A ciascuno il suo Mentor. Manuale di Mentoring, David Clutterbuck (Franco Angeli editore, 264 pagine)
Perché leggerlo
Il libro è tra le pubblicazioni più citate nel mondo del mentoring ed è scritto da uno degli autori più prolifici a livello mondiale su questo argomento. Affronta in modo chiaro cosa è il mentoring e cosa non è.
Il mentoring è una metodologia di formazione mediante la relazione tra un soggetto con più esperienza (senior, mentor) e uno con meno esperienza (junior, mentee, protégé), cioè un allievo, al fine di far sviluppare a quest’ultimo delle competenze. Il mentor condivide il proprio sapere ed esperienze acquisite con il proprio mentee al fine di favorire la sua crescita personale e professionale.
Il libro contiene anche un’ampia bibliografia sugli studi di settore che dimostrano come i programmi di mentoring aumentino la soddisfazione del personale, accelerino lo sviluppo della leadership e riducano la curva di apprendimento in risposta a un mercato sempre più competitivo. I datori di lavoro hanno scoperto che avere un programma di mentoring ben gestito ha un impatto significativo e positivo sia sul reclutamento sia sulla fidelizzazione delle persone. In alcuni casi, le dimissioni di giovani laureati nel primo anno dalla assunzione è stata ridotta di due terzi semplicemente per la presenza di un mentor che, al di fuori della struttura gerarchica, ha l’interesse ad ascoltare e l’apertura mentale necessaria per aiutare il mentee ad orientarsi nell’organizzazione e nella gestione della sua carriera.
Quali caratteristiche deve avere un bravo mentor? Che cosa lo rende efficace? Prima di tutto, deve saper gestire la relazione con la persona che sta seguendo, lo deve incoraggiare trasferendogli sapere in un clima di reciproco rispetto. Inoltre, il mentor è colui che guida e consiglia anche attraverso la capacità di raccontare storie e riportare le proprie esperienze, rispondendo così a una delle domande fondamentali quando si parla di mentoring: “Chi vuoi diventare? E perché?”.
Key messages:
• la necessità di imparare e il bisogno di aiutare gli altri a imparare sono pulsioni emotive radicate nella maggior parte delle persone;
• nei momenti chiave della nostra vita, avere un mentor può fare la differenza nelle scelte che facciamo, nel sentirci sicuri di farle e per ottenere ciò che vogliamo;
• aiutare un giovane lavoratore a fare progressi può essere un’esperienza stimolante per un mentor, soprattutto se la sua carriera ha raggiunto un livello stabile. Alcuni manager con carriere di alto livello, reale o percepito, trovano la sfida del mentoring sia gratificante che stimolante e ricevono allo stesso tempo una rinnovata motivazione per la gestione delle loro carriere;
• il mentor ha lo scopo di rendere il mentee autonomo non appena possibile;
• il lavoro di ogni manager dovrebbe comportare un significativo sforzo nello sviluppo di altre persone.
L’autore
David Clutterbuck è uno dei principali esponenti del mentoring a livello internazionale. È uno dei co-fondatori dell’European Mentoring&Coaching Council, una delle più importanti organizzazioni professionali del settore in Europa. Autore di oltre 70 libri e centinaia di articoli, è un relatore molto richiesto in tutto il mondo.
Power Mentoring: How Successful Mentors and Proteges Get the Most Out of Their Relationships, Ellen A. Ensher, Susan Murphy (Jossey-Bass editore, 478 pagine)
Perché leggerlo
Perché preoccuparti di essere un buon mentor? Perché le ricerche dimostrano come le persone senior coinvolte in attività di mentoring e tutoraggio tendono ad essere più coinvolte nel loro lavoro e ottengono più promozioni rispetto a coloro che non lo sono. Questo libro di Ellen A. Ensher e Susan Murphy fornisce alcuni suggerimenti per costruire le abilità necessarie al buon mentore. E lo fa partendo dalla definizione di cosa è un mentore e cosa deve fare.
In primo luogo, i mentor forniscono supporto alle attività delle persone che seguono, solitamente neoassunti in azienda. Supporto che si esprime attraverso sponsorizzazioni del giovane all’interno dell’organizzazione, presentazioni a colleghi e superiori e feedback critici all’operato del mentee. I bravi mentor inoltre fungono da modelli di riferimento, sanno ascoltare e sanno porre le domande giuste perché, come ci ricorda l’autrice, essere un buon mentore non significa avere tutte le risposte, ma piuttosto saper fare le domande giuste e costruire un buon livello di fiducia reciproca.
Il mentor deve poi verificare e riconoscere i progressi raggiunti dalla persona che segue. Deve quindi predisporre momenti periodici di controllo delle attività svolte e fornire feedback trasparenti rispetto all’operato e celebrando come piccole vittorie i progressi raggiunti. Giusto celebrare i successi perché nella relazione di tutoraggio non mancheranno i momenti critici. Le ricerche dimostrano infatti che il 20% delle relazioni di tutoraggio sperimenta qualche momento critico dovuto principalmente alla mancanza di tempo e alla scarsa comunicazione. Tutti sono troppo occupati e il mentoring può essere percepito come l’ennesima attività da aggiungere alla lista delle cosa da fare ma non deve essere così perché il mentoring porta benefici alla carriera e alla soddisfazione lavorativa anche del mentor.
