Lo scenario imprenditoriale è radicalmente cambiato negli ultimi mesi. Il nuovo decreto legislativo, in attuazione della L. 155/2017, rubricato “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza” è stato definitivamente approvato il 10 gennaio 2019. È un Testo Unico sulla disciplina della crisi d’impresa e d’insolvenza fatto di 391 articoli, diviso in quattro parti, che sostituisce tutte le disposizioni contenute nel R.D. 267/1942 in materia di fallimento, concordato preventivo e liquidazione coatta amministrativa e nella L. 3/2012 in materia di composizione della crisi da sovra-indebitamento. Sulla carta il nuovo decreto funziona ma… è nei dettagli che “si nasconde il diavolo” dice il vecchio proverbio.
In questa analisi mi focalizzerò sui cosiddetti “indicatori della crisi”. Sono strumenti (la cui definizione è lasciata all’ordine dei commercialisti) che dovranno aiutare l’imprenditore e i suoi consulenti (oltre che gli organi di controlli previsti) a comprendere se sussistono casi di crisi di impresa. Potremmo considerarli un poco come i canarini delle miniere di carbone. “La legge in sé è utile, specialmente per le piccole e medie imprese: il vantaggio effettivo è permettere (con una guida manageriale strutturata) di far comprendere all’imprenditore come si sta evolvendo la sua attività. Un approccio maggiormente strutturato permetterà all’imprenditore di avere una visione in tempo reale: flussi di cassa, fornitori, investimenti, ammortamenti ecc. Ovviamente questo nuovo sistema legislativo implica personale qualificato: il vecchio commercialista rischia di essere inadatto, per quanto si deve valutare da caso a caso”. Spiega Giancarlo Veltroni, presidente di Andaf Lombardia.
Anche la Banca d’Italia si è già espressa in merito ai tempi: “con riferimento ai meccanismi di allerta (i famosi indicatori Nds), va rilevato che se l’obiettivo di favorire una tempestiva emersione e gestione della crisi risulta condivisibile, appare problematica la modalità con la quale è perseguito. La questione si pone riguardo ai procedimenti ad attivazione obbligatoria per i quali appare rischiosa la scelta di riconnetterne l’avvio al superamento di indicatori contabili poiché determinerebbe un eccessivo irrigidimento del processo di emersione. L’individuazione delle soglie di allarme, infatti, non è esercizio semplice. Elementi critici si riscontrano anche riguardo alla generale architettura del sistema, connotata da termini eccessivamente brevi perché possano essere assicurate proficue negoziazioni e dal coinvolgimento di un numero elevato di professionisti”.
Al tema degli indicatori è strettamente legato il metodo di rilevazione dei rischi. Nella seconda parte del decreto si legge che “la disciplina di puntuali strumenti di allerta finalizzati a far emergere tempestivamente la crisi dell’impresa è di ricercare, con l’ausilio degli organi di controllo o dell’Organismo di composizione della crisi d’impresa, una soluzione stragiudiziale alla crisi mediante l’adozione di misure riorganizzative dell’attività imprenditoriale”. Tuttavia non vengono indicati strumenti specifici. Di fatto, stante lo scenario attuale, quali strumenti (informatici, umani, un ibrido dei due) debbano essere utilizzati dall’impresa resta ancora da definire. Ovviamente il primo pensiero corre all’utilizzo di soluzioni amministrative dove il personale possa essere “aumentato” grazie a software predittivi che permettano di anticipare potenziali situazioni di crisi. Sul tema software riflette Marco Turani, channel director di 4planning, software house che ha sviluppato una soluzione di previsione di rischi interni basata sullo sviluppo di una pianificazione finanziaria, economica e patrimoniale con la possibilità di operare scenari di simulazione, stress test, analisi “what-if”.
“Molte aziende oggi utilizzano ancora Excel per la loro gestione. L’attuale normativa dà una generica definizione di quale strumento si debba utilizzare. Di fatto lascia un’amplia interpretazione. Non viene nemmeno definito se tali strumenti siano soluzioni software, un team dedicato di professionisti oppure una soluzione ibrida dei due. Di fatto, tuttavia, un software che può aiutare l’imprenditore, o il suo Cfo, a visualizzare i potenziali rischi, è sicuramente un passo avanti rispetto al classico Excel”.
Una posizione simile, per quanto concerne l’aggiornamento del software aziendale, o meglio ancora la scelta di nuovi software più performanti, trova concorde anche Veltroni di Andaf.
“Diventa rilevante, per approfittare di questa nuova legge, ammodernare il parco software che viene utilizzato nella sezione amministrativa delle aziende. Gli attuali indici sono spesso antiquati e le nuove richieste imposte dalla legge, ancora tutte da definire nei dettagli, richiederanno software predittivi, invece del classico Excel, che ha fatto il suo tempo”.
Il rischio che la legge attuale implica, per quanto si parta da un presupposto positivo, è che, in mancanza di soluzioni e strumenti di controllo efficaci (di natura umana o informatica) molte Pmi potrebbero trovarsi a fronteggiare uno scenario di liquidazione senza sapere che si sono esposte ai cosiddetti “indicatori”.
La legge attuale è perfezionabile, tuttavia da più parti ci si domanda se la sua validità sia effettivamente adatta al settore italiano delle Pmi. Il tema del software gestionale, in questo caso, appare quanto mai vitale, anche ipotizzando la presenza di un Cfo competente. Come detto molte aziende usano semplici Excel, con degli ovvi limiti quando si parla di previsionalità.
