Cida: riformare gli ammortizzatori sociali, estenderli ai manager

La proposta Cida all'audizione con la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo

Roma, 7 agosto 2020. “Occorre passare dall’emergenza ad una riforma strutturale degli ammortizzatori sociali, al fine di superare i cosiddetti ‘interventi tampone’ (sostanzialmente condivisibili, tenuto conto dell’eccezionalità e dell’imprevedibilità della situazione, ma anche distorsivi del mercato) e risolvere il paradosso che esclude i dirigenti da questa forma solidaristica”. Questa la posizione espressa da CIDA, la confederazione dei dirigenti e delle alte professionalità, durante un’audizione con la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, alla quale è stato consegnato un documento sulla riforma degli ammortizzatori sociali, nel quale viene avanzata una proposta concreta per introdurre un unico strumento nazionale valido per tutti i lavoratori disoccupati.

“Riteniamo necessaria una riforma degli ammortizzatori sociali, finalizzata a dare maggiori garanzie del lavoro, soprattutto per i giovani, e non del posto fisso – sostiene la CIDA – mediante politiche attive a sostegno della ricollocazione e della mobilità professionale verso le reali richieste del mercato del lavoro più che attraverso misure meramente assistenziali. Tale materia andrebbe coordinata con gli strumenti del welfare di categoria messi a disposizione attraverso gli Enti bilaterali. In generale, una riforma degli ammortizzatori sociali dovrebbe essere inserita in uno scenario dove sia facile trovare lavoro quando lo si perde e in cui sia possibile governare il cambiamento prevenendo l’obsolescenza delle competenze. E lo Stato dovrebbe proporre soluzioni innovative che tutelino il lavoratore lungo tutto l’arco della vita lavorativa, non gravino solo sul bilancio dello Stato, ma siano frutto di condivisione, tramite il CCNL, tra lavoratori e datori di lavoro.

“Da queste considerazioni – continua la confederazione dei dirigenti – occorre poi declinare casi concreti, mirati ai problemi della categoria dei manager che risultano esclusi dalle forme di integrazione salariale applicate agli altri lavoratori pur versando, paradossalmente, la relativa contribuzione all’Inps. Eppure, i dirigenti sono stati anch’essi colpiti da riduzioni di personale o da procedure di licenziamento, causate dal Covid-19. Chiediamo l’introduzione, in via sperimentale, di uno strumento di sostegno ad hoc con cui affrontare l’impatto economico di questa emergenza e a salvaguardia della occupazione manageriale: un fondo speciale per il sostegno del reddito e dell’occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale dirigente delle aziende del settore privato. E, nell’ambito del servizio di assistenza alla ricollocazione per i soggetti disoccupati, andrebbe poi istituito un elenco nazionale di dirigenti in servizio e in quiescenza disposti a svolgere una attività di formazione e tutoraggio.

Venendo alla proposta concreta, la situazione di crisi occupazionale, l’esigenza di affrontare la scadenza degli ammortizzatori sociali ed il rischio dell’aumento della disoccupazione, impongono la necessità di predisporre una misura nazionale di riferimento di politica attiva, che costituisca lo strumento di base per la garanzia della condizionalità tra politiche passive ed attive. Per CIDA occorre quindi intervenire attraverso la riforma dell’assegno di ricollocazione per definire una nuova e più completa misura nazionale di riferimento per le politiche attive. Trattandosi di una misura di politica attiva, questa opera nell’ambito della legislazione concorrente tra Stato e Regioni, medesime modalità previste dal sistema Garanzia giovani per gli under 29.

“Se l’obiettivo della politica è quello di ‘tendere’ alla piena occupazione, la riforma del sistema degli ammortizzatori sociali deve andare in parallelo con la revisione del sistema dei servizi per il lavoro, normalmente composto dal binomio pubblico-privato, che oggi soffre della presenza di venti sistemi regionali di governance delle politiche per il lavoro diversi, con evidenti difficoltà di indirizzo da parte dello Stato. Occorre quindi migliorare e qualificare le collaborazioni Stato/Regione e pubblico/privato finalizzandole al raggiungimento di obiettivi comuni, superando le dispute sulle competenze e spostando l’attenzione su una progettazione congiunta di programmi, misure e servizi con obiettivi condivisi, concreti e misurabili, sull’intero territorio nazionale, garantendo diritti ed opportunità per tutti i lavoratori”, conclude la CIDA.

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