Comunicazione e comunicatori: a tu per tu con Carola Salvato

Carola Salvato, CEO Havas Health & You Italia, si confronta con noi sulle linee guida per chi fa della comunicazione la sua professione. Un approfondimento che si inserisce nell’attività dell’Area Comunicatori di Manageritalia Executive Professional, che ha appena lanciato una survey per fare il punto su prospettive, sfide e opportunità di questo ruolo strategico

All’interno delle iniziative volte a comprendere il futuro della comunicazione e dei comunicatori, l’Area Comunicatori di Manageritalia Executive Professional ha lanciato un’indagine realizzata da AstraRicerche, in collaborazione con COM&TEC e tekom Europe.

Per approfondire prospettive e sfide in questo ambito strategico, abbiamo raccolto il punto di vista di Carola Salvato, CEO Havas Health & You Italia, presidente di GWPR e AssoHealth, eHealth Advisor Foolfarm, Consulente per la comunicazione e membro del Consiglio direttivo di Diplomatia.

Cosa è cambiato e/o sta cambiando di determinante nella comunicazione oggi e in ottica futura?

«Parto dalla fine e da una evidenza: il mondo della comunicazione è in costante evoluzione, esattamente come il contesto in cui vive ogni professionista. Il comunicatore, spesso anche per difficoltà intrinseche al sistema in cui opera, esprime poca capacità di autocritica, contraddittorio, ascolto e adattamento.

Tutto è mutato, noi siamo cambiati, il mondo stesso, in primis l’informazione con la quale interagiamo, si è spostata di piano, questa è l’era dell’incertezza multilivello. Il comunicatore si muove in questa precarietà anche di intenti. Viviamo una “policrisi”: post Covid + guerra + disastri ambientali + forzatura tecnologica + instabilità politica + errori politici + instabilità finanziaria e del sistema occidentale.

Le crisi si sono trasformate infatti in una crisi circolare del sistema globale stesso, nella quale gli effetti si combinano in un modo decisamente più impetuoso dei danni che causerebbero singolarmente. Tutto questo alimenta inevitabilmente informazioni spesso distorte, contrastanti, opposte, forzate. L’atto del comunicare è oggi decisamente più complesso e la comunicazione si è resa più manifesta delle sue fragilità poiché è auto-alimentata da un sistema ibrido e iperconnesso che può influenzarla in vari modi e per diverse cause, interessi e comportamenti».

Come cambia il ruolo di chi comunica e lo fa come professione?

«Oggi tendiamo ad amplificare tutti i messaggi che produciamo e spesso la nostra è una modalità iper-critica e bipolare, dimenticando talvolta la funzione stessa del ruolo dell’informare: facilitare la trasmissione efficace e appropriata delle informazioni e dell’orientare insita nel dna della professione del comunicatore. Il nostro, lo sappiamo, è un pubblico poliedrico: individui, gruppi e organizzazioni al quale vanno adattati messaggi ad hoc riferiti alle esigenze e alle aspettative del pubblico specifico.

Per i comunicatori illuminati il livello del promuovere ha visto una sua espansione cognitiva evidente; sappiamo che la chiave è nell’adesione e nell’ingaggio (messaggio-audience), nel coinvolgimento e nella disseminazione. Trovare le leve per forzare l’espressione del valore, tra stile ed etica, spesso è la chiave di volta nell’equazione comunicare, informare, divulgare, promuovere nuove azioni e comportamenti».

Quali i tre must che un comunicatore di professione deve avere oggi?

«Il ruolo del comunicatore è anche quello del facilitatore. I must che deve incarnare e rappresentare sono i valori e i principi legati alle ragioni per cui ha deciso di svolgere una professione delicata e prospetticamente rilevante per il futuro della collettività e del Paese.

Oltre ai valori guida, certamente la capacità di ascolto e di mediazione e coraggio come premessa per alimentare un approccio etico. Capacità trasversali come l’empatia e l’ascolto attivo, la capacità di lavorare in contesti compositi e la padronanza di diverse forme di comunicazione, senza dimenticare la capacità di storytelling intorno alle premesse».

Cosa serve per valorizzare il ruolo dei comunicatori?

«Il ruolo del comunicatore è versatile, non facilita solo il flusso di informazioni, costruisce, un’azione alla volta, la reputazione di un’organizzazione o di una voce pubblica, così come di un marchio. Questa figura ha spesso (nel bene e nel male) il compito di convincere, influenzare e ispirare il pubblico al quale si rivolge. Definire questa professione in modo inequivocabile e le responsabilità connesse, così come dare visibilità al valore del ruolo e al suo impatto, mette in evidenza, se non al centro, le ragioni etiche».

La certificazione delle competenze potrebbe essere la soluzione alle “incomprensioni” sull’importanza del Comunicatore nei processi di crescita?

«Credo che sia vitale, oggi più che mai, in una società che si sta appiattendo o livellando verso il basso e che tende a facilitare tutto, contenuti, processi, approcci, messaggi. Dare forza a questo ruolo dal di dentro significa promuoverlo e lavorare insieme sul piano della rappresentanza e di una maggiore presa in carico».

Che cosa potrebbe far avviare un processo di valorizzazione della professione del Comunicatore?

«Costruire intorno a questo ruolo non solo un progetto di sostanza ma di reale endorsement dei professionisti».

Si può parlare di etica e sostenibilità nella Comunicazione?

«Non solo si può, si deve. La comunicazione influenza parole, pensieri e azioni ed è alla base di come noi, a seguire, possiamo o meno percepire la ragione o la verità dei fatti. La verità non è la realtà e il comunicatore si muove tra questi due punti».

Di che cosa ha bisogno la community dei Comunicatori per far valere diritti e rappresentanza?

«Di farsi sentire e condividere con la politica le proprie esigenze, che non sono di carattere personale ma, viceversa, collettivo poiché impattano, influenzano tutti».

PARTECIPA ALL’INDAGINE SUI COMUNICATORI

Facebook
LinkedIn
WhatsApp

Potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca