Ma è elementare: il manager lineare e, con lui, il pensiero liberare. Il mondo, quello vero, non è mai stato lineare, ma quello del business ha sempre provato a esserlo (vedi silos, budget, pianificazione e controllo e, sì, anche le ricerche di mercato “giustificative” all’azione).
I modelli di vita lineari erano considerati la norma sociale nell’era industriale: la sequenza di scuola, formazione, vita lavorativa (in un’azienda) e pensionamento era considerata l’ideale sociale, così come un modello di partnership lineare (sposati per tutta la vita e residenti nello stesso luogo). Nella transizione dalla società industriale a quella della conoscenza, questo ideale è andato in dissoluzione, ma stranamente non abbandonato come soluzione (alla gestione).
Ora, le tendenze non lineari come le famiglie patchwork, così come le separazioni, i divorzi e i matrimoni multipli, sono da tempo accettati dalla società. Anche i modelli di lavoro 9 to 5 sono abbandonati un po’ ovunque. La gestione agile dei progetti sta sostituendo sempre più la pianificazione lineare dei progetti.
I contratti a lungo termine vengono sempre più spesso sostituiti da impegni a breve termine, il che comporta un cambiamento dell’intera statistica economica. Questo vale anche per i servizi, dove la non linearità è visibile nel numero crescente di lavoratori autonomi che combinano molti piccoli lavori (gigs) come fonte di reddito. Eppure si osserva ancora parecchia resistenza abitudinaria. Ed è un male, perché le non linearità diventeranno ancora più evidenti in futuro, sia nella vita privata con matrimoni temporanei, sia in quella lavorativa con, per esempio, percorsi formativi non lineari permanenti che includono anche anni sabbatici.
Per le risorse umane è un grande lavoro, come al solito. Abituiamoci. Le linee rette appartengono al passato. La non linearità è il nuovo paradigma.