Il trend emerge dall’ultimo REPORT SUI MANAGER PRIVATI, CON UN FOCUS SULLE DONNE (clicca qui per leggere la versione integrale), elaborato da Manageritalia sugli ultimi dati ufficiali resi disponibili dall’Inps relativi al 2021. Prosegue la marcia delle donne (+13,5% vs 3,6% degli uomini), così come del Terziario (+9%) rispetto all’industria (+1%). Cresce anche il Sud, storicamente sotto-managerializzato. Confortanti anche i primi numeri sui soli dirigenti del terziario relativi al 2022: +8,3% in totale e +12% le donne.
Nel 2021 i dirigenti privati italiani aumentano del 5,4%. Un incremento che fa il paio con il punto percentuale in più registrato nei due anni precedenti, arrivato dopo il forte calo (-5%) che ha caratterizzato i precedenti dieci anni (2008/2018). Un dato che la dice lunga sulle colpe che la scarsa managerializzazione ha avuto nell’asfittica crescita di Pil, occupazione e retribuzioni degli ultimi decenni.
La crescita registrata nel 2021 ha avuto una spinta significativa dalle donne: +13,5% rispetto a 3,6% degli uomini. Questo è confermato anche dai dati del 2022 riferiti ai soli dirigenti del terziario di Manageritalia, che crescono dell’8,3%: +7,3% gli uomini e +12% le donne.
Un’ulteriore conferma del trend in atto da qualche anno, ovvero la significativa rincorsa verso la parità da parte delle donne manager, cresciute del 77% dal 2008 al 2021 e oggi pari al 20,5% del totale (19,1% nel 2020). Il settore terziario è sempre più “rosa” (24,7%) rispetto all’industria (15,1%).
L’avanzata delle donne dirigenti determina un loro maggior peso nelle coorti di dirigenti più giovani (39% tra gli under 35 e 31% tra gli under 40) rispetto al totale (20,5%) e tra i quadri, che sono i candidati alla dirigenza. È quindi evidente che le donne sono spinte dal ricambio generazionale, che vede uscire soprattutto manager uomini in fasce d’età più elevate ed entrare più donne in quelle più giovani.
«La crescita dei dirigenti guidata dalle donne è – dice Mario Mantovani presidente Manageritalia – un doppio segnale positivo per il nostro Paese perché evidenzia come le imprese e gli imprenditori abbiano capito che per competere ci vuole più managerialità e che questa deve e può essere anche femminile. Un viatico positivo per colmare un doppio gap della nostra economia, la scarsa competitività di troppe imprese prive di manager esterni e la limitata presenza di donne ai vertici».
«Più donne al lavoro e più donne ai vertici sono – aggiunge Luisa Quarta, coordinatrice Gruppo Donne Manager Manageritalia – uno degli ingredienti per crescere, come dimostrano tante indagini ed esperienze internazionali. Ma c’è di più, le donne manager possono avere un ruolo determinante per cambiare l’organizzazione del lavoro e portarla verso quel lavoro intelligente, più capace di coniugare vita professionale e privata, produttività e benessere di persone e aziende. E come ormai tutti capiscono, la trasformazione digitale e quella del lavoro sono due fattori competitivi determinanti per le nostre imprese e, più in generale, per lo sviluppo economico e sociale del paese, che non possiamo permetterci di perdere. Allora facciamolo e diamo ruolo alle donne manager, ma più in generale a tutte le donne nel lavoro».
L’aumento dei dirigenti nel 2021 coinvolge tutte le regioni italiane, con la sola eccezione della Valle d’Aosta (-1%). Un buon segnale arriva dalle regioni del Sud, storicamente più “sottomanagerializzate”, dove si segnala addirittura una crescita in doppia cifra: Calabria (+67,3%), Basilicata (+22,4%), Campania (+15,7%) e Puglia (+13,2%). Crescono anche le altre regioni, dove si registra già una forte presenza di manager: Lombardia (+4,3%), Piemonte (+7,2%), Veneto (+8,2%) e Toscana (+8,7%).
La Regione con la percentuale più elevata di donne in posizioni dirigenziali è la Sicilia (26,9%), seguita nell’ordine da Lazio (26,5%), Calabria (25,1%), Molise (23,1%) e Lombardia (22,5%). Agli ultimi tre posti Trentino-Alto Adige (10,6%), Umbria (12,4%) e Friuli-Venezia Giulia (13,1%). L’alta percentuale di donne nelle regioni del sud si deve al bassissimo numero di dirigenti, più che da una reale apertura alle donne ai vertici. Tra le province più “rosa” prevale Milano con 9.728 donne dirigenti, seguita da Roma (4.926) e Torino (1.343) a chiudere il podio. Osservando invece il peso percentuale delle donne dirigenti, prevalgono alcune province del sud e/o minori, spesso caratterizzate da un bassissimo numero di dirigenti in assoluto e, quindi, facilmente influenzabili da vari fattori. In questo caso, al primo posto c’è Enna, con le donne dirigenti (56,6%) che superano addirittura gli uomini, seguita da Pavia (35,6%) e Catanzaro (31,1%). Di fatto, tra le grandi province, Roma, dove le donne pesano il 26,7%, prevale su Milano (23,2%) e Torino (18,9%).
Il settore del Terziario ha registrato un maggiore aumento dei dirigenti privati (+9%) rispetto all’Industria (+1%). Terziario che, se guardiamo più indietro (2015, per avere una classificazione omogenea in base ai codici Ateco), è stato l’unico a crescere nella componente manageriale dal 2015 a oggi (+17%), a fronte del calo dell’Industria (-1%). A crescere di più sono comparti quali Istruzione, Servizi alle imprese e Servizi di informazione e comunicazione. Il Terziario privato è anche il settore che conta una maggiore presenza femminile; basti pensare che nella Sanità e assistenza sociale le donne dirigenti (50,8%) superano i colleghi e sono il 42,2% nell’Istruzione, il 29% nei servizi di Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese e il 27,4% nelle altre attività di servizi.
Il trend positivo si conferma anche nel 2022. I dati relativi al solo Terziario privato, infatti, confermano la crescita con un +8,3%: +7,3% degli uomini e +12% delle donne. Una conferma sia della crescita in atto, sia dell’aumento della componente femminile, che pesa per il 21,5%.