Un’indagine realizzata dal Corriere della Sera ha evidenziato come in dieci anni nel nostro Paese le donne presidenti nelle 30 principali società quotate erano passate dal 5% del 2008 al 18% del 2018.
La legge Golfo-Mosca sulle quote introdotta nel 2011 ha portato la presenza femminile nei cda al 33,1%, come richiesto, ma non è riuscita a fare il passo successivo e raggiungere le cariche più alte. Si tratta di processi lunghi e la legge è prossima alla scadenza. Si è resa necessaria una proroga, da tre a sei mandati consecutivi, inserendo un emendamento al decreto legge fiscale, per far assestare il processo culturale. Il rischio di un ritorno indietro è alto nonostante le analisi siano univoche nel quantificare i benefici che la diversità porta alle aziende e alla società.
Nel mondo, solo il 6,4% dei capi sono donne: una disparità che secondo recenti dati ManpowerGroup verrà superata tra oltre 100 anni, visti gli attuali tassi di cambiamento. Gli effetti negativi di questa discriminazione sono evidenti. In Italia lavora solo il 50% delle donne, ma il loro ingresso sul mercato farebbe aumentare il Pil di parecchi punti.
L’economia ha bisogno di loro, e ha bisogno di donne in posizioni di leadership: non è solo un tema etico ma un punto critico per le aziende del futuro. Un recente dossier del Comitato economico e sociale europeo di Bruxelles ha stimato che il mondo perde l’equivalente di 140 trilioni di euro per il fatto che le donne non partecipano pienamente al mercato del lavoro e hanno stipendi inferiori agli uomini.