Com’è essere donna oggi nel mondo del lavoro?
«Sicuramente meglio di quanto sia stato per le nostre mamme e le nostre nonne e questo anche grazie a loro e a tutte quelle donne che in passato hanno duramente lottato per ottenere diritti che oggi ci sembrano scontati. Credo che il valore dell’8 marzo risieda proprio nella celebrazione di questa memoria, oggi tanto più apprezzabile proprio perché stiamo vivendo la sofferenza legata alla limitazione di molte delle libertà che davamo per scontate».
Cosa non va, cosa manca… per arrivare al fatto che il genere non impatti sulle possibilità di lavorare?
«Credo che in Italia uno degli ostacoli maggiori continui ad essere la mancanza di una rete strutturale che consenta alle donne un’equilibrata conciliazione dei tempi vita/lavoro. Purtroppo, sino a quando la politica non avrà il coraggio di investire in massicci programmi di intervento, continueremo a limitare il potenziale di sviluppo del nostro Paese».
Quali ostacoli ha incontrato nella sua vita lavorativa addebitabili solo all’essere donna e permangono anche oggi?
«Fortunatamente non posso dire di avere trovato dei veri e propri ostacoli legati al genere: tuttavia è innegabile che “in quanto donna” ho avvertito un dovere, seppure non scritto, di dimostrare costantemente di essere all’altezza del ruolo che mi è stato assegnato».
Ci racconta un’esperienza personale positiva che ha vissuto nel suo lavoro dove il genere non ha influito negativamente?
«Quando mi è stato proposto di assumere la direzione di Confart, in Italia operavano circa 600 confidi e di questi solo l’1% vedevano a capo una donna; in Liguria ne esistevano circa 15, tutti a rigorosa conduzione maschile. Quella intrapresa dai vertici di Confart fu allora una scelta coraggiosa: mi fa piacere pensare sia stata ripagata dal fatto che, ad oggi, siano “rimasti” attivi solo 350 confidi a livello nazionale di cui 3 in Liguria».
Le donne: non occupate o mediamente pagate meno, quali le cause?
«Molti sono gli studi che rilevano come le donne siano spesso costrette a rinunciare all’occupazione per dedicarsi alla sfera famigliare. Pur permanendo, tuttora, un divario retributivo a parità di posizione occupata, si evidenzia un trend di attenuazione del fenomeno, probabilmente dovuto anche alla presenza di un numero sempre maggiore di donne ai vertici delle organizzazioni».
La maternità pare essere ancora una causa di abbandono o perdita del lavoro o di freno alla carriera. È così e che fare?
«Credo che gli aspetti su cui lavorare siano due. Il primo di tipo “sociale”, ovvero è necessario che la politica sostenga la creazione di una rete strutturale capace di supportare le donne nello svolgimento di compiti legati alla propria sfera affettiva (in primis la cura dei figli e degli anziani), consentendo un vero accesso “alla pari” al mercato del lavoro. Il secondo di tipo “culturale”, attribuendo finalmente il giusto valore alla maternità, ancora oggi troppo spesso percepita come elemento in contrasto a che una donna e madre possa soddisfare la legittima ambizione di realizzarsi anche in ambito professionale».
Cosa può e deve fare un manager per includere veramente e alla pari donne in azienda e nell’organizzazione del lavoro?
«Essere un buon manager, ovvero favorire la creazione di un ambiente di lavoro in cui le persone siano messe nelle condizioni di esprimere al meglio il proprio potenziale. Questo implica, da un lato, attribuire i ruoli solo sulla base delle reali attitudini e competenze dei singoli, dall’altro neutralizzare, per quanto possibile, tutti quegli elementi che potrebbero costituire un ostacolo, siano essi di tipo culturale che di conciliazione vita/lavoro».
Cosa pensa di quello che Manageritalia ha fatto in questi anni con il Gruppo donne manager e in generale per dare alle donne le stesse possibilità degli uomini sul lavoro?
«Ho apprezzato l’enorme lavoro portato avanti dal Gruppo donne di Manageritalia, che ha sempre saputo affrontare la tematica di genere con intelligenza e pragmatismo, dando vita a progetti e proposte concrete».
Guardando avanti, cosa serve da parte di Manageritalia e in generale per arrivare a neutralizzare il genere sul lavoro e partire tutti alla pari?
«Credo che Manageritalia debba continuare la sua azione mirata a valorizzare la competenza e la professionalità quali elementi caratterizzanti la figura manageriale, le cui qualità sono quindi del tutto indipendenti da fattori “antropologici”, qual è il genere sessuale. Nel contempo, deve proseguire in tutte quelle iniziative mirate a sostenere la diversità come potenziale driver di sviluppo per le aziende».
Una parte significativa dei fondi del Recovery fund è destinata all’occupazione femminile. Una svolta per un futuro più “rosa”?
«Ritengo certamente positiva l’affermazione implicita che individua come strategico per lo sviluppo del nostro paese un maggiore tasso di occupazione femminile. Mi auguro che questo si traduca in un insieme di progetti e di azioni capaci di eliminare davvero tutti gli ostacoli che finora hanno impedito a molte donne di poter accedere al mercato del lavoro».
Monica Nolo è direttore Confart Liguria, presidente Manageritalia Liguria e dell’Associazione Antonio Pastore.