Persone, macchine e algoritmi

Ripensare le competenze necessarie e la loro implementazione ai tempi dello smart manufacturing in un mercato del lavoro globalizzato

La trasformazione digitale globale di Industry 4.0 (per molti già proiettata a una social revolution 5.0) si è già ampiamente concretizzata in una serie di tecnologie trasformative che incidono quotidianamente sui processi produttivi e sull’intera catena di valore delle filiere manifatturiere (cobotica, augmented reality, additive manufacturing, digital twin…): è già in atto una nuova divisione del lavoro tra persone, macchine e ora algoritmi. Questo contesto allargato creato dallo smart manufacturing determina un ripensamento delle competenze e degli interventi necessari per affrontare la complessità organizzativa crescente e per rimanere competitivi in un mercato del lavoro globalizzato.


Tecnologie o persone?
Ovviamente occorre distinguere tra conoscenze e knowhow a presidio delle nuove tecnologie (e si sa che sul mercato del lavoro mancano qualifiche tecnologiche) e capacità e soft skills di interazione con quelle stesse tecnologie e con gli altri attori dei processi.
Oltre alla confusione corrente tra conoscenze tecniche e comportamenti organizzativi, molti affermano che “digital is not about tech but leading complexity”, senza però definire il perimetro della rottura che si avrà sia in termini di capacità, sia di ruoli.
In primis, molto spesso si parla di upskilling e reskilling senza però contestualizzare le competenze prese in esame. Se molte classifiche e tabelle comparative infatti concordano nell’identificare la risoluzione dei problemi complessi, l’intelligenza emotiva, il pensiero critico e la creatività quali capacità necessarie per l’innovazione tecnologica e digitale, queste restano parole vuote se non vengono inserite all’interno della specifica maturità dell’organizzazione e troppo spesso si pensa e si agisce separatamente sulle tecnologie rispetto a persone, individui o gruppi.


Digital soft skills: nuove capacità?
Negli ultimi anni inoltre si è parlato molto di digital soft skills come di nuove capacità: una concezione che ben presto è sfumata verso l’idea che anche con l’avvento della trasformazione digitale i comportamenti organizzativi aziendali non siano cambiati nella loro essenza bensì nelle modalità di attuazione (skills in action) e nell’aumento della complessità comportamentale e che possano piuttosto essere potenziati o attenuati da predisposizioni o dalla presenza e utilizzo di uno o più strumenti digitali. È infatti l’insieme sistemico di attitudini digitali, di etica digitale (come le organizzazioni e le persone al loro interno declinano i valori) e di tratti di personalità (estroversione, sensibilità, stabilità emotiva e altri che possono cambiare attraverso il digitale) che determina lo sviluppo delle digital soft skills.
Per gestire e implementare una rivoluzione come quella in atto nelle fabbriche di oggi servono quindi attori dotati soprattutto del digital mindset, capaci non solo di adattarsi rapidamente al cambiamento continuo ma anche di diffondere le conoscenze e l’attitudine ormai fondamentale per operare nel panorama digitale.

I Millennials: abilitatori delle capacità per la trasformazione digitale
Il successo di una fabbrica oggi passa dai Millennials, i nativi digitali capaci di rovesciare molti dei paradigmi a cui eravamo abituati. Troppo spesso ci si concentra su come applicare una tecnologia senza pensare a chi possa implementarla: non bastano infatti solo i knowledge worker, ma occorre individuare e valorizzare gli skill enabler, gli abilitatori di comportamenti organizzativi che spesso partono non dal management bensì dal basso, dall’interazione quotidiana dei follower con lo smart manufacturing.
Figure come queste sono necessarie per rendere trasversali le capacità utili all’interpretazione e messa a terra della maturità organizzativa dell’impresa manifatturiera strutturalmente, e non solo tecnologicamente, smart. 
In un contesto come quello odierno, i Millennials possono quindi diventare abilitatori delle competenze ideali per ottimizzare i processi e rendere effettivi determinati comportamenti organizzativi nelle fabbriche digitalizzate, poiché essendo “digitalivori” attivano sulle nuove tecnologie anche quei senior manager competenti ma ancora tradizionali che rischierebbero di rallentare il processo di innovazione.
Oggi assistiamo sempre più a un cambiamento di paradigma nella trasmissione del sapere rispetto alle botteghe rinascimentali di un tempo, con un mutato rapporto leader-esperto e follower-apprendista tra senior e junior manager. Il reverse mentoring dei nativi digitali deve quindi essere parte integrante della trasmissione trasversale delle competenze tecnologiche, sia sui processi che nei comportamenti organizzativi.
La digitalizzazione delle fabbriche sta progressivamente avvantaggiando questa generazione, che a breve termine incarnerà il 75% della forza lavoro e progressivamente una percentuale sempre più alta dei decision maker in questo ambito.
I Millennials rappresentano la frontiera degli abilitatori tecno-social, dal basso verso l’alto, delle competenze trasversali nelle fabbriche digitalizzate: occorre attrarli, ingaggiarli e valorizzarli, rendendoli allo stesso tempo ambasciatori di una fabbrica intelligente ormai più giovane, digital e sostenibile.

Facebook
LinkedIn
WhatsApp

Potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca