La legge sullo smart working è entrata in vigore cinque mesi fa. Il provvedimento riguarda quei lavoratori che decidono di lavorare in una postazione diversa dall’ufficio e in Italia sono 305mila. Rispetto all’anno scorso sono cresciuti del 14% e del 60% rispetto al 2013. Eppure non sono ancora tantissimi, se si considera che rappresentano l’8% del totale dei lavoratori. A contarli è stata l’annuale ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, presentata ieri.
Lo smart working è uno strumento dalle grandi potenzialità, sia per gli individui sia per le imprese, sempre più diffuso ma con ancora difficoltà esclusivamente culturali. Il 36% delle imprese ha già lanciato progetti strutturati (il 30% nel 2016), ma la ricerca mette in luce che le iniziative che hanno portato a un vero ripensamento dell’organizzazione del lavoro sono ancora limitate e riguardano il 9% delle grandi aziende.
L’interesse verso lo smart working cresce anche tra le piccole e medie imprese, anche se prevalgono tipicamente degli approcci informali: se il 22% di queste ha progetti di smart working, solo il 7% ha iniziative strutturate, un altro 7% di pmi non conosce il fenomeno e ben il 40% si dichiara non interessato per la limitata applicabilità nella propria realtà aziendale.
E nel pubblico impiego? Nella pubblica amministrazione appena il 5% degli enti ha attivato progetti strutturati e un altro 4% pratica lo smart working in maniera informale. C’è in ogni caso molta attenzione: il 48% ritiene l’approccio interessante, l’8% ha già pianificato iniziative per il prossimo anno e solo il 12% si dichiara non interessato. Ricordiamo a questo proposito la direttiva della riforma Madia della PA, che punta a coinvolgere almeno il 10% dei dipendenti di ciascuna organizzazione pubblica entro tre anni in progetti di smart working.
Aumenta la produttività
Quali sono i vantaggi per l’azienda? Notevoli, a cominciare dalla produttività. L’Osservatorio stima «l’incremento di produttività per un lavoratore derivante dall’adozione di un modello “maturo” di smart working nell’ordine del 15%. Proiettando l’impatto a livello complessivo di sistema Paese, considerando che sulla base della tipologia di attività che svolgono i lavoratori che potrebbero fare smart working sono almeno 5 milioni, l’effetto dell’incremento della produttività media del lavoro in Italia, ipotizzando che la pervasività dello smart working possa arrivare al 70% dei lavoratori, si può stimare intorno ai 13,7 miliardi di euro».
Ci sono vantaggi anche per i lavoratori: si riducono i tempi e i costi di trasferimento, migliora il work-life balance, aumentano motivazione e soddisfazione. Il tempo medio risparmiato da uno smart worker per ogni giornata di lavoro da remoto è di circa 60 minuti.
Cresce la soddisfazione
Gli smart worker sembrano essere più felici rispetto a chi è tenuto a recarsi ogni giorno in ufficio: «Il 50% è pienamente soddisfatto delle modalità di organizzare il proprio lavoro (22% per gli altri), il 34% ha un buon rapporto con i
colleghi e con il capo (16% per gli altri)».
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