Il futuro dei badge: identificare significa spiare?

Si fa un gran parlare, giustamente, della difesa dei propri dati personali, della privacy, della condanna al frugare i mille cassetti anche “virtuali”, ma poi all’atto pratico è un bombardamento di innovazione che fanno rima con intrusione. Uno degli ultimi visti è lo smart badge di Humanyze. La promessa è la solita: migliorare l’efficienza e la produttività dei propri dipendenti e staff.

Ma come? Tracciando (dunque spiando) i comportamenti dei dipendenti con un badge intelligente dotato di microfono, accelerometro e vari sensori. In soldoni, l’obiettivo è raccogliere e monitorare una quantità industriale di dati comportamentali dei dipendenti in forma (promessa) anonima. Si registra tutto: dal tono della voce alle interazioni con i collaboratori, se sono appoggiati al muro mentre parlano con altri ecc.

Tutto questo malloppo viene poi stoccato nel “business metrics cloud” per approfondire come i comportamenti influenzano le prestazioni complessive dell’azienda e quindi come fare aggiustamenti nelle relazioni fra i dipendenti. Il bello è che questa startup di “big data indossabili” – testata, pare con risultati incoraggianti, su 10mila dipendenti della Bank of America – è stata lanciata dal rinomato e blasonato MIT Media Lab.

Ma per loro la tecnologia è il bene assoluto, a prescindere. Chiedere a Landini cosa ne pensa.

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