Key messages:
• imparare a gestire e superare gli ostacoli durante un’attività di mentoring può far crescere le capacità professionali anche del mentor;
• il mentor deve sempre supportare in modo positivo il suo mentee incoraggiandolo e rafforzando il rapporto di fiducia dando anche feedback difficili, diretti se necessari alla loro crescita;
• il lavoro del mentor è quello di creare valore per l’organizzazione facendo crescere le persone che sta affiancando diventando anche i loro principali “tifosi”.
Le autrici
Ellen A. Ensher insegna management presso la Loyola Marymount University di Los Angeles, ha una consolidata esperienza nei programmi di tutoraggio e consulenza professionale ed è speaker in workshop e conferenze per organizzazioni pubbliche e private in tutto il mondo. È apparsa come ospite in diversi podcast e programmi radiofonici e TV. Il suo blog e il suo discorso su TEDx su come diventare un mentore migliore sono disponibili su www.ellenensher.com.
Susan Murphy insegna psicologia al Claremont McKenna College ed è preside associato dell’Henry R. Kravis Leadership Institute di Claremont, California.
The advice trap, Michael Bungay Stanier (Page Two, pagg. 224)
Perché leggerlo
Nelle sessioni di mentoring, coaching o tutoring, seppure con le differenze di questi tre approcci distinti, subentra inevitabilmente la componente del consiglio/orientamento. Leader e professionisti offrono consigli per agevolare il confronto con le sfide professionali e personali. L’obiettivo? Permettere di cogliere nuove opportunità. Eppure, ci mette in guardia Michael Bungay Stanier, molto spesso i consigli che offriamo non sono richiesti e disorientano chi li riceve. Insomma, sono controproducenti. Il problema – decisamente serio – è che chi ricopre un ruolo che prevede la guida non ascolta abbastanza per cogliere le necessarie informazioni. Si fanno ipotesi cadendo nella trappola del voler offrire soluzioni immediate e passe-partout, anziché trovare insieme e selezionare attentamente quelle possibili e coerenti rispetto alle problematiche emerse. L’errore di fondo è che si sottostima il nostro interlocutore e, così facendo, si uccide l’innovazione, che dovrebbe emergere in seguito a un processo creativo stimolato, non calato dall’alto sulla base di presupposti spesso fallaci. Chi ricopre ruoli di leadership o di orientamento è spesso vittima di un vero e proprio “mostro” da tenere a bada, spiega Bungay Stanier. Occorre rivolgere le domande giuste, aperte, che consentano di avere un quadro il più completo possibile della questione da affrontare. Anche il follow-up risulta determinante e in ogni fase dovremmo saper far emergere le sfide principali: che cosa si vuole realmente realizzare? quanto siamo disposti a metterci in gioco? quali assi nella manica possediamo? Analisi e ponderazione: dobbiamo sfondare il muro della superficialità con il giusto tatto, ma anche con fermezza. Il libro offre utili spunti per costruire il giusto mindset di chi guida e orienta, invitando a mettersi in discussione e a continuare a imparare prima di prendere per mano gli altri.
Key messages:
• in genere, il problema che viene in mente non è davvero il problema ma solo un sintomo;
• a molti non piace affrontare confronti che svelino la propria vulnerabilità, ma sta a noi far sentire gli altri “al sicuro” e impostare un dialogo che possa, realmente, trasformare;
• anziché “vendere” soluzioni dovremmo imparare a porre più domande di qualità. Domande aperte, che consentano di avere un quadro il più completo possibile della questione da affrontare;
• se ti viene presentato un problema definito alla perfezione, quasi sicuramente i tuoi consigli non saranno così utili;
• la motivazione interna non di rado induce alla presunzione di avere sempre la ricetta giusta e immediata per il nostro interlocutore, ma le conseguenze possono essere gravi, soprattutto in un momento di forte stress. Così facendo rischiamo di manipolare chi si affida a noi e ci dà una fiducia che tuttavia non sempre è ricambiata;
• guida con curiosità. Fai molte domande. Dovresti guidare con la tua curiosità, non con i tuoi consigli. Facendo molte domande, non solo capirai meglio cosa sta succedendo veramente, ma aiuterai anche l’altra persona a imparare a pensare ai propri problemi in un modo più guidato;
• il peggior consiglio è “se fossi in te, questo è quello che farei”. Come mai? Perché stai filtrando i tuoi consigli attraverso il tuo obiettivo, non il mondo dell’altra persona. Quando offri un consiglio, mettiti prima nella posizione dell’altra persona e prova a immaginare come ci si sente a essere nei suoi panni. In che modo i loro sentimenti e le loro preoccupazioni potrebbero differire da ciò che sperimenteresti se ti trovassi nella loro situazione?
• un bravo mentor è anche un bravo coach. Ha un’esperienza da condividere con il mentee, fornisce consigli basandosi sulla propria specifica esperienza, ma dovrebbe allo stesso tempo sollecitare le soluzioni in modo creativo. I grandi mentor sanno come porre domande di coaching.
L’autore
Michael Bungay Stanier è uno dei principali esperti di coaching e mentorship, speaker e autore di bestseller. The Coaching Habit ha venduto più di 500.000 copie dalla sua uscita nel 2016, e Do More Great Work 100.000. È il fondatore di Box of Crayons, un’azienda che rafforza la leadership e la cultura all’interno delle organizzazioni fornendo a manager e leader gli strumenti per allenare in modo efficace. Lavora con clienti di tutti i settori, inclusi Microsoft, Volvo, Nazioni Unite, Sotheby’s e PwC. Borsista Rhodes, è stato selezionato da Marshall Goldsmith come il leader del pensiero numero 1 nel coaching nel mondo.
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