Patto di non concorrenza e diritto di opzione

Il diritto di opzione è una clausola accessoria apponibile al patto di non concorrenza. Esaminiamo i profili di criticità e gli orientamenti giurisprudenziali.
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In un precedente articolo del nostro Focus abbiamo trattato il patto di non concorrenza e la clausola di recesso unilaterale del datore di lavoro.

In tale occasione vogliamo discutere brevemente del patto di opzione di cui all’art. 1331 Codice civile, ossia la clausola accessoria con cui le parti stabiliscono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione irrevocabile mentre l’altra abbia facoltà di accettarla o meno entro un determinato termine. L’opzione, applicata al patto di non concorrenza, darebbe al datore di lavoro la possibilità di differire unilateralmente l’efficacia del patto, mentre il lavoratore rimarrebbe soggetto a quanto dichiarato.

Appaiono evidenti i profili di criticità riguardo alla compatibilità di tale clausola con le esigenze di tutela del dipendente, parte debole del rapporto: si pensi al lavoratore che, dopo aver dato le dimissioni per accettare un’offerta da un concorrente, scopra che il datore di lavoro intende far valere il patto di non concorrenza, o viceversa al lavoratore che abbia rifiutato altre offerte lavorative da concorrenti e venga poi licenziato dal proprio datore che però non vuole far uso dell’opzione.

La giurisprudenza è stata nel tempo oscillante nel riconoscere o meno l’ammissibilità di tale clausola contrattuale, e la questione è ancora oggi molto dibattuta.

Un primo orientamento si è mostrato contrario al riconoscimento della compatibilità dell’opzione con i limiti del patto di non concorrenza, ritenendo che la clausola fosse nulla per contrasto a norme imperative (Cassazione n. 212/2013). Una simile pattuizione attribuita al datore di lavoro genererebbe una notevole sproporzione tra le parti (Cassazione n. 9491/2003), impedendo al dipendente di pianificare con certezza le proprie scelte lavorative. L’orientamento successivo, muovendo da una qualificazione giuridica del patto di opzione differente rispetto alla clausola di recesso unilaterale, ne ha invece sostenuto la legittimità. In particolare, la Cassazione ha affermato che l’opzione determina un diritto potestativo che si concretizza solo con l’esercizio manifesto da parte del datore di lavoro entro il termine fissato dalle parti. Se l’opzione non viene esercitata, il patto di non concorrenza diventa inefficace, liberando sia il lavoratore dagli obblighi sia il datore di lavoro dal pagamento previsto (Cassazione n. 25462/2017). Non si tratterebbe, quindi, di un recesso unilaterale illegittimo, poiché l’accordo di non concorrenza resta non concluso finché il beneficiario dell’opzione non esprime la sua volontà di avvalersi del patto entro il termine stabilito.

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