Forum delle Risorse Umane: intervista a Eugenio Sidoli (Philip Morris Italia)

Il prossimo 17 novembre a Milano si svolgerà il Forum delle Risorse Umane, principale appuntamento italiano annuale dedicato ai temi del Lavoro e del People Management. L'edizione di quest'anno ha come tema l’ispirazione come driver di innovazione e di cambiamento. Top manager e HR professional avranno l'opportunità di formarsi e dialogare con la comunità politica, economica, scientifica e sociale del paese. Durante l'evento si incontreranno in modo innovativo aziende, istituzioni, PA, business school, associazioni di categoria, sindacati. Talk show, innovation speech, executive circle, focus group, workshop tematici, appuntamenti di business matching, benchmarking groupe e interview caratterizzeranno una giornata intensa che sempre più è colta come opportunità di confronto e networking

Tra i relatori dell’edizione 2016 del Forum delle Risorse Umane ci sarà Eugenio Sidoli, presidente e amministratore delegato Philip Morris Italia. Ci confrontiamo con lui sui temi del cambiamento e dell’innovazione.

Lei è uno dei protagonisti del Forum HR che avrà come tema l’Innovazione come driver del cambiamento. Cambiare e innovare sono due azioni consequenziali, ma spesso si cerca una senza l’altra?

Cambiando le cose, non necessariamente si innova. Innovare significa semplificare e velocizzare la mia performance e migliorare l’esperienza del consumatore. Deve riguardare entrambi. Penso che l’innovazione rappresenti un vero e proprio cambiamento di modelli, un nuovo paradigma per la società. Non basta trasformarsi, bisogna spostare la propia visuale, orientarsi in mondi inesplorati. Pensiamo all’invenzione di Edison, la lampadina. Avrebbe potuto semplicemente cambaire un po’ le cose, sviluppando una candela che si scioglieva più lentamente… e invece con la lampadina ha rivoluzionato tutto. 

Oggi si parla tanto di cambiamento, lei come manager come interpreta e persegue questo must?

I talenti e le competenze viaggiano sempre più velocemente e la “closed innovation” (la ricerca fatta all’interno dei confini dell’impresa) non è più sufficiente. A mio avviso, il concetto di “open innovation” deve continuare a farsi strada tra le aziende, anche quelle che prima di oggi non si erano mai aperte a nuove frontiere innovative.

Per le aziende cosa significa cambiare e come farlo?

Le imprese, infatti, per creare più valore e competere meglio sul mercato, non possono basarsi soltanto su idee e risorse interne ma hanno il dovere di ricorrere anche a strumenti e competenze tecnologiche che arrivano dall’esterno, in particolare da startup, università, istituti di ricerca, fornitori, inventori, programmatori e consulenti.

Il cambiamento è umanamente più difficile dello status quo, cosa fare per coinvolgere tanti o tutti?

Chi ha un ruolo di guida può trasformare il sogno individuale in un sogno comune e definire le prospettive di miglioramento. I migliori sono quelli che sanno costruire un ambiente che favorisca la condivisione di idee in una prospettiva di integrazione e cambiamento.

Qual è il ruolo dei lavoratori nell’innovazione e come coinvolgerli e renderli protagonisti? E quello dei giovani?

È dal lavoro delle donne e degli uomini che dipende la cultura aziendale ed il valore reale dell’impresa. 

Sono la curiosità, la disciplina, il rispetto per le persone e le loro diversità, l’apprendimento continuo e l’esperienza internazionale a rappresentare la base dalla quale costruire un progetto per il cambiamento che sia vincente. L’ottimismo e la fiducia nel futuro devono essere fattori chiave del cambiamento. È da questa cultura imprenditoriale che possono nascere le abilità manageriali ed il coraggio di rischiare, seguendo i propri ideali e i propri sogni.

