, soprattutto per la parte che esclude l’idroelettrico, che è del 16,6%, e si elevano ancor più in Italia, dove le rinnovabili totali rappresentano oltre 1/3 dell’elettricità prodotta e le nuove raggiungono un significativo 21%. Questi dati si riferiscono alla fine del 2014, poiché generalmente sono disponibili a metà anno per l’anno precedente, ma la tendenza è all’aumento. L’eolico tra le nuove fonti è decisamente il più importante a livello mondiale ed europeo, mentre la sua impotenza in Italia è inferiore, stante che nel nostro paese si sono privilegiate le biomasse e il solare fotovoltaico.

La capacità eolica globale ha raggiunto i 432GW a fine 2015 ed è prevalentemente sviluppata a terra. L’offshore, ovvero l’eolico realizzato in mare aperto, costituisce solo il 2,5% delle istallazioni, dato che è una tecnologia relativamente nuova e molto costosa, ma ha delle ottime potenzialità di sviluppo grazie al minor impatto sui valori paesaggistici, tanto rimproverato all’onshore, e alla maggiore potenza dei venti marini. 

Più del 91% delle istallazioni di eolico offshore si trovano nelle acque europee (Mare del Nord, Oceano Atlantico e Mar Baltico), il resto è costituito da progetti dimostrativi al largo delle coste degli Stati Uniti e della Cina, primo mercato al mondo per l’eolico nel suo complesso. In termini di capacità cumulata, la Gran Bretagna è al primo posto (46% del mercato offshore), seguita dalla Germania (30%), dalla Danimarca (12%) e dal Belgio (7%). La Cina ha stabilito un target al 2020 per le istallazioni offshore di 30GW.

Nel 2015 il mercato dell’eolico in mare è raddoppiato rispetto all’anno precedente, con oltre 3GW aggiunti, quasi il 5% della nuova capacità eolica (onshore+offshore) globale. La potenza offshore complessiva è ora di circa 11GW per un totale di 3.230 turbine connesse alla rete. Il mercato è raddoppiato anche in termini di investimenti pari a un record di 13,3mld€, contro i 6,5mld€ del 2014.

Uno dei principali benefici dell’eolico offshore è la maggior risorsa eolica disponibile in mare, che si traduce in livelli più alti di produzione rispetto agli impianti a terra. Poiché l’energia eolica è intermittente, la produzione effettiva annua di una centrale corrisponde a quella della capacità nominale dell’impianto moltiplicata per le ore di vento annuali. In termini tecnici il rapporto tra la generazione elettrica annuale effettiva fornita da un impianto e l’elettricità che l’impianto avrebbe potuto produrre alla piena capacità nello stesso periodo (ossia in assenza di intermittenza) si definisce“load factor”. Questo indicatore rivela l’efficienza di un impianto, individuando le ore annuali di funzionamento del generatore alla potenza nominale. Tra tutte le fonti rinnovabili l’eolico offshore è quello con livelli medi di load factor più elevati (tavola 1).

Le ore di vento medie per i parchi eolici in mare sono circa 3.400, contro le sole 1.900 dell’onshore. La tecnologia del solare fotovoltaico è quella più penalizzata dall’intermittenza, con poco più di 950 ore medie annuali.

Un altro vantaggio dell’offshore è che in mare aperto, dove lo spazio disponibile è considerevolmente superiore alla terra, è possibile istallare delle pale molto più grandi consentendo di migliorare il rapporto tra costi ed efficienza (ovvero è possibile produrre più energia con un minor numero di turbine). Ad oggi la taglia media delle turbine marine è di circa 4,2MW, mentre quella di terra è pari a 2,5-3MW. È notizia degli ultimi giorni che negli USA stiano progettando una turbina eolica gigante da ben 50MW, con pale lunghe circa 200 metri, il doppio di un campo da calcio.

Dato che la maggior parte delle grandi città del Pianeta si trova vicino alla costa, l’offshore, che si presta a sviluppi su vasta scala, rappresenta una soluzione ideale a soddisfare i maggiori centri di domanda poiché non richiede la costruzione di linee di trasmissione lunghe e ingombranti. Oltre a non essere ben visto dalla popolazione locale, un parco eolico a terra richiede notevoli costi di realizzazione in aree densamente popolate dove il valore dei terreni tende ad essere molto alto. 

L’offshore è quindi più potente, più stabile e ha un minore impatto acustico e paesaggistico, anche se il candidato alla Casa Bianca Donald Trump ha lottato a lungo contro l’installazione di pale davanti al suo mega campo da golf di Aberdeen in Scozia, poiché rovinerebbero il panorama per gli ospiti del suo resort. Tuttavia, i costi di sviluppo e manutenzione dell’offshore sono considerevolmente più alti. Mentre in diversi mercati l’elettricità da eolico onshore è già meno costosa rispetto ad alcune fonti convenzionali (con livello minimo di costo al MWh intorno ai 40€/MWh), l’offshore oggi parte da un valore minimo di costo al MWh di 120€/MWh a un massimo di quasi 270€/MWh e secondo alcuni potrebbe scendere a 90€/MWh nei prossimi anni. Tale riduzione avverrebbe grazie all’impiego di turbine di taglia sempre più grande, che farebbe risparmiare dal 9% al 17% del costo totale, e all’aumento della concorrenza e dei volumi di mercato nei prossimi anni.

Le aziende leader del settore offshore sono la tedesca Siemens, che detiene il 63% del mercato (quote di mercato in termini di istallazioni annuali nette connesse alla rete elettrica), seguita da MHI Vestas (17%), la joint venture focalizzata sull’offshore tra il produttore di turbine danese Vestas e la giapponese Mitsubishi, Adwen (14,5%), altra join venture offshore tra la spagnola Gamesa e la francese Areva, e la tedesca Senvion (5,8%). 

Il più grande parco eolico del Pianeta è il London Array: situato in mare aperto a 20km dalla costa sull’estuario del Tamigi in Inghilterra, è operativo dall’aprile 2013 con capacità complessiva pari a 1GW. La utility danese Dong sta lavorando alla realizzazione di un parco ancora più grande (1,2GW) al largo delle coste dello Yorkshire che dovrebbe essere completo entro i prossimi 5 anni.

Secondo l’EWEA, che prevede oltre i 20GW al 2020, il mercato offshore ha buone prospettive di sviluppo, ma tutto dipenderà dal successo che avranno gli operatori nella riduzione dei costi di costruzione e gestione dei parchi e dagli obiettivi e incentivi che fisseranno i governi nazionali per stimolare il settore.

Facebook
LinkedIn
WhatsApp

Potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca