Solo nel 2019 in Italia coloro che lavoravano in smart working erano 570.000 (+20% rispetto il 2018). Un dato che diventa misero se lo si confronta con quello degli scorsi mesi quando, causa lockdown, i lavoratori che hanno adottato una simile soluzione sono stati 8 milioni. (+1400%).
Sebbene oggi molti siano tornati in ufficio, sono diverse le aziende che stanno continuando ad adottare il lavoro agile come modello organizzativo da integrare e proseguire anche oltre l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo. In appena un anno le aziende hanno affrontato un cambiamento strutturale che forse avremmo visto in 5 anni. Bisogna comunque tenere a mente che la realtà italiana si discosta ancora molto da quella estera, dove le aziende si sono già da tempo dimostrate più recettive nei confronti dello smart working.
Quello che bisogna chiarire, e che spesso ha causato un forte pregiudizio verso questa modalità di lavoro, è che smart working non significa semplicemente “lavorare da casa”. Si tratta invece di una nuova filosofia manageriale che si basa sulla flessibilità di scelta da parte delle persone degli spazi e degli orari di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.
È chiaro quindi che per lavorare efficacemente da remoto occorrono nuove metodologie di gestione, nuovi strumenti di lavoro e una nuova mentalità di team. È così che prende forma il remote project management, la disciplina che nasce proprio per rispondere a questi nuovi bisogni di organizzazione da parte delle aziende e di cui solo ora si sta iniziando a parlare in Italia, seppur ancora troppo timidamente.
Identikit del remote project manager
Ma in concreto chi è cosa fa il remote project manager? Sinteticamente, possiamo definirlo come un project manager specializzato nella gestione di risorse da remoto. Una figura capace di gestire efficacemente i collaboratori in smart working, i fornitori esterni e i clienti che si trovano in diversi luoghi e sono attivi su differenti fusi orari. Normalmente si tratta di un project manager aziendale che, trovandosi a gestire sempre più collaboratori da remoto (fuori dall’azienda), acquisisce delle nuove skills particolari per il remote project management. Altre volte sono membri stessi dei team che già lavorano da remoto e che decidono di acquisire delle skills manageriali.
Dalla mia esperienza professionale, come project manager in azienda prima e come fondatore della mia azienda 100% remota poi, posso dire che il passaggio da manager in presenza a manager in remoto può comportare inizialmente non poche difficoltà
.
Per il manager, che si occupa di coordinare le risorse per raggiungere gli obiettivi di progetto, man mano che aumentano i lavoratori in remoto del proprio team, aumentano le difficoltà di gestione. Basti pensare alla necessità di sapere cosa c’è da fare in ogni momento, chi sta facendo cosa e a che punto sono i lavori a fine giornata. Lavorare da diversi luoghi e in diversi orari spesso porta a un aumento della produttività delle persone, ma allo stesso tempo può comportare delle difficoltà nelle comunicazioni e nel coordinamento.
Occorre quindi adottare nuove metodologie per gestire le attività, nuovi strumenti di lavoro per migliorare la comunicazione e nuovi approcci al lavoro per affiatare il team.
Si instaura così un nuovo modello di management non più basato sul controllo ma, invece, sulla fiducia e sulla responsabilità delle persone.
Ma cosa porta il remote project manager in azienda?
Questa figura specializzata conosce le nuove metodologie per la gestione dei progetti adatte al lavoro remoto. Inoltre è un esperto di tutti gli strumenti che consentono di lavorare e comunicare in remoto efficacemente. Infine possiede una particolare mentalità ed è in grado di trasmetterla per creare un team remoto coeso e motivato. Vediamo quindi nello specifico le sue tre aree di expertise.
Metodologie di gestione. Ossia i processi prestabiliti che utilizzerà per gestire i progetti da remoto. In primis le metodologie Agile, ideali per la gestione di progetti da remoto. Una su tutte Scrum. Questa metodologia permette di avere una bacheca condivisa dove vengono elencate tutte le attività da fare, le attività in corso e le attività completate. Un collettore imprescindibile per far sì che tutti siano allineati in qualsiasi orario e da qualsiasi luogo.
Strumenti di gestione. Il remote project manager è sicuramente un esperto per quanto riguarda gli strumenti utili per la collaborazione da remoto. Questi possono essere classificati all’interno di quattro macro aree: strumenti per la comunicazione, quindi videochiamate (come Zoom o Skype) e chat (come Slack o Telegram); strumenti per la gestione delle attività (come ad esempio Trello o Asana); strumenti per i tracciamenti e il time tracking, come Toggl, o analisi dei dati, come Data Studio, e, infine, strumenti di produzione, ossia tutti quegli strumenti che ci permettono di produrre documenti, fogli di calcolo o presentazioni in cloud. In questa categoria, ad esempio, a farla da padrone è sicuramente Google Suite.
Mentalità per il lavoro remoto. Quando si lavora a distanza la nostra “intelligenza emotiva” è messa a dura prova. Ecco che, sia per il manager sia per i membri del team di lavoro, diventa fondamentale possedere una determinata mentalità per lavorare con successo in smart working. Non essendoci uno stretto controllo fisico, occorre che ogni membro del team si prenda la responsabilità per il proprio lavoro e per il raggiungimento degli obiettivi comuni. La leadership da remoto si realizza anch’essa con una forma distribuita. In base alle situazioni a guidare il team sarà il membro più esperto in quella situazione. Mentre il remote project manager si deve occupare di rimuovere gli ostacoli al lavoro del team.
Uno sguardo al futuro del mondo del lavoro
Sono convinto che stiamo assistendo ad un cambiamento epocale nella nostra società, nei rapporti di lavoro e nel cosiddetto work-life balance. Mi sembra evidente infatti che, se la tendenza al lavoro agile continuerà e si sedimenterà nella nostra cultura, si andrà incontro ad un mondo del lavoro “liquido”. Una dimensione lavorativa dove a fare la differenza non saranno più gli asset fisici dell’azienda, bensì la sua capacità di coordinare la rete di risorse per raggiungere i propri obiettivi. In questo scenario, la figura cardine che saprà gestire e mettere a frutto il knowhow aziendale sarà proprio il remote project manager.