Il software che si sceglie, che dovrebbe sostituire il vetusto Excel, può essere di grande supporto. Possedere un software che possa prevedere le crisi interne è vitale. L’aspetto principale è l’immediatezza: in tempo reale avere un sistema integrato nell’intera gestione aziendale che possa supportare le decisioni e le analisi del Cfo, o della persona responsabile della direzione finanziaria, risulta una soluzione pratica per poter essere in compliance con l’attuale legge, quanto meno sul tema della prevedibilità.
Il rischio di utilizzare Excel con la nuova legge è manifesto. Facciamo un esempio semplice: usando Excel, idealmente, il manager (poniamo il Cfo, ma non sempre questa figura è disponibile in una Pmi) dovrà aggiornare il suo foglio di calcolo. Un’operazione che si dovrebbe fare ogni mese ma che, in realtà, è improbabile venga svolta sempre con tempi precisi.
“Avere una soluzione predittiva che sostituisce Excel appare quasi obbligatorio, stante la nuova legge in materia, conviene Turani. “Un software predittivo permette di ovviare alle possibili lacune di un manager finanziario che potrebbe aggiornare un foglio Excel in modo discontinuo. In più aggiungo che Excel è una soluzione reattiva. Per spiegarla in modo semplice: se ci sono delle criticità, o indicatori di pericolo come menzionati dalla legge vigente, Excel non farà nulla.
Un software predittivo integrato nell’intero processo e nella gestione finanziaria, invece, sarà personalizzabile dal suo utilizzatore (sia esso un Cfo o un amministrativo) per attivarsi e segnalare i rischi in tempo utile, con anticipo di mesi, in modo da poter evitare una crisi interna. Ricordiamo che il decreto parla di soluzioni per prevenire una crisi (quindi agire in tempi utili), non segnalarli. Il che implica tempi adatti per agire sul potenziale rischio (vedi foto sotto)”.
Potenzialmente esiste una “scappatoia” che permette, entro certi limiti, libertà di scelta di indici di crisi. La norma stessa fa riferimento ad “altri indici” nazionali o internazionali.
C’è da ribadire che un approccio da “indipendenti”, cioè un’azienda che stima da sola gli indici, implica alcuni passaggi sfidanti.
Prima di tutto gli indici dovranno comunque essere asseverati da un professionista indipendente.
Esiste tuttavia un rischio: se gli indici asseverati sono troppo blandi e lontani dalle famose (e pericolose) migliori prassi nazionali e internazionali e l’azienda fallisce a causa di essi il professionista dovrà rendere conto (in caso estremo anche penalmente).
Sicuramente il comma menzionato è una grande opportunità per le aziende. Il mondo delle Pmi italiano: natura, prodotti, cassa e gestione finanziaria variano da regione a regione. Non stiamo parlando di differenze nell’interpretazione della legge. Mi riferisco a peculiarità legate, per esempio, ai tempi di pagamento (generalmente una pena in tutta Italia ma con picchi legati ai pagamenti da parte della PA o delle grandi aziende che possono fare la differenza tra vita e morte per una Pmi), o a differenti disponibilità della Pmi di scontare o meno le fatture.
Una soluzione di “personalizzazione” degli indici appare sicuramente positiva ma altamente rischiosa se non si possiedono i software adatti e le persone che sanno utilizzarli.
“È sicuramente rilevante l’esistenza di questo comma. Credo che il legislatore abbia compreso il rischio di una legge troppo rigida e degli indici imposti dall’alto. Di qui la sua soluzione di dare spazio a indici acquisiti da fonti non italiane oppure creati in casa”, continua Turani. “Resta tuttavia che la mancanza di un software adatto potrebbe peggiorare sensibilmente questo scenario di fai da te. Ricordando il tema della prevedibilità uniamolo a una serie di indici creati internamente a un’azienda. Un software che può prevedere una crisi interna può dimostrare entro certi limiti se gli indici sono corretti. Di fatto andando a prevedere alcune lacune, usando gli indici, potrà rilevare se si rischia di sfondare qualche indicatore.
Al contrario usando Excel, che è inerte e deve essere compilato manualmente, si rischia di non cogliere il rischio finché non è troppo tardi per porre rimedio a una crisi.
Semplificando molto, è come se si stesse guidando nella nebbia vicino a un precipizio. Una macchina dotata di sensori esterni di prossimità, se opportunamente modificata, potrà rilevare il rischio. Un’auto comune invece potrà basare la sua salvezza solo sul buon senso del guidatore. Ma nella nebbia con una visibilità scarsa il rischio di sbagliare una manovra può fare la differenza tra la vita e la morte,” conclude Turani.
Lo scenario degli indici, incrociato con la necessità di ammodernare il software gestionale aziendale (e relativa formazione del personale), appare, sempre più spesso, come un passaggio obbligato per molte Pmi italiane.
Di conseguenza, prima di tutto è fondamentale dotarsi di software che possano aiutare meglio il Cfo o chi ne fa le veci. Excel è un software nato 30 anni fa e per quanto sia ampiamente diffuso nelle Pmi appare ormai inadatto per poter aiutare a prevenire le crisi. Secondo tema, le Pmi dovranno investire in formazione per i propri responsabili finanziari e comprendere che l’attuale normativa richiede una preparazione mirata per evitare rischi.
@enricoverga