Ho la febbre e vado al lavoro. Ho
la febbre e vado a scuola. Ho la febbre e vado in treno. Ho la febbre e vado in palestra. Ho la febbre e vado al ristorante. Ho la febbre e vado a fare la spesa. Prendo una Tachipirina, incurante degli effetti collaterali del paracetamolo (l’avvelenamento da sovradosaggio da paracetamolo è molto diffuso in Usa, per esempio), ed eccomi di nuovo in pista, efficiente e baldanzoso, si balla ragazzi! Mal di testa, nausea, cervicale, dolori mestruali o muscolari ma chi se ne frega, prendo una bella pillolina e riparto in quarta senza rinunciare a niente.
Per anni siamo stati bombardati da spot pubblicitari
che incitavano all’attivismo, per, parafrasando lo spot Denim, ogni uomo (e donna) che non deve chiedere mai di fermarsi. Fermi tutti, questo accadeva ieri. Oggi il coronavirus ci ha fatto capire che quello stile di vita è insostenibile e probabilmente lo è sempre stato.
Per vivere nel futuro, e nella futura
normalità, forse dovremmo fare un salto nel passato. Quando ero piccolo e avevo la febbre mia madre mi obbligava a letto in un totale e pigro isolamento fatto di tanti giornaletti e brodi caldi.
La convalescenza era la norma, così come il pieno recupero prima di tornare fuori, alla vita di tutti i
giorni. Ecco, queste cose vanno recuperate. Benessere personale e aziendale sono fondamentali per la produttività, soprattutto ora. Si parla tanto in questo momento, e a ragion veduta, di burnout management e resilience management. Ma parlare non basta, bisogna anche agire. Il Covid-19 è stress test ma è anche (dovrebbe essere) un test per la resilienza organizzativa. Per adattarsi e sopravvivere a questi continui tsunami (sanitari o climatici) urge una vera visione olistica della salute individuale, ambientale e gestionale. E basta febbre in ufficio!
DALL’ULTIMO NUMERO DI DIRIGIBILE, L’INSERTO DELLA RIVISTA DIRIGENTE DEDICATO ALL’INNOVAZIONE, AGLI SCENARI E ALLE OPPORTUNITÀ DI UN FUTURO CHE È GIÀ PRESENTE.