Venerdì 13 dicembre dalle 12 alle 13 il prossimo appuntamento del ciclo Friday’s Manager, organizzato come sempre da XLabor, la divisione del mercato del lavoro manageriale di Manageritalia, è intitolato “Board member – Ruolo, competenze e percorsi dei consiglieri di amministrazione” (CLICCA QUI per registrarti e partecipare). Ne parleremo con Patrizia Giangualano, board member di varie società quotate in borsa, consigliere Nedcommunity e Silvia Pugi, deputy secretary general Cec. A entrambe abbiamo posto alcune domande in vista dell’incontro.
Come si è evoluto il ruolo dei membri dei Consigli di amministrazione?
Patrizia Giangualano: «La cultura della governance è fortemente evoluta negli ultimi anni. La terminologia e il concetto di una buona governance stanno superando gli argini degli ambiti specialistici. In particolare, le valutazioni degli investitori sui temi Esg pongono una grande attenzione al modo con il quale l’azienda viene amministrata, all’insieme di regole che disciplinano la gestione, la direzione e il coordinamento. Particolare attenzione è oggi riservata ai componenti del consiglio di amministrazione e alla consapevolezza del loro ruolo in relazione al modello di governance prescelto. Ogni componente del governo d’impresa è responsabile nei confronti degli altri. Parliamo degli azionisti come del Consiglio di amministrazione, del team di gestione esecutiva, così come i dipendenti della società e di tutti gli stakeholder. La corporate governance deve assicurare una coesione di intenti e un’adeguata struttura organizzativa nel raggiungimento degli obiettivi prefissati».
Le nuove competenze più richieste oggi sono digitalizzazione e sostenibilità: come sono entrate nel cda?
Patrizia Giangualano: «Le richiede il mercato e le nuove sfide che le aziende dovranno affrontare. La transizione energetica e l’innovazione sostenibile, driver dello sviluppo delle società nel lungo periodo, necessitano di competenze variegate che oltre agli aspetti di conoscenza del business, legali, della governance, di gestone dei rischi e dei controlli, sulle remunerazioni sappiano integrare la digitalizzazione e la sostenibilità nei programmi di crescita dell’impresa. Requisiti fondamentali per divenire degli attivi agenti del cambiamento».
Silvia Pugi: «Le competenze di digitalizzazione e sostenibilità sono entrate nel board, perché sono richieste per garantire la competitività aziendale. Ai membri del cda, lato digitale è richiesto di valutare le opportunità offerte dall’adozione di nuove tecnologie, come adattare le strutture organizzative e i flussi informativi e come gestire i rischi ad esse associati (basti pensare all’IA). Lato sostenibilità, è richiesto di integrarla nella strategia aziendale, di assicurare il rispetto degli obblighi normativi (a partire dalla Csrd e risk management), e di inserirla nella governance, a partire da Kpi e remunerazione del top management».
Che differenza c’è tra essere in un cda come manager dipendenti dell’azienda e come consiglieri indipendenti?
Patrizia Giangualano: «Essere amministratori non esecutivi e indipendenti significa non avere funzioni direttive all’interno della società e per gli indipendenti anche soddisfare determinati requisiti personali e di assenza di conflitti di interessi. Un ruolo completamente diverse dal manager che entra in un cda allo scopo anche di indirizzare azioni in linea con la sua funzione e le aspettative degli azionisti che lo hanno proposto nel consiglio. Quando si è nel board si lavora come una squadra e tutti rispondiamo di fronte agli azioni e agli stakeholder, ma certamente il manager dipendente ha indirizzi ben precisi da far applicare nel consenso generale».
Silvia Pugi: «I manager dipendenti sono membri del Cda che ricoprono anche ruoli operativi all’interno dell’azienda, spesso Ceo o Cfo sono coinvolti nella gestione attiva dell’azienda e la loro funzione principale è garantire il raggiungimento degli obiettivi aziendali. I consiglieri indipendenti, invece, hanno il compito di fornire una supervisione obiettiva e contribuire alla governance dell’azienda senza conflitti di interesse, fornendo appunto un apporto esterno».
Ci sono persone che stanno in più Cda, che cosa comporta e può essere una professione?
