#Covid-19: il vaccino per lavoro e business è la resilienza

Tutti a parlare di resilienza, ma cos’è, dov’è, ce l’abbiamo tutti? E gli individui, manager, lavoratori, organizzazioni, aziende, comunità… come possono essere resilienti? Cerchiamo di capirlo “rubando” qualcosa a Carlo Romanelli

Lo conosciamo in tanti da una vita, anche se non è vecchissimo. Abbiamo fatto con lui corsi, chiacchierate… Ogni tanto, “spesso”, ci esorta a essere resilienti e ci forma ad esserlo.
Però, oggi che c’è il covid-19, essere resilienti non è più un optional, è un must. Allora abbiamo carpito e messo insieme alcune recenti elaborazioni di Carlo Romanelli ed ecco cosa ne è uscito.


Di resilienza Carlo Romanelli si occupa da 20 anni, dopo essersi formato alla scuola
californiana di un grande maestro come Salvatore “Sal” Maddi e di Deborah Khoshaba. Loro hanno dedicato tutta la loro vita di studiosi e docenti a questo tema fondando The Hardiness Institute, l’unico istituto al mondo che si occupa esclusivamente di resilienza e che Romanelli con la sua società, Net Working Srl, rappresenta in Italia e in Europa.


Allora ecco, tra virgolettati e non, un puzzle che ci guida alla resilienza e che culmina con dei video che ci spiegano come progettare la nostra resilienza e cosa fanno le organizzazioni resilienti.


Dice Carlo: “In merito a quello che ci sta succedendo con la pandemia causata dal covid-19, affermo con forza che, se dal punto di vista sanitario l’unica logica possibile è il contenimento, dal punto sociale, economico, organizzativo e psicologico, l’unica risposta possibile è la resilienza, estesa, in questa straordinaria evenienza, alle sue accezioni e implicazioni più ampie”.


MA ALLORA, COSA CI È SUCCESSO? 
Alcuni amano definire questa condizione talmente intricata da farci passare le notti in bianco, un “cigno nero”, e senza dubbio si può dire che è una metafora appropriata. Nassim Nicholas Taleb, quel genio che ha scritto “Il cigno nero” lo definisce “Un evento raro e imprevedibile… che ci mette di fronte ad avvenimenti inattesi e sorprendenti. Impossibili da prevedere, ma a volte anche impossibili da immaginare”.

Pensiamo però bene per un attimo: il covid è veramente qualcosa di improbabile? Qualcosa che non ci aspettavamo o che volevamo credere che non succedesse mai (nella storia dell’umanità di pandemie ce ne sono sempre state, ogni tanto arrivano, poi ce ne dimentichiamo)?



Allora il cigno nero non è il virus!
Di fatto, qui il vero cigno nero è l’interruzione coercitiva delle relazioni sociali, cosa mai vista da diverse generazioni (da noi), tema dei maggiori investimenti mai fatti negli ultimi decenni di globalizzazione. Quello che nessuno considerava possibile non era il virus, ma l’impossibilità di muoversi, relazionarsi, toccarsi, divertirsi insieme, lavorare.


E l’improbabile governa le nostre vite e solo nel momento in cui ci si sente più fragili, si comprende che viviamo nell’“illusione del controllo”. Avete presente il “tanto a me non succede”?


COME REAGIRE ALL’IMPROBABILE? 
Bene, per gestire questa situazione del tutto nuova Taleb (che ha scritto anche il libro dal titolo “Antifragile”) sostiene che bisognerebbe imparare a divenire “antifragili”, leggete queste sue parole: “…quando una persona è fragile, è necessario che le cose vadano alla lettera come da programma, evitando al massimo le deviazioni, in questo caso più dannose che inutili. È per questo che il fragile ha bisogno di un approccio previsionale molto dettagliato mentre, viceversa, i sistemi previsionali portano fragilità.



Antifragile
è invece chi desidera le deviazioni e non si preoccupa delle possibili dispersioni dei risultati che il futuro può portare, perché sa che saranno quasi tutti utili […]. Se ogni tentativo vi fornisce informazioni su ciò che non funziona, potete concentrarvi su una soluzione, e così ogni tentativo diventa più utile e più simile a un investimento che a uno sbaglio. Senza contare che, ovviamente, lungo il percorso scoprirete nuove cose”.


In fin dei conti, la lotta contro il covid-19 è una lotta per l’antifragilità: non lo avremmo mai pensato, non eravamo preparati, ma se impareremo dagli errori fatti ci avvicineremo ad essere meno fragili.


Abbiamo due modi per reagire a questo avvenimento di certo negativo
: la tristezza, l’ansia, la paura, la rabbia… Se prevarranno ad ogni livello – organizzazioni comprese – queste emozioni, sarà un disastro di regressione sociale, economica e psicologica, e verrà fuori il peggio.


Mentre, se prevarranno le risorse di resilienza, allora sarà tutto diverso, avremo sofferto ma imparato qualcosa, e saremo meno fragili.


E allora sfidiamo questo cigno nero allenandoci alla resilienza, per provare a diventare meno fragili.



LA RESILIENZA, QUESTA SCONOSCIUTA CHE È DENTRO DI NOI! 
E la resilienza, che cos’è esattamente? Fino a poco tempo fa era un concetto quasi sconosciuto nel linguaggio corrente e quasi inutilizzato nelle organizzazioni. Diventò di dominio pubblico in occasione dell’attentato alla metropolitana di Londra del 7 luglio 2005, quando l’allora sindaco Ken Livingstone come primo commento disse al mondo “We have to be resilient”.

Volendo così affermare che quell’evento terribile non doveva impedire ai londinesi di rinunciare alla loro vita, ma di cambiare qualcosa, di fare più attenzione, vigilanza, di darsi sostegno reciproco. Un’occasione di apprendimento che, senza poter escludere il ripetersi di altri gesti simili, doveva generare un sentimento di rinascita senza abbandonarsi al terrore.


Questa è la resilienza: L’ATTITUDINE E LA CAPACITÀ DI FAR FRONTE IN MANIERA NON–NEGATIVA AD EVENTI AVVERSI, CERCANDO DI FARNE OCCASIONE DI APPRENDIMENTO E DI TRASFORMAZIONE E QUINDI A VOLTE, DI TRARNE VANTAGGIO (le famose “minacce che diventano opportunità”, ma che dette così sono insopportabili per stucchevole retorica).


Ma questo quanta energia ci richiede, quanta forza interiore, quanto desiderio di vivere e di imparare, quanto sostegno, quante di tutte queste cose messe insieme. Di resilienza, quindi, ne possediamo tutti quanti in una certa entità, perché è indispensabile per affrontare gli eventi della vita. Solo che va detta una cosa determinante: noi non sappiamo quanto siamo resistenti fino al momento in cui non abbiamo bisogno di essere resistenti, ce ne accorgiamo lì, proprio in quei momenti.


Non mi stancherò mai di dirlo. Mai. Sapete perché? Perché ci spiega come agire per rafforzare la nostra resilienza nei momenti difficili: la resilienza è come allenarsi per una maratona, finché non inizi a fare 5, 10, 15, 20 km non saprai mai qual è il tuo limite “naturale”, e soltanto quando lo avrai capito allora potrai fare allenamenti più specifici per vincere la fatica, convincerti che puoi arrivarci e forse un giorno farai davvero una maratona, o forse no, ma saprai fino a dove potrai arrivare e poi magari riprovarci.


LA RESILIENZA E LE SUE ANCELLE 
Allora, quali sono le risorse di resilienza che scopriremo ora di avere in abbondanza, o in maniera insufficiente, influenzando l’esito individuale e collettivo? Le risorse che dobbiamo allenare per diventare appunto resilienti e vincere la sfida di tramutare davvero una minaccia in un’opportunità?


Eccole: le conosciamo già, almeno per sentito dire, poi c’è chi le possiede più o meno…


La Grinta, vale a dire la perseveranza ostinata, tenace e talvolta feroce (in senso agonistico), che ci aiuta a resistere quando abbiamo la sensazione che tutte le altre risorse si stiano esaurendo: affrontiamo il cigno nero con grinta e anche lui imparerà a rispettarci di più.

L’Autonomia, che è tutt’altro che sentimento d’indipendenza e di poter fare quello che si vuole a prescindere, bensì la consapevolezza di essere una causa, piuttosto che un effetto. Autonomia vuol dire che siamo noi a decidere, consapevoli però che se facciamo errori che hanno impatto sugli altri, noi ne siamo la causa (chi non rispetta le regole, piacciano o meno, non è resiliente, è solo una persona che diventa causa).


