Sempre più candidati si presentano ai colloqui di lavoro con un percorso di studi ricco – più di una laurea e master – ed esperienze in ruoli prestigiosi all’interno di aziende rinomate. Eppure, nonostante un background del genere, molto spesso vengono scartati nei processi di selezione perché giudicati “troppo qualificati”.
La motivazione appare quanto meno contraddittoria e richiede alcune riflessioni. Se l’obiettivo è ricercare i talenti migliori per ricoprire una posizione vacante, occorre essere coerenti con quanto si dichiara, ovvero selezionare il migliore candidato possibile disponibile a svolgere quel determinato lavoro.
Il candidato con un curriculum che spicca può inoltre portare un valore aggiunto all’interno delle organizzazioni, come dimostra un recente studio pubblicato sull’Academy of Management Journal, a cura di Bilian Lin e Kenneth S. Law della Chinese University di Hong Kong e Jing Zhou della statunitense Rice University, dunque la preoccupazione ricorrente che il profilo sia “fin troppo” appare discutibile. C’è poi il timore che la persona assunta lasci il lavoro, magari all’improvviso, perché ha trovato di meglio. Ma se il lavoro migliore per lui/lei fosse disponibile forse non si sarebbe candidato per quel posto. Perché insomma scartare una Ferrari quando la si può avere per il prezzo di una Fiat Punto?
E perché poi perdere tempo a convocare un candidato se le sue competenze sembrano discordanti in eccesso rispetto a quelle desiderate a giudicare da quanto riportato nel curriculum?
Un candidato troppo qualificato ha più di quanto viene richiesto, ma scartarlo fa passare il messaggio opposto: ovvero che in realtà non abbia le skill giuste per quel lavoro.
Qualcuno ipotizza che ci possa essere addirittura la paura che possa scavalcare altri dipendenti e manager e dunque il candidato troppo qualificato rappresenterebbe una minaccia per l’establishment aziendale, oppure c’è chi osa affermare che in realtà per troppo qualificato si intenda, semplicemente, troppo vecchio…
