Quel tizio chiamato Caio – Chief artificial intelligence officer
Tizio, Caio o Sempronio? A quanto pare, meglio Caio. Per alcuni, è il lavoro manageriale dell’anno: il Chief artificial intelligence officer (Caio). Negli Stati Uniti, l’11% delle aziende di medie e grandi dimensioni ha già nominato una persona dedicata esclusivamente al tema dell’intelligenza artificiale. Il primo summit Caio si è tenuto a Boston a dicembre. Insomma, il tema è caldo. Ma che fa sto tizio? Sviluppa e attua le strategie di IA (ovvio); definisce regole etiche per l’uso dell’IA e monitora la conformità; valuta e mitiga i rischi dell’IA e supporta l’introduzione dell’IA nella gestione del cambiamento, garantendo un approccio armonizzato. Chiaramente, un’azienda che crea questa posizione segnala al mondo esterno: “prendiamo l’IA maledettamente sul serio!”. Tuttavia, il Caio sarà solo una figura di transizione, come il Chief artificial intelligence officer (CDO) negli anni 2010. Nel giro di pochi anni, l’intelligenza artificiale sarà onnipresente e integrata in ogni prodotto. L’utilizzo dell’intelligenza artificiale sarà quindi un dovere, non più un optional. Un membro del consiglio di amministrazione dedicato a questo tema diventerà quindi superfluo. Se nominate un Caio, dovreste chiarire che si tratta di un incarico temporaneo.
Il robo-moderatore – Ora comanda il meetbot
Secondo Dash Bibhudatta, ex consulente McKinsey e fondatore della società di intelligenza artificiale Infinite Possibilities, in futuro ogni video conferenza sarà moderata, guidata e controllata da un algoritmo. Gran parte di ciò che Dash descrive è effettivamente già in fase di sviluppo. Zoom, per esempio, sta già testando un compagno IA che crea un riepilogo di ciò che è stato detto e risponde anche a domande come “Di cosa trattava ancora il punto tre dell’ordine del giorno?”. Tuttavia, tutto questo presenta aspetti assai discutibili. L’IA che analizza “la scelta delle parole e il comportamento” fa sentire tutti dei sorvegliati speciali. Se c’è un arbitro IA sempre in agguato, lo scambio aperto è a rischio, compresa l’innovazione.
La grande sfida per l’HR – L’IA impone il preskilling
Dicasi prequalificazione: utile, quando il futuro appare assai incerto. Ne è sicuro Tomas Chamorro-Premuzic, responsabile innovazione di Manpower e autore di I, Human: AI, automation, and the Quest to Reclaim What Makes Us Unique. La sua tesi? Per ogni euro investito in tecnologie moderne come l’IA, nove euro devono essere investiti in risorse umane. Questo perché l’ingresso nel mondo dell’IA richiede una riorganizzazione dell’intera organizzazione.
Il preskilling è la parola “magica” del momento per preparasi alle sfide. Ecco i cinque punti. 1) Guardare per decidere le promozioni, soprattutto al potenziale e alla capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti. Infatti, il fattore decisivo non sarà quello che la persona sa fare oggi, ma quello che sarà in grado di fare domani. 2) Dare feedback (più) sinceri. Le persone di talento hanno bisogno di un feedback onesto per potersi sviluppare ulteriormente. 3) Scegliere e formare i generalisti, non gli specialisti. In futuro sarà più importante costruire nuovi punti di forza. I dipendenti devono diventare più versatili e ampliare le loro competenze. 4) Rafforzare il middle management, i cui compiti saranno sempre più diversificati per guidare team ibridi e gestire la stressante transizione verso il mondo dell’IA. 5) Investire in nuove competenze di leadership. In futuro, la donna o l’uomo al timone dovrà soprattutto motivare, ispirare e promuovere la collaborazione.
L’ufficio che non ti aspetti – Tre idee per domani
A vedere il walking office room viene solo da ridere, ma a quanto pare qualcuno lo prende sul serio (in azienda). È una sorta di tapis roulant di grandi dimensioni integrato nel pavimento dell’ufficio. Qui possono riunirsi fino a otto persone contemporaneamente mentre camminano (corrono?). Il ritmo può essere regolato: da una piacevole passeggiata a una marcia spedita. Il produttore olandese Walkingroom fa riferimento alla scoperta della scienza del lavoro secondo cui le persone hanno
idee migliori quando camminano. Sì, questo lo diceva anche Platone o Nietzsche, ma, Dio Santo, intendevano altro. Voto? Zero. Lo studio di architettura NBBJ ha sviluppato un ufficio che, all’occorrenza, può essere facilmente convertito in appartamenti. Ciò è possibile grazie a piani intermedi mobili in legno laminato. Esempio: un laboratorio di ricerca e sviluppo a due piani con soffitti alti cinque metri può essere trasformato in tre piani aggiungendone uno intermedio. Voto? Già meglio. In futuro, i dipendenti lavoreranno in una capanna prefabbricata personalizzata. Potranno prenotare questi cosiddetti Gig office come se fossero un hotel. Lì, troveranno tutto il necessario per connettersi alla rete aziendale: computer, occhiali AR/VR, wifi. Le cabine saranno anche dotate di posti letto. Potrebbero essere collocate in luoghi attraenti, ad esempio
nei parchi nazionali, per aumentare l’attrattiva del datore di lavoro. Questa visione proviene dalla società di design SO-IL. Voto? Chiedere ai nomadi digitali.