Giovane, donna, manager: Betty Pagnin

Per le donne sfondare il soffitto di cristallo è tutt’ora difficile. Se poi sono giovani lo è ancora di più. Eppure, c’è chi ce la fa: è il caso di Betty Pagnin, direttrice People&Culture OneDay Group

Il ruolo delle donne nel mondo del lavoro, in particolare in posizioni apicali, è un tema ad oggi molto caldo. Prendendo spunto dalla fotografia sull’occupazione femminile nell’ultimo numero di Labour Issues, l’Osservatorio sul mercato del lavoro che Cida realizza in collaborazione con Adapt, ci confrontiamo con giovani donne manager per riflettere sugli ostacoli ancora da superare e le opportunità da cogliere. Abbiamo incontrato Betty Pagnini, direttrice People&Culture OneDay Group. Con lei parliamo di stereotipi, impegno e meritocrazia.

Sei una manager donna e giovane. È più difficile essere “donna” o “giovane”?
«Nessuno dei due, mi piace vederla così. Trovo che la loro combinazione dia un punto di vista unico sulle cose. Sicuramente, però, non è così in tutte le aziende e realtà. Trovo che di questi tempi sia più complesso essere giovane».

Nella tua carriera ti sei scontrata con pregiudizi e/o stereotipi?
«Dipende. Realtà molto istituzionali sono costruite su modelli maschili. È difficile (e lungo) uscire dallo stereotipo. I principali bias che ho visto riguardano: modalità di prendere le decisioni e leadership costruita su modelli e caratteristiche maschili. Sono molto fiduciosa che la generazione Z riuscirà a destituire il concetto di genere e professionalità».

Come sei arrivata fin qui, sfondando tetti e aggirando stereotipi?
 «Questa è una domanda a cui mi è difficile rispondere: sono cresciuta professionalmente in un’azienda che nasce senza questo problema, che cerca di testare e implementare un nuovo modo di fare impresa».

Hai avuto dei mentor, o qualcuno o qualcosa che ti ha dato una mano e supportato nel tuo percorso di crescita professionale?
«Non dei mentor reali ma dei modelli femminili da cui prendere ispirazione, nel quotidiano. Ci sono tantissime professioniste che sono un modello da seguire. Nello specifico, ammiro moltissimo Sheryl Sandberg».

Per arrivare a una vera parità e reale competitività dobbiamo focalizzarci sul merito. Questo oggi avviene? Cosa ne pensi?
 «Il merito dovrebbe essere la singola unità di misura nella relazione professionale. La percezione che ho è che siamo ancora legati a un modello per cui il merito è proporzionale al numero di ore lavorate».

Essere donna, con famiglia e figli, e avere una carriera è oggi ancora difficile. Come la vedi, in generale e per te stessa?
«È difficile avere tempo per tutto e tutti allo stesso modo. Si deve diventare dei ninja della pianificazione e organizzazione. È una palestra interessante per la produttività ed efficienza. Quello su cui mi piacerebbe vedere un impegno collettivo è il sistema di supporto alle famiglie, in modo che sia accessibile e flessibile. Un altro aspetto sul quale porre l’attenzione è il supporto psicologico alla genitorialità, valido per entrambi i genitori».

Credi che con l’ingresso nel mondo del lavoro della GenZ, più attenta a tematiche di parità e sostenibilità, si potrà finalmente colmare il gender gap con le sue relative disparità?
«Ne sono convinta. L’identità di genere per le nuove generazioni è più fluida. Questo è fondamentale per superare lo stereotipo».

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