La Determinazione, che consiste in quattro aspetti: la Risoluzione (essere orientati a un fine, quello di uscire migliori da una situazione avversa), la Pazienza (aspettare, differire la gratificazione delle cose che normalmente ci gratificano, aspettare con convinzione e tenacia per ripristinare le gratificazioni al momento opportuno), la Persistenza (di solito sono gli sforzi minuscoli che si protraggono nel tempo che fanno la differenza), e la Tenacia (quella volontà che attinge ad una forza antica e selvaggia che abbiamo in noi, per sopravvivere).



La Vitalità, che significa non abbandonare mai il nostro corpo: se non ne abbiamo cura, soprattutto nei momenti difficili, saluti a Grinta e Determinazione.


Riflettiamo su questi aspetti, e coltiviamoli, alleniamoli ora più che mai.

E nelle nostre notti bianche, quando il cigno nero disturba la nostra intimità, ricordiamoci che un po’ di Empatia (pensieri, emozioni e azioni empatiche fanno bene al cervello, che è il frutto della nostra esperienza), Compassione (comprensione per chi soffre e si impegna allo spasimo mentre non lo vediamo) e Virtù unilaterale (quando ci comportiamo in maniera rispettosa e responsabile anche senza un decreto che ci obbliga a farlo), ci daranno sollievo e rafforzeranno la nostra resilienza.
Così magari le notti bianche non diventeranno notti in bianco.


Allora non ci resta che seguire i video di Carlo Romanelli che ci spiegano come progettare la nostra resilienza e cosa fanno le organizzazioni resilienti.



PROGETTIAMO E ALLENIAMO LA NOSTRA RESILIENZA 


I video


#1 La risposta è la resilienza – Cigni neri e notti bianche
#2 Allenare la resilienza – Il movimento

#3 Allenare la resilienza – Diversificazione degli interessi

#4 Allenare la resilienza – Capacità di rilassamento
Organizzazione resiliente – I pilastri della resilienza 
LA RISPOSTA È LA RESILIENZA #COVID-19 – Cigni Neri e Notti Bianche (l’editoriale che abbiamo saccheggiato)



THE HARDINESS INSTITUTE

Che cos’è?
The Hardiness Institute nasce nei primi anni 80 presso la facoltà di psicologia dell’Università di Irvine, in California, per volontà del prof Salvatore Maddi e della sua assistente prof. Deborah Ksoshaba, in seguito general manager dell’istituto. The Hardiness Institute da allora realizza programmi permanenti con le forze armate americane, management delle principali multinazionali americane con sedi in tutto il mondo, atleti ed atlete olimpionici ecc.

Il prof. Maddi, originario di famiglia italiana, riceve il suo Ph.D. ad Harvard, dove è professore emerito di scienze psicologiche, ed è stato candidato alla presidenza dell’American Psychological Association, in seguito diretta dal Prof. Martin Seligman. Dopo il suo ritiro dall’attività accademica e professionale, avvenuta all’età di 82 anni, vive ora a Las Vegas.
The Hardiness Institute continua nella sua opera, ed è l’unica istituzione al mondo interamente dedicata al tema della resilienza e della hardiness, ed ha sviluppato in 40 anni di lavoro strumenti diagnostici e protocolli di lavoro per aiutare le persone e le organizzazioni a rafforzare la loro resilienza.


Perché una sede europea in Italia?

The Hardiness Institute e Carlo Romanelli s’incontrano nel 2006 e da quell’anno Romanelli diviene il primo trainer certificato in Italia dall’Istituto e Net Working Srl, sotto la diretta supervisione di Maddi e Khoshaba, il partner esclusivo per il nostro paese.
Nel 2018 The Hardiness Institute decide, in virtù della qualità del lavoro svolto, di aprire in Italia la sua Filiale per l’Europa, affidando a Romanelli e al suo team tale responsabilità, e fondando The European Hardiness Institute, con sede a Bologna.


The European Hardiness Institute è l’unica organizzazione autorizzata ad utilizzare in Italia ed Europa gli strumenti diagnostici e i protocolli di resilienza sviluppati in 40 anni di ricerca, e Carlo Romanelli ne è il general manager.

Ad oggi miglia di persone e centinaia di organizzazioni hanno partecipato ai programmi di rafforzamento della resilienza e alcuni trainer sono stati certificati in aziende italiane ed europee di primaria importanza.
Alcune istituzioni governative straniere ne hanno chiesto il supporto per dare sostegno al loro personale sanitario impegnato nella lotta al covid-19.

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