Il primo elemento a cui guardare, prima di addentrarsi nella ricostruzione della storia recente dei dati, è l’andamento dell’ultimo anno disponibile, che appare particolarmente positivo. Si tratta, certo, di un dato che beneficia del trend di ripresa post-pandemico ma che non era scontato, considerato proprio quanto le donne siano state penalizzate nella fase iniziale della pandemia.
L’andamento del tasso di occupazione femminile nei 4 trimestri del 2021 mostra infatti una crescita di 3,7 punti percentuali dal primo al quarto trimestre. Considerando l’andamento del tasso di occupazione femminile con quello maschile dal 2018 al 2021, per mostrare nel medio periodo anche gli effetti della pandemia, si rileva che quello maschile è per ogni anno solidamente superiore a quello femminile. Negli anni sia il tasso femminile sia quello maschile hanno registrato una contrazione di qualche punto percentuale. Il tasso di occupazione femminile è passato dal 49,6% del 2018 al 49,4% del 2021. Nel 2021 il tasso di occupazione femminile è inferiore a quello maschile di 17,7 punti percentuali, nel 2018 era invece inferiore di 18 punti percentuali, in entrambi i casi una distanza importante che denota una criticità del mercato del lavoro italiano e che contribuisce al livello (basso) del tasso di occupazione complessivo.
Basta infatti comparare il tasso di occupazione femminile con quanto registrato in altri paesi dell’Unione Europea per comprenderlo in modo semplice. I dati mostrano infatti come in Svezia, Danimarca, Germania e Finlandia il tasso di occupazione femminile sia superiore al 70%. La media europea si attesta attorno al 63,4% e l’Italia registra un tasso di occupazione inferiore di 14 punti percentuali rispetto alla media.
Il dato comparato è importante premessa all’osservazione dell’andamento della serie storica del tasso di occupazione femminile che mostra una crescita costante dal 2013 al 2019, seguita, tra il 2019 e il 2020 da una contrazione di 1,1 punti percentuali connessa alla pandemia. Un andamento quindi positivo che mostra dati ampiamente in recupero rispetto alla fase pre-crisi del 2008 e rispetto agli anni più difficili della crisi stessa ma che, allo stesso tempo, distanzia ancora fortemente l’Italia dagli altri paesi europei.
Osservando il tasso di occupazione femminile (15-64 anni) nelle singole regioni italiane per l’anno 2021, si evince che la Valle d’Aosta (63,2%) è la regione che registra la percentuale più alta, seguita dal Trentino-Alto Adige (62,6%) e dalla Emilia-Romagna (61,6%). La Campania e la Sicilia sono le regioni con il più basso tasso di occupazione (29,1%). In generale si rileva come siano le regioni del Sud a registrare percentuali più basse di occupazione femminile con picchi nei quali meno di un terzo delle donne tra i 15 e i 64 anni ha un impiego.
Analizzando il tasso di disoccupazione femminile nei 4 trimestri del 2021, si rileva una diminuzione dal primo al quarto trimestre. Nel dettaglio il tasso di disoccupazione è passato dall’11,7% del primo trimestre al 9,9% del quarto trimestre.
Dal 2018 al 2021 il tasso di disoccupazione femminile è sempre stato maggiore di quello maschile, sebbene senza distanze particolarmente ampie.
Nel 2018 era superiore a quello maschile di 2 punti percentuali, nel 2021 di 1,9 punti percentuali. Entrambi i tassi dal 2018 a oggi hanno registrato una diminuzione e il tasso di disoccupazione femminile è passato dall’11,9% del 2018 al 10,8% del 2021.
Seppur il mero dato sul tasso di disoccupazione porterebbe a una lettura ottimistica circa l’andamento del mercato del lavoro italiano, se si osserva attentamente il tasso di inattività femminile si rileva un aumento dal 2018 al 2021, lasciando immaginare come diverse disoccupate abbiano smesso di cercare attivamente lavoro. Infatti, il tasso di inattività femminile è passato dal 43,8% del 2018 al 44,6% del 2021, ma più in generale si nota come il tasso di inattività femminile è molto superiore alla media complessiva, identificando con il nodo dell’inattività la principale criticità macro-economica del tema della partecipazione al mercato del lavoro delle donne italiane.