A febbraio 2021 AstraRicerche ha svolto per Manageritalia e Cfmt una ricerca su oltre mille manager per valutare l’impatto di un anno di emergenza Covid su aziende, lavoro, manager e tutti i lavoratori. Questi risultati e un confronto con precedenti indagini, in particolare quella dell’aprile 2020 (la fase più critica della prima ondata di pandemia), ci permettono di evidenziare cos’è cambiato, cosa resterà e cosa cambierà ancora in futuro a livello di lavoro e lavoratori.
Un lavoro sempre più phygital
Sette aziende su dieci hanno tutti o quasi tutti i lavoratori attivi; ma sotto questo aspetto la polarizzazione è notevole: quasi l’11% ha un quarto o meno dei lavoratori in attività normale (si tratta soprattutto di aziende del turismo e dell’HoReCa). Ancora oggi un’azienda su quattro ha, almeno in parte, lavoratori attivi solo parzialmente (per effetto di Cig, ferie concordate e imposte, altre forme di riduzione dell’orario di lavoro) e una su otto ha una parte di lavoratori completamenti non attivi (a zero ore).
Siamo in una fase di transizione anche per quanto riguarda le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa: le tre proposte inserite nel questionario (attività a distanza, attività in sede o nel luogo di lavoro normalmente utilizzato e soluzione ibrida con alternanza) sono numericamente molto simili configurando una situazione in cui alcune aziende sono completamente in telelavoro, altre sono tornate alla “vecchia normalità” del consueto luogo di lavoro comune e moltissime hanno soluzioni diverse per i team all’interno dell’azienda.
Il vissuto del lavoro
Rispetto ad aprile 2020, la popolazione aziendale è molto più propensa ad accettare positivamente le nuove condizioni di lavoro in merito ad orari, luoghi, processi (il 62.6% percepisce un miglioramento) e ha meno che in passato una reazione negativa alle misure adottare dalle aziende (per il 41.0% ora la reazione è meno negativa) ma è anche più impaurita in generale (49.6%) e ha accresciuto il proprio timore di perdere il lavoro (42.7%).
E il cambiamento?
Solo il 13.6% è convinto che tutto o quasi tutto tornerà come prima (e piano piano è un’idea che viene abbandonata: era il 17.4% ad aprile 2020).
Al contrario, secondo i manager intervistati i cambiamenti determinati dalla pandemia si vedranno intensamente in molti settori (84.0%), con alcune aziende in grado di superare le altre perché più abili a gestire le nuove condizioni di mercato (92.8%) e persino con uno stravolgimento dei paradigmi di business (71.0%), con rapporti di filiera sempre più importanti, con partnership sempre più determinanti (73.0%). Cresce (+12%) la rilevanza dell’internazionalizzazione e del business con l’estero (ora al 73.5%)
E all’interno delle aziende? Dovranno cambiare strutture e organigrammi (75.6%: +12% rispetto alla precedente rilevazione) e il top management dovrà rivedere la scala delle priorità (59.1%).
Le priorità dei manager
Le priorità per il management sono profondamente diverse da quelle indicate ad aprile 2020: potendone scegliere una sola, il 37.9% indica lo sviluppo delle competenze e il talent management (più del doppio del 17.0% indicato ad aprile 2020, mentre la ricerca di personale e talent acquisition si ferma al 6.2%), seguita dall’area commerciale (14.1%) e dai rapporti di filiera (12.2%).
Anche potendo sceglierne tre, l’area competenze è dominante (77.3%: +28% rispetto alla primavera scorsa) e si nota la forte crescita della ricerca e selezione del personale (dal 10.9% al 26.2%). Sembra che – dopo la grande scossa di marzo-aprile 2020 che aveva portato una forte focalizzazione sull’area commerciale, sulla catena del valore e sul marketing – ora si pensi molto più alla selezione e sviluppo delle HR).
Il manager e il suo ruolo
Rispetto alla fase pre Covid-19 i manager avvertono che il loro impegno è molto più “psicologico”, con supporto al team o a parte di esso (86.3%), che è necessario spirito di team (54.9%) e che è fondamentale – ancor più di prima – capacità di visione (84.0%, con il 51.8% che indica “molto più di prima”).
La keyword è chiaramente cambiamento: il lavoro è variabile e in continuo cambiamento (76.2%), improntato a nuove forme di rapporto con i clienti (76.4%) e con i fornitori (58.0%), e non manca – anche se con percentuale minore – chi sta rivedendo i rapporti con i concorrenti (34.3%).
L’impegno richiesto è decisamente maggiore che in passato (76.1%) anche se per molti è anche fonte di nuovi stimoli (36.7%). Inevitabilmente prevale la negatività in merito alla possibilità di affrontare le sfide serenamente (il 53.6% lo fa con minore serenità).
Il rapporto con il team
E se è vero che il manager si trova – volete o nolente – a essere sempre più “psicologo” dei team (con il 60.0% che deve mostrare maggiore disponibilità all’ascolto di problemi/timori personali anche di tipo non-lavorativo: +22% rispetto ad aprile) è anche vero che deve trovare nuove modalità per tenere i collaboratori motivati; le soluzioni più adottate sono le riunioni a distanza con il team (78.4%: +10%) e i contatti one-to-one tramite calls (74.4%: la voce supera nettamente i messaggi testuali, 39.5%, e soprattutto la intranet aziendale, 26.2%).
Competenze über alles
Il tema delle competenze è cruciale: per tre quarti (74.3%) il 2020 ha richiesto l’acquisizione di nuove competenze da parte del manager, con un’effettiva capacità di acquisirle molto alta (76.9%) e, soprattutto, con l’idea che saranno competenze utili anche dopo la fine dell’epidemia (91.2%). Di certo non manca la difficoltà nel conciliare le necessità operative con la crescita delle competenze (49.9%, solo il 29.0% ci è riuscito senza difficoltà).
Le competenze più richieste
Le grandi sfide attuali e future richiedono una rilevante risposta in termini di competenze: si tratta di un mix di:
- flessibilità e resilienza: capacità di adattarsi al contesto (64.9%), risolvere problemi imprevisti (59.4%), organizzare e riorganizzare (52.3%) e resistere alla pressione esterna (50.9%);
- visione: di visione strategica (54.3%) e di pensiero “out of the box” (48.9%);
- approccio al team: di gestire le persone a distanza (63.5%), di motivare (49.6%), di favorire il team working (47.9%), di comunicare anche all’interno dell’azienda (44.3%), di mettere tutti in condizioni di dare il meglio (43.7%).
Molto meno indicati il pensiero critico (24.7%) e la capacità di lavoro multitasking (22.3%).