Patrizia Giangualano: «Personalmente non credo sia una professione. Le persone vengono scelte per le competenze che possono apportare alla società in funzione anche della loro attività professionale. Certamente, per poter partecipare a più consigli è necessario avere disponibilità di tempo per le riunioni e lo studio dei flussi informativi. I consiglieri, a mio giudizio, dovrebbero aver maturato conoscenze distintive nei settori di riferimento o, in alternativa, seguire precisi programmi di induction, ma, soprattutto, devono dimostrare di avere competenza nella governance che richiede una familiarità e dimestichezza nel ruolo. Certamente una storia di vita nei consigli aiuta ad essere più efficaci ed efficienti nel ruolo e a portare contributi di eccellenza».
Silvia Pugi: «Le aziende spesso cercano consiglieri con esperienza diversificata per migliorare la loro governance e strategia e nei Cda meglio bilanciati troviamo professionisti (avvocati, commercialisti), professori universitari, manager d’azienda. Premesso che il ruolo di consigliere è impegnativo in termini di tempo, è chiaro che avere una propria attività professionale fuori dal Cda contribuisce a mantenere aggiornate le competenze portate nel board».
Le differenze tra il Cda di una società quotata o non quotata?
Patrizia Giangualano: «Le differenze sono molte. Le quotate hanno precise norme da seguire e le loro azioni hanno impatti diretti sul mercato. Esistono poi delle regole di corporate governance alle quali si devono adeguare nel tempo, dimostrando il loro percorso di compliance o, in alternativa, spiegare le ragioni della loro non adesione. Le aziende non quotate hanno più libertà nei confronti del mercato, ma certamente essendo inserite in un contesto produttivo devono fare conti con tutti gli stakeholder coinvolti nel loro percorso di crescita e di sviluppo sostenibile.
Nelle imprese non quotate la governance è sempre più uno strumento della leadership aziendale per amministrare e guidare l’organizzazione verso la propria visione, un modo per ridurre i rischi e mantenere una relazione buona e proficua con tutti gli stakeholder. Spesso, soprattutto nelle piccole e medie imprese, non si può sostenere che il governo d’azienda sia un compito degli amministratori, così come non è possibile affermare che la fase di execution aziendale, cioè di raggiungimento degli obiettivi aziendali, spetti ai manager. In molti casi i due aspetti rimangono insieme, nelle mani del leader d’impresa».
Silvia Pugi: «I membri del Cda di società quotate si trovano in un contesto altamente regolato con forti responsabilità pubbliche, incluse quelle legate all’andamento di borsa del titolo. I consiglieri nelle società non quotate hanno meno obblighi di compliance e maggiore flessibilità nella gestione, potendo focalizzarsi sugli obiettivi interni della gestione. Entrare nel Cda di una società non quotata è un’ottima palestra per prepararsi a una quotata».
Cosa ci dice delle quote di genere nei Cda?
Patrizia Giangualano: «La legge Golfo-Mosca che ha reso obbligatoria una rappresentanza equilibrata di genere nei consigli di amministrazione delle società italiane quotate ha migliorato il processo di selezione non solo per le donne ma anche per gli uomini, senza alcun costo a breve termine in fatto di performance finanziaria dell’azienda o di valore delle azioni. Spesso quando le quote di genere sono applicate, le aziende hanno livelli medi di istruzione più alti di tutti i membri del consiglio e meno membri anziani rispetto al periodo precedente. Quindi un risultato importante per la governance nel suo complesso e per le donne che con questa legge sono riuscite ad accedere, in base alle loro competenze e qualità, a posizioni che nel percorso di sviluppo delle società erano spesso precluse. Resta ancora molto da fare sull’evoluzioni delle posizioni manageriali. Certamente avere in consiglio le quote meno rappresentate dovrebbe facilitarne il percorso di valorizzazione».
Silvia Pugi: «Manageritalia intende favorire la diversità di genere nei ruoli decisionali, a livello di manager e di board member. Le donne nei Cda delle aziende non soggette alla legge Golfo-Mosca sono ancora una quota molto minoritaria. Per questo, Manageritalia da alcuni anni propone il percorso #WomenOnBoard, un’iniziativa dedicata a supportare le donne che aspirano a entrare nei consigli di amministrazione delle imprese pubbliche e private. Si tratta di un iter formativo, totalmente gratuito, che ogni anno è seguito da circa 2.000 persone».
#WomenOnBoard è un progetto promosso da Manageritalia, Federmanager, Aidp, Hub del Territorio, in collaborazione con il Consiglio nazionale dei commercialisti e degli esperti contabili, l’Associazione nazionale forense e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro.
Friday’s Manager – venerdì 13 dicembre 12-13
“Board member – Ruolo, competenze e percorsi dei consiglieri di amministrazione”.CLICCA QUI per registrarti
Vedi anche: Women On board: terza edizione al via