Cosa vuol dire oggi essere un manager commerciale a livello internazionale in un mercato sempre più mutevole e discontinuo?
«Mi occupo di vendite da più di trent’anni, ma devo ammettere che nell’ultimo decennio la pressione competitiva a livello internazionale è aumentata notevolmente e il mercato è diventato sempre più esigente e selettivo. L’attenzione crescente al prezzo rende il quadro ancora più complicato. Per chi si occupa di vendite questo significa attenzione massima alle esigenze del cliente ed estrema reattività».
Quali sono i must da mettere in campo, indipendentemente da azienda e settore?
«Direi senz’altro il rapporto qualità/prezzo, ma anche la capacità di proporre costantemente qualcosa di nuovo e sorprendente. Naturalmente anche la componente “servizio” è ormai un’aspettativa quasi scontata del cliente che nessuna azienda può permettersi di deludere».
Come si può dare un contributo di valore all’azienda?
«Coinvolgimento e passione sono il mio personale contributo di valore per l’azienda. Se ci credo in prima persona il mio impegno è assolutamente al massimo livello in ogni circostanza, anche in quelle più difficili».
Com’è vendere oggi tra on e offline ed experience sul punto vendita?
«Credo che considerare l’online e l’offline come due mondi separati sia un errore. Personalmente ho avuto la possibilità, in più di un’occasione, di sfruttare le sinergie di entrambe le modalità con risultati sorprendenti».
Lei lavora per un’azienda che opera nel settore dell’illuminazione che sviluppa prodotti innovativi e attenti alla sostenibilità ambientale. Come farlo e qual è il ruolo del management?
«È importante osservare e capire cosa succede nel mondo esterno all’azienda per poi portare al suo interno le giuste informazioni e i giusti stimoli utili a impostare strategie per l’innovazione. Non bisogna però dimenticare di mantenere costantemente un legame concreto con la realtà del settore e del mercato».
Qual è il percorso vincente per un direttore commerciale?
«L’esperienza sul campo è stata per me determinante, mi ha permesso di migliorare il mio modo di lavorare e di imparare a conoscere e valutare le persone, cosa fondamentale nella mia professione».
Cosa fare per crescere professionalmente?
«Curiosità, umiltà e, ripeto, passione. Personalmente imparo qualcosa di nuovo ogni giorno grazie a questo tipo di atteggiamento. Posso senz’altro affermare che tutto quello che so e che so fare professionalmente lo devo alla voglia quotidiana di mettermi in gioco e di ottenere risultati».
Un’esperienza nell’elettronica di consumo quali punti di forza di business e manageriali offre, anche nell’ottica di valorizzarli per andare in altri settori?
«Il mondo dell’elettronica di consumo è in continua evoluzione. I tempi del cambiamento sono sempre brevissimi, quindi l’informazione giusta al momento giusto e la velocità di risposta sono fondamentali per non rimanere indietro. Una palestra efficacissima per sviluppare capacità che possono rivelarsi utili anche in altri settori».
Vive a Firenze, anche se gira il mondo, che ambiente professionale c’è e come sfruttarlo?
«Sono un fiorentino “doc”, anzi mi piace precisare che sono nato in Piazza Santa Maria Novella, e per me Firenze è il centro del mondo. Professionalmente ho sempre cercato di sfruttare al meglio gli aspetti positivi della “fiorentinità”, cercando naturalmente di mitigare quelli negativi».
Come fare networking in modo efficace con vantaggi per sé e l’azienda, magari anche divertendosi?
«Devo confessare che per me il cosiddetto networking è una specie di filosofia di vita: creare e mantenere legami forti con le persone non è solo un’esigenza professionale, ma anche umana. In questo senso sono stato fortunato: lavorando quotidianamente a contatto con le persone, ho avuto l’opportunità di instaurare rapporti solidi di stima e fiducia reciproche che rendono il mio lavoro stimolante e appagante».
Managerialmente parlando, Firenze e la sua regione come sono messi: molte imprese familiari e pochi manager?
L’impresa familiare è quasi la regola nella nostra regione. Per loro accettare l’idea di affidare la gestione a manager “esterni” alla famiglia non è sempre facile. Spesso si tende a “cedere il timone” alla seconda o alla terza generazione quasi in automatico, senza rendersi conto che la crescita aziendale è oggi possibile solo affidandosi a professionalità qualificate».
Lei è associato a Manageritalia Firenze: che rapporto e quali vantaggi ha?
«Confesso che in questi anni non ho sfruttato appieno i servizi e i vantaggi che Manageritalia offre, questo nonostante le sollecitazioni di numerosi colleghi dai quali ricevo sempre commenti positivi. Per il futuro intendo però essere più attivo, e questa intervista è sicuramente una buona occasione per iniziare».