Philip Morris cerca di coinvolgere i giovani, che sono i primi veri interpreti del cambiamento e primi portatori di innovazione nelle realtà che li circondano. Per questo, la nostra ambizione è quella di rintracciare i giovani più talentuosi attraverso programmi aziendali che ci permettono di attrarre nella nostra realtà ragazze e ragazzi interessati alla nostra azienda. È il caso di INKOMPASS, un’iniziativa di recruitment globale di Philip Morris International che offre un esperienza di tirocinio a coloro che sono interessati a scoprire il proprio potenziale. 

Nella vostra azienda come interpretate il cambiamento e cosa avete fatto negli ultimi anni?

I nostri sforzi maggiori sono stati indirizzati negli ultimi dieci anni verso la realizzazione di una vera e propria rivoluzione culturale del nostro settore. Sono orgoglioso di rappresentare una realtà aziendale che da un decennio ha deciso di dare una svolta e di accogliere una sfida epocale, quella relativa alla riduzione del danno da fumo. L’obiettivo da noi perseguito attraverso i cosiddetti Prodotti a Rischio Ridotto, è quello di sviluppare dei prodotti che riducano o eliminino i componenti nocivi o potenzialmente nocivi, mantenendo inalterata la soddisfazione del fumatore adulto. Con oltre 2 miliardi di dollari statunitensi investiti negli ultimi anni, 400 scienziati di fama mondiale impiegati nei nostri centri di Ricerca & Sviluppo a Neuchatel (Svizzera) e Singapore, circa 500 pubblicazioni scientifiche e numerose ricerche in corso presso i due centri di R&D, l’obiettivo dell’azienda è quello di sviluppare “Prodotti a Rischio Ridotto” che riducano o eliminino le sostanze nocive o potenzialmente nocive, mantenendo inalterata la soddisfazione del fumatore adulto, avvicinandosi il più possibile al gusto, piacere, e caratteristiche rituali delle sigarette. Grazie a questo impegno scientifico, l’innovazione tecnologica e la responsabilità sociale verso i nostri consumatori si sono incontrate, diventando complementari.

Innovazione e cambiamento quali risultati vi hanno portato?

Il primo risultato di questa ricerca scientifica si chiama iQOS: un prodotto innovativo, basato sulla tecnologia “heat-not-burn”, ovvero: il tabacco, contenuto in stick di tabacco ingegnerizzati e prodotti per essere usati appositamente con iQOS (denominati HeatStick), viene scaldato, non bruciato, permettendo l’eliminazione e riduzione delle sostanze dannose che, invece, sono presenti nelle sigarette, dove avviene la combustione. Con fierezza, posso dire che l’Italia, grazie alle capacità delle sue persone, è stata scelta due anni fa per guidare questo cambiamento. Gli Heatstick vengono prodotti vicino Bologna ed esportati in tutto il mondo. La fabbrica che li produce è stata inaugurata alla fine di settembre, ma è già a pieno regime. La costruzione dello stabilimento rappresenta un altro tassello della nostra strategia di cambiamento e di innovazione, e l’Italia ne è protagonista. Mai un’industria straniera aveva messo una cifra così per un “greenfield” nel nostro Paese.

Anche la nostra filiera produttiva, e nello specifico i coltivatori tabacchicoli italiani, è protagonista di un momento di grande cambiamento e innovazione. Parliamo della cosiddetta “integrazione verticale”: per garantire sostenibilità alla coltivazione del tabacco nel nostro paese e maggior efficienza a tutto il comparto, abbiamo disegnato un modello di business che meglio si adegua alle rinnovate necessità di ammodernamento e competitività della filiera. Grazie alla collaborazione di tutte le parti, abbiamo realizzato un modello unico e inedito in questo settore. Un modello fondato sul contatto più diretto con i coltivatori, sull’eliminazione delle inefficienze, sulla valorizzazione delle specificità italiane, su una remunerazione che premia la qualità e lo sforzo di chi applica le buone pratiche agronomiche, lavora nei campi e si trova a sostenere sfide spesso difficili.

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