Il nostro lavoro non ci definirà più?

Alcune domande per riflettere su come sta cambiando l’identità professionale

Qual è il modo migliore per identificare professionalmente una persona? Le etichette professionali sono ancora gli unici strumenti? Le soft skill – competenze non specifiche ma inclinazioni e capacità proprie dell’individuo – sono considerate sempre più importanti, ma come comunicarle e valutarle davvero? Sono sufficienti le espressioni comuni (ormai abusate) “problem solving”, “lavoro di squadra”, “motivazione”…?

Queste sono solo alcune domande per riflettere su come sta cambiando l’identità professionale e i riflessi che questo cambiamento ha nei processi di personal branding, recruiting, gestione e valorizzazione dei talenti e, più in generale, in tutto ciò che riguarda la costruzione di valore attraverso il lavoro.

Vediamo allora alcuni scenari che in modo diverso determinano la necessità di una più ricca definizione professionale.

  1. Parte del tutto.
    Sia che si tratti di un dipendente o di un collaboratore esterno, le qualità, le abilità e le competenze di un soggetto possono andare oltre l’attuale mansione. E questo, se valorizzato, nel tempo può rivelarsi una ricchezza importante. Inoltre ci sono una serie di fattori, non sempre facilmente misurabili da chiunque, che danno valore aggiunto a una collaborazione e possono fare la differenza. Esempio: cerchiamo un professionista esterno che si occupi dei canali social dell’azienda. Semplificando: da una parte abbiamo qualcuno con buone competenze tecniche che sa gestire al meglio le campagne di advertising, dall’altra, oltre a queste, chi nel tempo è riuscito a costruire un valore unico basato su reputazione, coerenza e una serie di capacità e competenze che vanno oltre la creazione di campagne, la targetizzazione ecc. Possiamo definirli entrambi con l’etichetta social media manager? O ci sono fattori che richiedono un’apertura della definizione?
  2. Individualizzazione del lavoro. È uno scenario ormai consolidato e studiato in ambito sociologico ed economico. La nuova contrattualistica e la nuova organizzazione del lavoro e delle risorse rende sempre più difficile identificarsi univocamente in una etichetta professionale. L’individuo perde quindi quel legame totalizzante con il proprio lavoro e si realizza in un percorso professionale personale, originale e non prestabilito. Quindi, se da una parte la flessibilità determina una maggiore insicurezza, dall’altra apre la possibilità di libera azione. Come individuare una definizione che comprenda la complessità di questo lavoratore nelle sue varie realizzazioni?
  3. Frammentazione, liquidità. Per comprendere meglio questi due fenomeni è utile citare il titolo del saggio The corrosion of character (1999) del sociologo Richard Sennett e quello del famoso saggio di Zygmunt Bauman “Liquid modernity” (2000). Il tema centrale del saggio di Sennett è la frammentazione professionale e la disgregazione dell’individuo che ne consegue. Una situazione in cui si formano nuove paure e cresce la difficoltà a identificarsi in un’attività professionale. Ciò che contraddistingue il percorso lavorativo di molte persone è infatti lo spostarsi tra varie attività – spesso poco professionalizzanti – e il necessario adattarsi “liquidamente” a mansioni e ruoli. Tra le varie esperienze è possibile ricavare una definizione professionale che tenga conto dell’adattabilità e di altri fattori legati a questi scenari moderni?
  4. Soft skill. Tema già anticipato nelle prime righe di questo articolo. Le soft skill sono competenze non specifiche, inclinazioni e capacità proprie dell’individuo. Un valore aggiunto quindi, anche se a volte il loro valore può essere scontato: è ormai formalità richiedere e riconoscersi nelle solite soft skill. Il rischio è che nel tempo diciture come “dinamismo” e “problem solving” – solo per dirne alcune – perdano il loro potere descrittivo. Il risultato? Invece di rappresentare le originali capacità di un individuo lo rendono anonimo perché il valore di queste skill viene svuotato. Bisognerà allora provare a identificarsi usando nuove e personali soft skill nelle quali ci si riconosce.
  5. Approccio. Come abbiamo visto, spesso l’etichetta professionale risulta stretta. Infatti: a) l’individuo si realizza spesso in maniera autonoma e originale rispetto ai percorsi precostituiti; b) dalle relazioni tra diverse professionalità e competenze nascono nuovi lavori e carriere; c) il lavoro (inteso come routine quotidiana, mansioni e attività nelle quali ci si riconosce) non è più una esperienza totalizzante nella quale identificarsi completamente. In questo contesto, fare riferimento all’approccio al proprio percorso formativo (magari continuato nel tempo) e professionale può essere un altro modo per definirsi professionalmente, complementare alle abilità tecniche.

Per certi versi quest’ultimo punto comprende tutti i precedenti e si ricollega alle domande iniziali di questo articolo, riassumibili in una principale, ovvero: come descriversi in base al proprio approccio formativo e professionale?

Per rispondere a questa domanda è necessario pensare un vocabolario condiviso.

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