Welfare aziendale: un’opportunità per manager e aziende

Il commento di Marco Abatecola, responsabile settore welfare pubblico e privato di Confcommercio-Imprese per l’Italia, in seguito alle novità introdotte nell’ultimo accordo di proroga del ccnl dirigenti del terziario, che rimodula e rinforza il welfare e le politiche attive, e al lancio della piattaforma “Welfare dirigenti terziario”, che consente di gestire i prodotti e i servizi messi a disposizione degli associati

Quali sono state le reazioni delle aziende alla possibilità introdotta con l’accordo contrattuale del giugno scorso di destinare il welfare aziendale all’incremento delle prestazioni fornite dai fondi contrattuali?
«Da sempre crediamo che le prestazioni di welfare aziendale possano essere un volano anche per promuovere una migliore consapevolezza sull’importanza degli strumenti già forniti in tale ambito dalla contrattazione. È vero che prima dell’emergenza pandemica le componenti di spesa si erano sempre più spostate verso i servizi connessi all’educazione e alle attività ricreative e culturali, ma ormai da due anni si è invece affermata una maggiore attenzione verso le prestazioni sanitarie e previdenziali. Queste danno un valore non solo economico ma anche sociale all’impegno di parti sociali e imprese nella costruzione di un’offerta di “secondo welfare” sempre più all’altezza delle nuove sfide. In questo senso, il welfare di secondo pilastro, sia aziendale che contrattuale, ha dimostrato di saper intercettare in modo efficace i nuovi bisogni di famiglie e lavoratori, diventando una vera e propria leva strategica anche per la gestione della stessa impresa».

Quali i punti cardine di un accordo innovativo, che promuove e semplifica il welfare (dalle aziende con un dirigente agli aspetti normativi/amministrativi) e lo pone ancor più come strumento di attrattività per le aziende?
«Secondo gli ultimi numeri che abbiamo potuto rilevare, molte imprese italiane hanno oggi una forma di piano welfare. Il 21% delle piccole imprese, il 60% delle medie e il 69% delle grandi. Da notare anche che, tra quelle che non attuano il welfare aziendale, solo il 23% non è interessato, mentre la stragrande maggioranza (oltre il 70%) dichiara di non averlo applicato temendo la complessità gestionale e i costi. Credo che in questo dato ci sia l’enorme potenziale di un’iniziativa come quella portata avanti da Confcommercio e Manageritalia con l’ultimo accordo di proroga del contratto. Un’iniziativa che non solo, come detto, mette in campo una sinergia importante con i fondi contrattuali, ma offre uno strumento per la gestione del welfare aziendale estremamente efficace, semplice e riconoscibile. Uno strumento che aiuta quindi aziende e dirigenti, valorizzando il nostro contratto e rafforzandone il ruolo di leadership nel Paese».


Alcuni dati dicono che sino ad oggi sono all’incirca un quarto le aziende che per i dirigenti hanno introdotto il welfare aziendale. Si conferma la forza della contrattazione collettiva nel fare cultura e favorire cambiamenti positivi in vari ambiti?
«Il contratto è fondamentale perché il valore del welfare aziendale possa essere percepito da aziende e dirigenti come una delle leve di gestione aziendale e di gestione della stessa complessità aziendale. Abbiamo attraversato due anni difficili, eppure in questo periodo le imprese non hanno abbandonato i piani welfare che già mettevano a disposizione e tante altre ne hanno attuati di nuovi. Segno che i cambiamenti in atto – sanitari, demografici, tecnologici ecc. – richiedono risposte nuove e più flessibili che il welfare di secondo pilastro è in grado di fornire arricchendo la “cassetta degli attrezzi” delle imprese italiane. Il contratto, grazie alla dimensione collettiva e mutualistica, promuove e dà valore a questi strumenti aumentandone l’efficacia e il grado di consapevolezza, anche nelle imprese più piccole del nostro sistema».

In un momento difficile come quello attuale, con l’inflazione in forte salita, il welfare in generale può essere una modalità che si aggiunge agli aumenti retributivi?
«Le attuali tensioni sul livello dei prezzi aumentano senza dubbio il valore dei beni e servizi messi a disposizione dal welfare contrattuale e aziendale. In un momento in cui la spesa disponibile per i consumi si contrae per effetto degli aumenti e dei rincari, gli strumenti aziendali e contrattuali riescono a intercettare una parte della spesa out of pocket, liberando risorse e attenuando alcuni effetti inflazionistici».

Quest’innovazione nella contrattualistica nazionale può essere foriera di ulteriori sviluppi?
«Credo che questo contratto sia significativo perché apre una strada nuova e innovativa. Sarà importante misurare la risposta di imprese e dirigenti per capire dove sarà eventualmente necessario intervenire o correggere, ma sono certo che l’iniziativa è in grado di dare ulteriore valore al nostro contratto, rafforzandone strumenti di welfare che già costituiscono un fiore all’occhiello per il sistema. Al di là degli sviluppi futuri dell’iniziativa, si è affermato in questo modo un principio importante: il welfare aziendale non è qualcosa di separato da quello contrattuale, ma è un sistema di beni e servizi in grado di completarne l’offerta, integrandola ed esaltandone la funzione economica e sociale in un tempo sempre più complesso e rapido nei cambiamenti».

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