3 aspetti da valutare prima di firmare un contratto di lavoro

Un manager, quadro o dirigente, dovrebbe badare ad alcuni punti salienti prima di sottoscrivere un contratto con un nuovo datore di lavoro.

Abbiamo trovato un nuovo incarico e, dopo le varie fasi di approccio, selezione e accordo di massima, è arrivato il giorno della firma del contratto di lavoro.

Siamo arrivati pronti a questo importante momento? Durante e dopo la trattativa ci siamo consultati con un esperto, meglio se dell’organizzazione firmataria del ccnl che ci applicheranno? Se non l’abbiamo fatto, male. Ma siamo sempre in tempo per farlo, anche rimandando la firma per consultarci e poi chiedere che vengano eventualmente apportate modifiche/integrazioni al contratto da firmare. 

E in ogni caso per un manager, dirigente o quadro che sia, è importante conoscere gli aspetti da valutare bene prima di sottoscrivere un contratto di lavoro.

I punti salienti sono:

  1. Il rinvio al Contratto collettivo di lavoro applicato. Il contratto collettivo garantisce al manager tutele, garanzie, trattamenti economici e normativi non derogabili in pejus dagli accordi individuali contenuti nella lettera di assunzione. Ma è bene conoscerli e farseli applicare a ragion veduta.
  2. La retribuzione variabile. Oggi la parte di retribuzione legata ai risultati conseguiti entra nella quasi totalità dei contratti di un manager. In questo caso bisogna considerare due aspetti fondamentali. I contratti collettivi e la legge non disciplinano le modalità di determinazione della retribuzione variabile, spetta quindi al contratto di assunzione (o a suoi allegati) la definizione di ogni aspetto. La formulazione dell’obiettivo e il parametro a cui è legato il suo raggiungimento devono quindi essere chiari, verificabili e valutati avendo accesso a queste informazioni al momento dell’assunzione.
  3. Il patto di non concorrenza. Anche questo viene in genere inserito e sottoscritto in fase di contrattazione individuale. Con il patto di non concorrenza il datore di lavoro si obbliga a corrispondere una somma di denaro al manager a fronte dell’impegno a non svolgere attività concorrenziale in un territorio circoscritto e per un periodo di tempo determinato, successivo alla cessazione del rapporto di lavoro. Le conseguenze del mancato rispetto da parte del manager sono pesanti, costose e limitanti. È quindi bene valutarne i contenuti e i risvolti prima di firmarlo.

Questi i principali punti da valutare – sempre con l’aiuto di un consulente esperto quali quelli presenti nelle Associazioni territoriali di Manageritalia – che qui sotto esplicitiamo facendo riferimento a un incarico come dirigente del terziario.

Il rinvio esplicito al Contratto collettivo nazionale per i dirigenti Manageritalia
La principale fonte normativa che disciplina il rapporto di lavoro del dirigente è costituita dal contratto collettivo nazionale (Ccnl) firmato da Manageritalia.

Il rinvio espresso alla contrattazione collettiva nazionale contenuto nella lettera di assunzione fa sì che ogni pattuizione peggiorativa in essa contenuta rispetto alle previsioni del Ccnl venga sostituita di diritto dalle clausole collettive. Saranno possibili solo trattamenti migliorativi.

La retribuzione variabile
Sempre più spesso i contratti di assunzione contemplano, accanto alla retribuzione fissa, anche una componente variabile. Negli ultimi anni proprio la retribuzione variabile ha avuto una grande diffusione quale strumento di partecipazione del lavoratore al rischio d’impresa.

Tale componente per i dirigenti può diventare anche estremamente significativa, soprattutto quando si opera in ambito commerciale. 

Uno degli errori più comuni in cui incorre il dirigente in fase di sottoscrizione della lettera è accontentarsi di un semplice rinvio a obiettivi che verranno assegnati in un momento successivo. Il contenzioso che scaturisce da una formulazione così vaga è infinito. 

Infatti, una volta iniziato il rapporto di lavoro il rischio è che l’azienda “dimentichi” di comunicare l’obiettivo (o lo comunichi in ritardo) oppure ne assegni di irraggiungibili, poco realistici o il cui conseguimento sia difficilmente verificabile. Di fatto privando il dirigente di una parte importante della sua retribuzione.

Aleatorietà non vuol dire discrezionalità e un attento controllo sulla parte variabile è sempre opportuno.

Il Patto di non concorrenza
In genere il patto è contenuto nella lettera di assunzione e il dirigente spesso lo sottoscrive sottovalutandone il carattere restrittivo e, soprattutto, le conseguenze. 

La violazione dell’obbligo assunto, infatti, comporta il diritto della società a ottenere le somme eventualmente già versate a titolo di corrispettivo in corso di rapporto, la penale pattuita e a chiedere comunque il risarcimento dei danni ulteriori. 

Molti dirigenti pensano che, trattandosi di un semplice risarcimento economico, il problema della violazione del Patto sia facilmente superabile negoziando con la nuova società concorrente la rifusione dell’eventuale penale. 

In realtà non tutti sanno che il datore di lavoro, per ottenere l’adempimento del Patto, oltre al risarcimento del danno economico, può instaurare un giudizio diretto a ottenere l’immediata interruzione da parte del dirigente dell’attività concorrente, con conseguente perdita del nuovo posto di lavoro.

Proprio perché diretto a proteggere il knowhow aziendale, vale la pena sottolineare che il Patto è operativo in qualsiasi caso di risoluzione del rapporto, dimissioni o licenziamento. Quindi anche in caso di licenziamento intimato durante il periodo di prova.

Potrebbe verificarsi la situazione paradossale, ma non rara, in cui un rapporto di 6 mesi interrotto dalla società per mancato superamento del periodo di prova “blocchi” il dirigente per un periodo successivo, che può arrivare fino a 5 anni.

È consigliabile, pertanto, in fase di negoziazione dell’assunzione, una verifica sul contenuto del Patto, sulla sua validità e sul suo ambito di applicazione. 

Essere ben consapevoli del perimetro dell’impegno assunto potrebbe rivelarsi fondamentale anche per valutare le future proposte lavorative.

Insomma, dobbiamo agire managerialmente anche e soprattutto per la nostra professione. Quindi, quando si entra, quando si sta e quando si esce da un incarico, quando le cose vanno bene e quando vanno male non agiamo da “manager fai da te”, ma consultiamoci sempre con gli esperti del caso. Quelli di Manageritalia vi aspettano in Associazione e/o con il comodo portale di consulenza online AskMit.

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