Al via oggi il secondo appuntamento del ciclo Time Out della Comunicazione, in diretta sui social di Manageritalia (SEGUI QUI, DALLE 18 ALLE 19): organizzato dall’area Comunicatori di Manageritalia Executive Professional, questa volta intende approfondire come costruire strategie efficaci e affrontare le sfide della comunicazione interna aziendale.
Protagoniste dell’incontro, intitolato “La comunicazione interna tra epic fail e valorizzazione esterna del brand”, Isabella Cattan, Head of Internal Communication di Leonardo, e Martina Marmotta, Head of Internal Communication di Italo, che analizzeranno casi concreti e offriranno un utile vademecum per potenziare la comunicazione interna ed esterna, puntando su strumenti innovativi e coinvolgenti.
L’importanza degli ambasciatori del brand
Uno degli argomenti centrali dell’incontro sarà il ruolo dei dipendenti come ambasciatori di un brand. Questo approccio, spesso sottovalutato, può rivelarsi cruciale: secondo una ricerca di Nielsen, l’84% delle persone si fida più dei consigli di amici, conoscenti e familiari rispetto ad altre forme di marketing. La fiducia, la rilevanza e la connessione emotiva che i dipendenti trasmettono alla loro rete personale sono dunque elementi fondamentali per il successo delle strategie di comunicazione.
Tuttavia, la potenza dei social media è un’arma a doppio taglio, come dimostrano alcuni incidenti che hanno fatto scuola nel mondo della comunicazione aziendale.
Incidenti emblematici: quando i social media diventano un boomerang
Negli ultimi anni, diversi casi di utilizzo irresponsabile dei social media da parte di dipendenti hanno avuto conseguenze disastrose per le aziende coinvolte:
Basti pensare a Ikea e al caso in Polonia del lavoratore licenziato nel 2019 per aver pubblicato sui social commenti inappropriati in risposta a una campagna dell’azienda a favore dei diritti Lgbt.
E che dire del post di un pilota di Air Canada, rimosso dal servizio dopo aver pubblicato una foto con un cartello offensivo che si riferiva a Hitler durante una manifestazione? L’azienda ha denunciato l’episodio come “inaccettabile” e ha riaffermato il suo impegno contro ogni forma di violenza e discriminazione. I commenti antisemiti sui social di un dipendente di Citigroup hanno provocato la chiusura del loro rapporto di lavoro.
Nel 2009, due dipendenti di Domino’s Pizza hanno pubblicato un video in cui compivano atti poco igienici nella cucina del ristorante: diventato immediatamente virale, ha causato enormi danni alla reputazione del brand (Paul Gallagher, esperto di crisi digitali, definì l’incidente “un incubo” per la gestione della reputazione online).
La responsabilità digitale: una sfida per aziende e dipendenti
Questi esempi dimostrano quanto sia cruciale gestire con attenzione la presenza online dei propri collaboratori. Di fronte a casi in Italia, la Corte di Cassazione italiana ha più volte sottolineato che il diritto alla libertà di espressione incontra limiti, specialmente quando si rischia di danneggiare la reputazione dell’azienda. Un uso improprio dei social media può portare a sanzioni disciplinari, fino al licenziamento.
Esempi virtuosi: MasterCard, Starbucks, Reebok e Vodafone
Fortunatamente, ci sono anche casi di successo di employee advocacy. MasterCard, con il suo programma Employee Ambassador, coinvolge 400 dipendenti nella condivisione di contenuti sui social, offrendo linee guida chiare e supporto formativo. Starbucks definisce i dipendenti “partner” perché in grado di promuovere il marchio attraverso account ufficiali, offrendo indicazioni per enfatizzare passione, responsabilità e valori aziendali. Reebok con l’hashtag irriverente #FitAssCompany incentiva il personale a condividere post autentici e personali legati al fitness, mentre Vodafone ha istituito un Social Comms Team responsabile della gestione del suo programma di advocacy dei dipendenti, Go Social.
Con un approccio strutturato e il supporto di linee guida chiare, i lavoratori possono dunque diventare potenti ambasciatori del brand, contribuendo a rafforzare l’immagine aziendale e a creare un senso di appartenenza.
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