100 sfumature di leadership rosa: Francesca Terragni

La classifica delle 100 donne leader più influenti di Forbes vede nomi di spicco della business community e tante donne manager associate a Manageritalia. A tu per tu con alcune di loro per scoprire da vicino un ruolo, quello manageriale, sempre più complesso e ricco di sfide. Le differenze di genere in ambito gestionale e di coordinamento possono costituire una ricchezza con punti di forza specifici quando a guidare c'è una donna. Scopriamoli insieme. Parliamo oggi con Francesca Terragni, Marketing & Communication Director at Moët Hennessy Italia Spa (LVMH Group)

Cosa ha pensato quando ha visto il suo nome nella classifica Forbes delle migliori donne che rappresentano la leadership al femminile nel nostro paese?

Mi ha fatto piacere perché nella mia vita professionale ho sempre mirato a lasciare un segno. Anche in quella personale, a dire il vero. 

Il fatto che tra le 100 donne leader ci siano molte manager significa che questo è un ruolo chiave per esprimere competenze, creatività, tenacia e capacità di innovare?

Certamente sì, non sono caratteristiche che si ritrovano solo nell’imprenditoria o nella libera professione. Ho inoltre notato che con me ci sono altre donne che lavorano nel settore del vino. È la cosa che di cui mi compiaccio maggiormente. Sia perché normalmente non è menzionato in questo genere di classifiche sia perché uno dei settori più maschili per antonomasia sta dando spazio a manager donna.


Secondo lei una manager donna ha degli atout specifici?

Penso che una manager donna porti nella sua professione molti più aspetti della propria sfera personale rispetto a quanto faccia un uomo, che tende a separare di più i due ambiti. Non dico che sia sempre una nota positiva e spesso può essere uno svantaggio.


Parliamo di Francesca Terragni: lei che leader è in tre parole?

Ascolto, ho fiducia in me stessa, ho energie fisiche e mentali. Decido.


Chi sono stati i suoi maestri o maestre di leadership, dentro e fuori il mondo del lavoro?

Nel lavoro sono state 3 miei capi, diretti o indiretti. 3 donne di grande personalità con dei caratteri… un po’ difficili. Però mi dico sempre che dopo di loro, non può che essere una passeggiata. Spero di essermi ispirata a loro per lo più per gli aspetti positivi, ma lo possono confermare o meno solo i miei collaboratori.

Fuori dal lavoro, una cara amica che purtroppo è mancata un anno fa, di cui ho sempre ammirato la tenacia nelle situazioni più avverse.


La capacità di gestire le persone è il tratto distintivo di ogni buon leader: lei cosa cerca di trasmettere ai suoi collaboratori, di persona e in remoto?

In primo luogo li invito a fare tesoro del privilegio di essere circondati dalla storia e dal patrimonio culturale dei marchi che rappresentiamo.

Poi – visto il settore in cui operiamo – una visione su che cosa è davvero un bene di lusso. Cura del dettaglio, con naturalezza, senza ossessione. Non solo nel prodotto, ma nei comportamenti, nelle relazioni, nel rispetto dell’ambiente.

Infine, qualche regola di buon comportamento manageriale: calma, compostezza, controllo della situazione, riservatezza.


Work-life balance: le due dimensioni oggi si sovrappongono spesso. Qual è la sua ricetta?

Oggi sempre di più si dà a questa parola un significato sbagliato, a mio parere.

Work-life balance non significa mettere in un cassetto il telefono aziendale alla sera o nel fine settimana e con questo gesto “simbolico” mettere in stand by il lavoro rispetto alla vita personale.

Per lo meno io non sono diventata dirigente di una multinazionale a meno di 35 anni facendo questo e anche oggi tra una mail o una telefonata del mio capo e la mia risposta raramente passa più di una mezz’ora.

Per me work-life balance è valorizzazione della propria vita personale al di là del lavoro. L’individuo è altro rispetto alla carica che ricopre e al lavoro che svolge. E spesso questa valorizzazione avviene mantenendo la riservatezza sulla propria sfera personale. Avere progetti, hobby, passioni oltre il lavoro è sempre stata la mia “ricetta” per mantenere il giusto equilibrio. Suonerà poi scontato, ma se si è in coppia, essere reciprocamente comprensivi con il partner è essenziale.


Essere uomo o donna sul lavoro oggi fa ancora differenza? Come e perché?

Nel mio percorso professionale non ho mai, per fortuna, percepito una differenza rispetto ai colleghi uomini. D’altro canto, credo di non essermi mai posta in modo differente da loro in quanto donna. Per me, il punto è questo.

Ci sono settori, tuttavia, dove questa differenza si percepisce e le donne lo sanno. Per esempio con il mio lavoro da alcuni anni stiamo portando avanti un progetto che coinvolge le donne chef nell’alta ristorazione. Ecco, in questo caso c’è ancora del lavoro da fare, anche solo semplicemente perché le cucine professionali sono studiate per un individuo con un’altezza media di 170 cm.


Quali pensa siano i punti di forza di un’associazione come Manageritalia nel promuovere e sostenere la leadership manageriale?

Ritengo che il ruolo fondamentale di Manageritalia sia stato l’aver creato una cultura manageriale distintiva e di continuare a svilupparla con progetti e iniziative, che vanno nettamente al di là dei “basics” che ci si aspetta da un’associazione di categoria. Oggi credo che il maggiore punto di forza sia creare progetti con un impatto concreto, attuale e in prospettiva, sulla società, senza limitarsi alla popolazione dei propri associati.


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