Nel febbraio 2019 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della legge delega 155/17).
Da fallimento a liquidazione giudiziale
Come in altri paesi europei si sostituisce la parola “fallimento” con l’espressione “liquidazione giudiziale”, per evitare l’esposizione all’attenzione e riprovazione sociale che un fallimento d’impresa porta sempre con sé. Inoltre, il nuovo co-
dice introduce nel nostro ordinamento un “sistema di allerta” finalizzato a far emergere tempestivamente la crisi, in un’ottica di risanamento dell’impresa e di continuità dell’attività aziendale.
La riforma comporta quindi che gli stessi imprenditori si debbano dotare di un assetto organizzativo adeguato per la rilevazione di eventuali segnali di crisi, per l’assunzione immediata di misure e strategie idonee al ravvisarsi delle prime criticità e per riportare l’impresa in equilibrio economico o finanziario. Ma chi si occuperà di attivare e gestire l’allerta?
Procedura d’allerta
Ai primi segnali di difficoltà dell’impresa l’imprenditore dovrà “attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale” (art. 375, comma 2, del decreto legislativo 14/19, che riforma l’art. 2086 del codice civile). Quando però – nonostante gli sforzi dell’imprenditore – lo stato di crisi aziendale dovesse permanere (ovvero nel caso in cui i flussi di cassa non riuscissero a far fronte regolarmente alle obbligazioni in essere), scatterà la “procedura di allerta”. L’allerta potrà essere attivata dall’imprenditore, dal collegio sindacale o dal revisore, come anche dall’Agenzia delle entrate e dall’Inps.
Saranno gli Organismi di composizione della crisi d’impresa (Ocri), istituiti presso le Camere di commercio, a essere incaricati di gestire tale procedura per 3/6 mesi e di trovare un accordo tra i creditori evitando che la crisi sbocchi in una vera e propria insolvenza.
Il referente dell’Ocri (il segretario generale della Camera di commercio territoriale) si avvarrà, a tale scopo, di una terna di esperti (il collegio di composizione assistita) scelti nell’ambito di un albo istituito presso il ministero di Grazia e Giustizia, tra soggetti che hanno determinati requisiti di professionalità, esperienza e indipendenza necessari per l’iscrizione all’albo.
Tra le professionalità che potranno iscriversi all’albo, ci saranno anche “coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società di capitali e cooperative, i quali devono dimostrare adeguate capacità imprenditoriali”, ovvero figure manageriali.
Certificazione
degli esperti aziendalisti
Dopo l’approvazione della riforma, Unioncamere si è rivolta a Manageritalia, rilevando come per questi profili fosse necessario individuare un percorso di qualificazione o di certificazione. A differenza degli altri soggetti, tutti appartenenti alle professioni ordinistiche, infatti, per i manager la legge non prevede requisiti di competenza particolari, ma solo il possesso di adeguate capacità imprenditoriali. Abbiamo provveduto quindi a elaborare con Unioncamere una bozza di disciplinare per la certificazione degli esperti aziendalisti che intendano essere inseriti nel “collegio di composizione assistita” presso l’Ocri. Non dovranno essere necessariamente esperti di turnaround, con competenze specialistiche in materia fallimentare, ma potranno essere anche esperti di organizzazione aziendale, business planning, consulenza di direzione ecc. La legge, infatti, ha già previsto che nel collegio figurino esperti legali, commercialisti e contabili, ma intende affiancare a tali figure specialistiche un manager che possa presentare piani industriali credibili e affidabili per salvaguardare l’attività aziendale e assicurarne la continuità.
Nel disciplinare abbiamo previsto requisiti di competenza e di esperienza manageriale, nonché un sistema di asseverazione imparziale che sarà compiuto da un ente di certificazione, il quale dovrà garantire terzietà e rigore nel processo di verifica della conformità di quanto dichiarato dal manager rispetto a quanto richiesto dalla normativa e dal disciplinare stesso.
Gli step e i nostri modelli
In questi giorni lanceremo un sondaggio per testare quanti – tra i nostri associati – potrebbero essere interessati a ricoprire un ruolo manageriale per la gestione delle crisi d’impresa.
L’iniziativa che stiamo portando avanti con Unioncamere si inserisce in un progetto più ampio, un sistema di certificazione delle competenze manageriali che consenta l’accesso ad albi distinti. Un progetto che ha avuto come primo step l’accreditamento degli Innovation manager (voucher per l’Innovation manager), come sopra già ricordato, con la formazione di un elenco in house tramite il processo di selezione compiuto dall’agenzia del lavoro XLabor. E che avrà come secondo step la messa in opera di un processo di certificazione degli Innovation manager, quindi da semplice qualificazione a una vera e propria certificazione tramite un partner esterno.
La nostra idea è quella di prevedere percorsi, anche differenziati, che portino a certificare il possesso di qualifiche diverse: dopo quella dell’Innovation manager, quella dell’esperto di crisi aziendale, a seguire quella dell’export manager, del destination manager, un giorno anche quella di HR, o del manager per la gestione dei beni confiscati alla mafia e via dicendo.
Immagino un modello ad alveare formato da una base di mattoncini uguali e che poi si differenzia a seconda del percorso che si vuole seguire. Un database che rappresenterebbe un’interessante evoluzione della nostra banca dati “Manager & Mercato del lavoro”, ma che avrebbe come output finale la realizzazione di più albi “certificati”. Un bel progetto, al quale stiamo già lavorando. Ma per farlo abbiamo bisogno di te!