Post-Covid: gli italiani hanno paura di perdere il lavoro

I risultati dell'ultima edizione del Randstad Workmonitor. I più preoccupati sono i giovani

Gli italiani sono i primi in Europa a essere terrorizzati all’idea di perdere il proprio lavoro nella fase post-Covid. È quanto emerge dall’ultima edizione del Randstad Workmonitor, l’indagine sul mondo del lavoro di Randstad, condotta a maggio in 15 paesi del mondo su un campione di oltre 400 lavoratori di età compresa fra 18 e 67 anni per ogni nazione, che lavorano almeno 24 ore alla settimana e percepiscono un compenso economico. Sei italiani su dieci temono che le loro aziende non riescano a risollevarsi dal lockdown forzato, che ha diminuito i consumi e messo alla prova interi settori e si dicono convinti che la pandemia abbia già diffuso il suo impatto negativo sulle aziende. Su un eventuale stato di disoccupazione si dividono a metà: il 52% conta su un aiuto dell’impresa, il 54% spera in un sostegno del governo.


La paura è più diffusa solo in in Cina, Hong Kong e India e riguarda soprattutto le fasce più giovani di età, quelle più precarie, tanto che l’84% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni è preoccupato di rimanere disoccupato. Esclusi naturalmente coloro che già lo hanno perso o non lo cercano più. 


L’indagine mostra allo stesso tempo come il Covid-19 abbia tuttavia anche accelerato la diffusione di soluzioni digitali e di modelli di organizzazione del lavoro più evoluti.

Per la maggioranza dei dipendenti, l’azienda in cui lavora li sta aiutando ad adattarsi, investendo in nuove tecnologie e soluzioni digitali (62%), fornendo gli strumenti necessari a lavorare da casa o da un altro luogo al di fuori dell’ufficio (59%) e mettendo a disposizione piani di formazione su strumenti e competenze digitali (61%). Si tratta di numeri ancora inferiori alla media globale e ai risultati dei paesi più avanzati sul digitale, ma mettono in luce come le imprese stiano reagendo positivamente all’emergenza. I lavoratori mostrano la stessa reattività: il 70% afferma di essersi adattato alla nuova situazione lavorativa, l’80% si sente pronto alle nuove modalità di lavoro digitale.

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